mercoledì 16 marzo 2016

Sir Flinders Petrie, padre dell’egittologia inglese

Vero precursore e figura eminente dell’archeologia, Petrie si accostò alla disciplina seguendo un approccio “totale” e una metodologia rivoluzionaria. Uno dei frutti del suo incessante lavoro fu il ritrovamento dell’antica civiltà di Naqada.


William Matthew Flinders Petrie nacque il 3 giugno 1853. Suo padre, ingegnere del genio civile, era anche agrimensore, particolare che si sarebbe rivelato molto importante  per la carriera dell’archeologo. Petrie, inoltre, era imparentato per parte di madre con Matthew Flinders, il navigatore britannico che all'inizio dell’800 aveva esplorato l’Australia. Il suo interesse per l’antico Egitto nacque a soli traduci anni, grazie alla lettura di un'opera di Charles Piazzi Smith, astronomo scozzese, dedicata alla grandi piramidi. Ben presto, la curiosità del giovane Petrie divenne una passione. Ciononostante, egli non completò gli studi in una scuola ufficiale e non frequentò l’università. La sua cultura da autodidatta si sarebbe presto rivelata un punto di forza e, allo stesso tempo, uno svantaggio: se, da un lato, Petrie si rivelò uno studioso originale e poco influenzabile, dall'altro finì per trascurare i pur validi contributi di alcuni colleghi. In ogni caso, il livello della sua formazione giovanile fu eccellente. Seguendo le orme del padre, Petrie si fece conquistare anche da un’altra passione che non l’avrebbe più abbandonato: quella per i sistemi di calcolo dei pesi e delle misure. Fu così che, nel 1872, partecipò ai lavori di misurazione del colosso di Stonehenge e, tra il 1875 e il 1880, di numerosi altri siti archeologici dell’Inghilterra meridionale. Il primo incontro di Petrie con l’Egitto avvenne nel 1880, quando il giovane si recò a Giza per osservare da vicino le piramidi. Vi rimase due anni, poi effettuò degli scavi per conto delle istituzioni britanniche. In seguito, decise di lavorare autonomamente e formò una propria squadra. I primi tempi furono difficili ma, dal 1887, Petrie riuscì a effettuare degli scavi regolari con l’aiuto degli archeologi Haworth e Kennard. Infine, grazie alla generosità di Emilia Edwards, fu creata per lui la prima cattedra inglese di Egittologia, presso l’università di Londra.

Un esploratore instancabile
Flinders Petrie ebbe la fortuna di vivere in un'epoca pionieristica, in cui l’archeologia aveva ancora tantissimo da scoprire. Egli sfruttò quest’opportunità lavorando in modo instancabile in innumerevoli siti dell’Alto e del Basso Egitto: a Tanis, a Dendera, a Tebe, a Giza, a Menfi, solo per citarne alcuni. Ritrovò, così, i meravigliosi gioielli di Lahun, riesumò le vestigia più antiche nelle tombe reali di Abydos, scoprì i primi testi scritti della zona del monte Sinai, effettuò scavi a Naucratis, Arsinoe e Qufti (la greca Coptos). Senza contare, poi, i siti della Palestina, cui si dedicò negli ultimi anni della sua vita: tra questi, Gaza, dove effettuò degli scavi tra il 1927 e il 1934, a quasi ottant'anni. La morte lo colse a Gerusalemme, il 28 luglio 1942. Al di là delle numerose scoperte, l’eredità più preziosa lasciata da Petrie all'archeologia fu il suo metodo: per tutta la vita, insistette sull'importanza di un’osservazione sistematica e rigorosa e di una classificazione attenta di tutti i reperti, anche i più piccoli. Per la prima volta, grazie a lui, fu adottato un approccio scientifico alla disciplina.

Naqada!
“Naqada": un semplice nome dietro cui si nascondeva una scoperta sensazionale, destinata a trasformare il volto dell’egittologia. Fino al 1895, anno in cui Petrie iniziò gli scavi in questo villaggio situato a nord di Karnak, gli archeologi credevano che le origini della civiltà egizia risalissero al 2600 a.C. Questa concezione, però, era destinata a essere stravolta dagli studi di Petrie. Procedendo con le ricerche, l’archeologo ritrovò una seria di sepolture molto particolari: in fondo a un pozzo, giacevano delle spoglie distese in posizione fetale. Inizialmente, Petrie era in dubbio se datarle alla fine dell’Antico Regno, o anche al Primo Periodo Intermedio, se non addirittura al Medio Regno. Ma nessuna di queste ipotesi lo convinceva. Continuando gli scavi, nel 1898/99, arrivò finalmente alla conclusione che doveva trattarsi dei resti di una civiltà predinastica. Di conseguenza, adottò un nuovo sistema di datazione basato sulle cosiddette “Sequence Dates”, o “SD”. Il periodo predinastico fu assegnato alle SF comprese tra 30 e 80, mentre le SD da 1 a 29 furono lasciate libere per eventuali scoperte successive. Petrie suddivise l’epoca predinastica in tre periodi, che chiamò “Amratiano”; “Gerzeano” e “Semaineano”. Questi termini saranno poi sostituiti con altre denominazioni: Naqada I (dal 4000 al 3600 a.C.), Naqada II (dal 3600 al 3200 a.C.) e Naqada III (dal 3200 al 3100 a.C.). Quest’ultima è stata identificata negli anni cinquanta dall'archeologo W.Kaiser. Dopo Petrie, è stata scoperta anche un’altra antichissima civiltà, quella del “Badariano” (4500-4000 a.C.), ma gli archeologi continuano a basarsi sulla datazione introdotta dallo studioso britannico.

Un collezionista accanito
Flinders Petrie fu anche un grande collezionista. Per coltivare questa passione, si basò prima di tutto sui frutti dei suoi scavi: ogni anno organizzava delle mostre per sensibilizzare l’interesse pubblico circa la necessità di continuare le ricerche in siti archeologici sempre nuovi. La vendita di reperti ai musei, inoltre, gli garantiva i capitali necessari a lavorare in autonomia. Infine, Petrie effettuava anche degli acquisti in terra egiziana: mentre i suoi contemporanei disdegnavano certe “anticaglie”, lui comprava di tutto. Alla fine, l’archeologo britannico riuscì a mettere insieme una formidabile collezione. Oggi, le sue scoperte più importanti sono esposte al Museo del Cairo e in altri musei inglesi e statunitensi. La sua collezione di vasellame palestinese è conservata all'Istituto di Archeologia di Londra; senza dimenticare l’interessantissimo museo di Londra a lui dedicato, non lontano dal British Museum.

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