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domenica 12 novembre 2017

L'Anubeion e il Bubasteion

Le necropoli degli animali, situate nella zona settentrionale di Saqqara, costituiscono uno dei grandi complessi di questo sito, ricco di monumenti storici. In un settore chiamato "Hap-neb-es", che significa "colui che nasconde il suo signore", si trovano l'Anubeion, dedicato al dio dalla testa di sciacallo Anubi, e il Bubasteion, dedicato alla dea gatta Bastet.
Sebbene situati l'uno accanto all'altro, l'Anubeion e il Bubasteion costituiscono due necropoli distinte, a est della piana di Ankhtauy, nome dato alla zona delle necropoli degli animali a Saqqara. A ciascuno dei due templi sono associate catacombe destinate alla sepoltura di cani per l'Anubeion e di gatti per il Bubasteion. costruito su un rilievo, l'Anubeion, la "casa del baule di Anubi" costituisce il punto culminante ove il dio dalla testa di cane o di sciacallo (il celebre Tepy-Giuef, cioè "Anubi che sta sulla montagna") si trovava al confine tra due mondi: l'ambiente ostile del deserto e il paesaggio idilliaco della vallata. Infatti il cane, ritenuto dagli egizi un animale in grado di muoversi senza difficoltà tra questi due mondi distinti, ma anche all'interno di ciascuno di essi, era il simbolo di colui che intercede, dell'intermediario. Anubi era quindi il protettore di tutta la necropoli di Saqqara, la sentinella che vegliava sul riposo eterno dei faraoni che avevano fatto costruire la loro ultima dimora nel sito a lui consacrato.


L'Anubeion
Costruito sulle rovine del tempo funerario del re Teti I, faraone della VI dinastia, l'Anubeion è circondato da un muro di cinta attraverso il quale passa un dromos che conduce al Serapeo in cui sono sepolti i tori Hapi. Probabilmente questo stesso percorso rituale veniva anche utilizzato dalle due comunità di sacerdoti, quelli di Anubi e quelli di Hapi, dal momento che i testi del Serapeo fanno spesso menzione dello Uabet (il laboratorio di imbalsamazione di Menfi) presso Anubi, l'imbalsamatore. Grazie a un'apertura potevano raggiungere il vicino Bubasteion per mezzo di una strada lastricata. In questi luoghi, il rito di Anubi risale alla più remota antichità egizia, poiché si possono enumerare non meno di sette fasi costruzione, dall'Antico Regno fino all'era cristiana. I muri alti e la posizione elevata del sito, costruito a terrazze che si affacciano sulla piana di Saqqara, hanno permesso per secoli alle popolazioni che si sono succedute all'interno del muro di cinta di premunirsi contro eventuali attacchi esterni. Questo insieme funerario di primo piano doveva essere assi vasto, dal momento che l'archeologo Quibell, nel corso degli scavi intrapresi all'inizio del XX secolo, vi scoprì diverse camere funerarie consacrate a Bes, una divinità popolare. Quanto al tempio di Anubi propriamente detto, è stato eretto contro il muretto della seconda terrazza. I visitatori vi accedevano attraverso due cortili a peristilio, a partire da una scarpata in salita, e i sacerdoti potevano salire sulla terrazza superiore per mezzo di un scala. Sul secondo terrapieno di trovano i magazzini del tempio. Poiché si trattava di un complesso funerario dedicato agli animali, le catacombe con le mummie dei cani non si trovavano sul sito dell'Anubeion, ma un po' più a nord, e si presentano come due gallerie piuttosto lunghe: i cani mummificati erano sepolti da una parte e dall'altra della galleria principale, entro corridoi laterali.

Il Bubasteion
Separato dall'Anubeion da un corridoio fiancheggiante il muro di cinta delle due necropoli, il Bubasteion era la dimora di Bastet, la dea dalla testa di gatto, signora di Bubastis. Agli occhi degli antichi egizi, Bastet, come Anubi, vigilava sulle località prossime al deserto. Divenuta protettrice della necropoli generale di Saqqara, si faceva garante, con il supporto di Anubi, della sua pace e della sua serenità. A sud del Bubasteion si estendeva un lago sacro. Si suppone che il tempio dedicato a Bastet si elevasse sulla parte rocciosa, ma oggi non ne rimane alcuna traccia. Come l'Anubeion, anche il sito funerario del Bubasteion è circondato da una recinzione, ma quest'ultima è più piccola rispetto a quella del suo prestigioso vicino. Una porta colossale si apre sul sito a sud, mentre un'altra porta assiale, tagliata nel muro di cinta, si affaccia sull'Anubeion. La cinta protegge le catacombe dei fatti, chiamate "casa di riposo dei gatti". Vi è stata ritrovata una grande quantità di mummie di felini risalenti all'epoca tolemaica, quando ormai non era più valida la norma secondo la quale anche una semplice ferita inferta ad un gatto poteva essere punita con percosse corporali. 

lunedì 29 maggio 2017

Il Ramesseum

Dietro gli impressionanti resti del Ramesseum, c'è una storia tutta da scrivere. Nato come tempio funerario di Ramses II, la cui figura doveva essere così consegnata all'eternità, rivela con il suo nome completo il grandioso programma di un glorioso sovrano: "Il castello di milioni di anni di User Maat Ra Setepenra che si unisce alla città di Tebe nel dominio di Amon, a Occidente". 


Il Ramesseum, l'imponente tempio funerario del leggendario faraone Ramses II, rappresenta da solo un'intera pagina di storia dell'egittologia del XIX secolo. Le nostre conoscenze sul monumento risalgono al 1829, alla prima e unica visita al sito effettuata da Jean-François Champollion. A questo grande filologo, che rimase affascinato dalla maestosità dell'architettura, dobbiamo una descrizione fedele del Ramesseum, da lui definito "ciò che di più nobile e di più puro ci sia tra i grandi monumenti di Tebe". 

Un tempio misterioso
Per gli archeologi, il tempio è stato per lungo tempo un'imponente struttura di pietra caduta nell'oblio. La sua essenza, la sua regione d'essere era scomparsa: perché Ramses II aveva fatto erigere il Ramesseum così vicino ad altri monumenti ancora in uso? Perché non gli aveva riservato un posto più adatto, al riparo delle pareti roccioso della Valle dei Re? Le misteriose scelte del sovrano si spiegano, forse, mettendole in relazione con la potenza del clero di Amon, che pose il proprio dio al vertice della gerarchia divina fino a farne la divinità tutelare della dinastia dei Ramses. Il tempio, quindi, gli era interamente consacrato. Costruito poco dopo l'ascesa al trono di Ramses II, nel 1279 a.C., il Ramesseum fu interamente opera di questo re. Secondo alcune stime, la sua superficie si estendeva su cinque ettari, inclusi i terreni annessi. Era, quindi, un santuario imponente, anche se di dimensioni inferiori a quelle dell'immenso tempio di Karnak, situato proprio di fronte, dall'altra parte del Nilo. Per dare continuità alle opere dei suoi predecessori, Ramses II volle edificare un tempio grandioso ma, al tempo stesso, rispettoso dell'ambiente circostante. Infatti, il Ramesseum fu costruito in prossimità dei templi innalzati dai sovrani della XVIII dinastia, ai quali in realtà venne rubato un po' di spazio. Per gli egizi, del resto, Geb (la terra) e Nut (il cielo) erano elementi di un unico insieme divino e quindi reciprocamente legati: non era quindi sbagliato riutilizzare una parte dell'uno a beneficio dell'altro.

Ramses II, un innovatore dell'architettura?
La costruzione del Ramesseum durò in tutto vent'anni. Il tempio presentava diverse novità architettoniche, rivelando una certa ingegnosità soprattutto nella scelta dei materiali, più che nell'utilizzo di nuove tecniche. I piloni che formavano le porte monumentali vennero costruiti in pietra e non in mattoni, come si era fatto fino a quel momento. Inoltre, per la prima volta furono tracciati dei viali all'interno del santuario, lungo i quali scorrevano le processioni. La costruzione del tempio, di pianta classica, incontrò qualche difficoltà di ordine pratico: il luogo scelto, infatti, era già occupato in parte dalle opere innalzate dai sovrani della dinastia precedente e da Sethi I, padre di Ramses II. Per questo motivo, il Ramesseum finì con l'assumere la pianta di un trapezio piuttosto irregolare. Come spesso accadeva nell'antico Egitto, anche in questo caso furono riutilizzati blocchi di pietra e parti costruzioni preesistenti trovate sul lungo della nuova costruzione. Questi materiali vennero usati soprattutto per le cosiddette "colmate", cioè per riempire e rinforzare le fondamenta e gli interni del nuovo edificio impedendone eventuali sfaldamenti. Purtroppo, quindi, forma e destinazione dei templi più antichi ci sono sconosciute, proprio perché i loro elementi costitutivi venivano in parte riciclati. D'altra parte, questa pratica permetteva considerevoli risparmi di materiale, di tempo e di manodopera, mettendo a disposizione degli operai blocchi già pronti, quasi tagliati a misura: considerazioni che gli architetti e gli ingegneri incaricati della costruzione del Ramesseum dovevano avere ben presenti. Come ogni tempio egizio, anche il Ramesseum era protetto da larghe mura di cinta in mattoni di terra cruda: vi sono ancora dei resti nelle parti nord, sud e ovest. Gli scavi archeologici hanno permesso di ricostruire i confini originari del tempio e di riportare alla luce un ampio viale fiancheggiato da sfingi: questo circondava tutto il santuario e correva tra le mura più esterne del complesso funerario fino a raggiungere i magazzini.

La posa della prima pietra
Funzione essenziale del tempio era tramandare ai posteri l'immagine della potenza del faraone e della grandezza del suo regno: era l'equivalente terreno della tomba scavata nella Valle dei Re, che doveva invece rimanere segreta per garantire la vita del sovrano nell'aldilà. Palazzi, biblioteche, magazzini, giardini: tutto contribuiva a fare del Ramesseum un centro vitale, una vera e propria città. Fu Ramses II a promuovere il progetto iniziale, e fu sempre lui a dare vita al tempio attraverso gli appositi rituali di fondazione: previsti in ogni dettaglio, questi garantivano al complesso sacro la protezione degli dei. Il faraone in persona, accompagnato dalla sposa Nefertari, depose la prima pietra dell'edificio e, con l'aiuto di una zappa, scavò  una fossa vicino al tempio, deponendovi lingotti d'oro d d'argento, amuleti e utensili, prima di ricoprire il tutto con della sabbia. Seguì il momento della purificazione: ispezionando minuziosamente tutta l'area su cui sarebbe stato edificato il tempio, il faraone seminò granelli d'incenso, ritenuti di natura divina. Pronunciò poi la formula rituale secondo cui il tempio non apparteneva a lui, poiché in quel preciso momento ne faceva dono a Maat, "la Regola", affinché questa dea potesse proteggere la persona del re e respingere il male.

La costruzione del tempio
Grazie ad alcuni frammenti di terracotta e a dei graffiti, si è riusciti a ricostruire dettagliatamente le diverse tappe della costruzione del santuario. Per realizzare il suo progetto Ramses II fece arrivare via fiume, dal sud del paese, diversi materiali: blocchi di granito rosa, utilizzati per la maggior parte delle statue; pietra calcarea fine, destinata alle fondamenta, ai rivestimenti e alla pavimentazione dei viali riservati alle processioni; senza dimenticare, infine, i mattoni di terra cruda che servirono a erigere diversi edifici del complesso. Immaginando la lunga fila di imbarcazioni che portavano il materiale da costruzione, possiamo facilmente intuire l'immensità del cantiere che si dovette allestire nel punto in cui le pietre venivano sbarcate e lavorate per diventare utilizzabili. Da lì, i blocchi venivano trascinati fino al luogo della costruzione, tagliati e assemblati. I quotidiani lavori di costruzione coinvolgevano operai di diversi mestieri: questi formavano una vera e propria comunità: erano riuniti nel villaggio di Deir El-Medina ed erano meglio noti con il nome di "artigiani della Valle dei Re".

Tutti i colori del tempio
Le decorazioni del Ramesseum sviluppano in modo armonioso diversi temi, tutti finalizzati all'esaltazione della funzione regale: sono riprodotte soprattutto scene di carattere militare e politico, cui si mescolano riferimenti culturali e familiari. Sui piloni sono illustrate le grandi azioni militari di Ramses II; in particolare, su una delle pareti è incisa una delle scene più importanti e più spesso riprodotte del regno di Ramses: la battaglia di Kadesh. Dalla porta principale del tempio si accede a duna vasta sala ipostila, il cui soffitto era sostenuto, in origine, da quarantotto colonne. I lavori di pulizia e restauro effettuati durante le campagne archeologiche hanno riportato in superficie gli antichi colori delle superfici: dopo lunghi secoli di oblio, è riemersa tutta la luminosità di questa maestosa sala, immagine in miniatura della creazione del mondo. Gli affreschi descrivono, prima di tutto, gli attributi sacri di Ramses II e il riconoscimento della sua natura divina: la scelta degli dei lo ha reso il figlio preferito di Amon, l'eletto designato a salire al trono e a garantire la stabilità del regno. Accanto a questi dipinti, alcuni motivi raffigurano la festa del dio Min, la madre di Ramses, le sorelle e i figli nati prima della sua ascesa al trono. Proseguendo, si incontrano le scene militari, il cui significato si riconduce a un solo principio: il faraone, in qualità di comandante supremo dell'esercito, deve mantenere la stabilità e la pace sia all'interno sia al di fuori del paese. Neutralizzare i pericoli interni (disordini economici e sociali, rivolte, carestie) e le minacce provenienti dall'esterno è uno dei compiti prioritari del sovrano. L'insieme di immagini testimoniano  e sanciscono il sovrano e il suo comportamento eroico, difendendo il popolo dalle forze del male che incessantemente cercano di provocare la fine del mondo.

venerdì 28 ottobre 2016

Il tempio di Ramses II ad Abydos

Circa 300 metri a nord del tempio di Sethi I sorgono le vestigia di un santuario eretto da Ramses II, un cenotafio, come l'Osireion, che tuttavia, per planimetria, riecheggiava un tempio tebano del Nuovo Regno e non una tomba reale. Il tetto e la parte superiore delle pareti sono mancanti, ma le scene incise sulle rimanenti superfici sono di particolare interesse poiché conservano la policromia. L'esterno del tempio mostra, su parte della parete sud, un elaborato calendario delle feste e rappresentazioni della battaglia di Qadesh sulle altre pareti. All'interno, un cortile a cielo aperto presenta pilastri osiriaci perimetrali e scene d'offerta sulle pareti. In fondo al cortile, dietro un piccolo portico, quattro cappelle erano dedicate, da destra a sinistra, a Ramses II, all'Enneade, agli antenati regali e a Sethi I. Dietro queste, a destra, un'altra cappella era votata a Osiride. Intorno alla seconda di due sale a otto pilastri, altre cappelle, molte delle quali decorate con fini rilievi, erano dedicate a Osiride, alla Triade Tebana, a Thot e Min. Una stele, collocata di recente al centro della parete di fondo del tempio, cela l'ingresso di una camera che custodisce un grande gruppo statuario composto dalle statue di Ramses, Sethi, Amon e da quelle di due dee.


sabato 10 settembre 2016

I colossi di Memnone

Le due statue (m.16,60 + 2,30 di piedistallo) fiancheggiavano l'ingresso del tempio funerario di Amenhotep III, oggi quasi completamente scomparso. Rappresentano entrambi il re seduto, con ai lati, di proporzioni ben più piccole, due donne, la madre Mutemuia e la "grande sposa" Ty.

Memnone è un personaggio omerico; figlio dell'Aurora, re etiope, accorse in aiuto di Troia e perì sotto le sue mura per mano di Achille. Nell'immaginazione dei visitatori di età classica, l'eroe, raffigurato nella statua spezzata, all'alba salutava la madre con quel suono "come di corde di cetra che si spezzassero”. La cosa risale al 27 a.C., quando in uno dei due colossi si determinò, per un terremoto, una fenditura. Nel 120 d.C. visitò il sito anche l'imperatore Adriano, accompagnato dalla moglie Sabina e dalla poetessa Julia Balbilla, di cui sono rimasti incisi sulle gambe dei colossi quattro epigrammi.


Sui colossi di Memnon, è possibile leggere addirittura la testimonianza di un probabile sopravvissuto all'eruzione vesuviana del 79 d.C., proprio quella che spazzò via Pompei e Ercolano:
"Suedius Clemens Praefectus castrorum audi Memnonem, III idus novembres, anno III imperatoris nostri".
"Suedio Clemente. Praefectus castrorum (Responsabile del Castrum ), udì Memnone, il 12 novembre del III anno (80 d.C.) del nostro imperatore".


Suedio Clemente era presumibilmente a Pompei durante l'eruzione, poiché è possibile datarne la presenza certa fino al 77 d.C., quando prese parte alla campagna politica dell'aspirante duoviro Epidio Sabino.

venerdì 1 aprile 2016

Il tempio di Ramses III a Karnak


Il tempio nell'angolo sudorientale (a destra in fondo) del primo cortile è una delle strutture architettoniche meglio conservate di Karnak. Ramses III prese a modello la pianta del suo tempio funerario di Medinet Habu, sulla sponda occidentale di Tebe. Il piccolo santuario, in aggetto dal muro di cinta, sembra essere fuori posto perché fu costruito prima che fosse cintato il primo cortile. Fino al 1896 il tempio era, per lo più, sepolto sotto uno strato di detriti, la cui altezza si arguisce dall'evidente chiazzatura delle pareti. Il tempio è decorato nello stile poco armonico e tracciato con mano pesante, peculiare della maggior parte dei monumenti di Ramses III, ma è in buone condizioni - in larga misura grazie al suo interramento - e, a differenza di molti templi più grandi, la sua pianta è di facile comprensione. Due statue di Ramses III si ergono davanti al I pilone, nelle immediate vicinanze, iscrizioni descrivono una grande porta a doppio battente in legno di acacia, rivestita di bronzo, che chiudeva il portale tra loro. La facciata del pilone presenta  raffigurazioni del recinto della doppia corona dell'Alto e del Basso Egitto sul destro (ovest). Nelle scene è ritratto al cospetto di Amon nel tradizionale atteggiamento di brandire la mazza in una mano e afferrare prigionieri stranieri con l'altra. Amon impugna e solleva la spada della vittoria. I nomi delle città e dei Paesi erano elencati ma purtroppo ora sono scomparsi. Le pareti esterne dei muri est e ovest del tempio illustrano la processione delle barche da Karnak verso il tempio di Luxor durante la Festa di Opet, lo stesso tema raffigurato nel colonnato del complesso. 
All'interno del tempio, un piccolo cortile a peristilio presenta porticati di otto pilastri sui lati est e ovest. A essi sono addossate figure mummiformi di Osiride, statue massicce che poco spartiscono con la cura delle proporzioni o del particolare. La parte posteriore dei pilastri mostra diverse divinità. Sulla parte sinistra (est) del cortile, la barca sacra di Amon e portata in processione da sacerdoti. Sulla parte destra (ovest), altri officianti recano statue infalliche di Amon. Sulla faccia interna del pilone, Amon dona lunga vita a Ramses III. All'estremità meridionale del cortile una rampa da accesso a un vestibolo (o pronao) con quattro pilastri osiriaci a quattro colonne.
Oltre questo edificio si estende una sala ipostila a otto colonne, sul fondo della quale si aprono le tre porte dei sacrari di Amon (al centro), Mut (a sinistra) e Khonsu (a destra) (Triade Tebana), ognuno dotato di una camera laterale. 

Una processione a Karnak 
Immaginate un'antica processione in questo tempio, è primo mattino, fa già molto caldo e la luce del sole è intensa. I sacerdoti di rango superiore portano a spalla la barca lignea con l'edicola dorata che ospita la statua del dio. Al seguito, altri sacerdoti recano vesti, alimenti e libagioni destinati alle offerte divine. Gli officianti, usciti dai recessi profondi del tempio di Amon, sostano a pregare prima di continuare verso il molo. All'esterno, la luce del sole accende i vivaci colori che decorano i muri del tempio: rosso, blu, giallo e bianco. Il corteo si inoltra, lentamente nelle sale, sempre più fredde e buie, e i sacerdoti indugiano per consentire alla vista di abituarsi al dissolversi della luce. Il Sancta Sanctorum, al fondo del tempio, dove la statua divina deve essere deposta, è completamente privo di luce e silenzioso. Soltanto a pochi è concesso di penetrarvi - i sacerdoti di alto rango, il re e membri scelti della famiglia reale - per salutare il simulacro del dio e augurargli un buon viaggio. 
Assistere a una cerimonia in un luogo simile doveva essere un'esperienza molto intensa e profonda. L'edificio consacrato da Ramses III, eccellente esempio di tempio del Nuovo Regno, comporta tutte le strutture fondamentali che gli sono tradizionalmente proprie: la facciata del tempio è costituita da un pilone i cui alti torrenti evocano le montagne all'orizzonte separate da una valle dove si leva e cala il sole. Il tempio presenta una simmetria bilaterale lungo un unico asse. Rampe di pietra, in corrispondenza di ogni porta, si raccordano al pavimento delle camere, il cui livello è più alto della precedente; al contempo i soffitti si abbassano e le dimensioni si riducono. Questo procedere da un ambiente aperto e assolato verso sale progressivamente ristrette, buie, silenziose e oppressive, rafforza la sensazione di penetrare in un luogo sacro.

Il mio nuovo libro: Immortali - Le mummie di uomini e donne dell'antico Egitto.

 Con questo post voglio inaugurare il nuovo blog. Ormai è passato circa un anno dal mio ultimo post ed è arrivato il momento per me di torna...