giovedì 29 agosto 2013

La distruzione del Museo di Malawi

La storia dell’Antico Egitto ha da sempre catturato la fantasia di migliaia di persone, adulti o bambini che fossero, tutti prima o poi hanno sognato di visitare quell'antica terra, quasi come se in essa fosse contenuto un primitivo richiamo, che riecheggiando nelle ere, è arrivato fino a noi, stregandoci con le sue meraviglie.
Sulla scia di queste emozioni, tanti moderni storici hanno scelto di dedicare i propri sforzi allo studio di questa portentosa civiltà, che ben prima di romani e greci ha segnato la nostra umanità con sviluppo ed evoluzione. Se provaste a chiedere ad un campionario di archeologi, tutti quelli specializzati in egittologia, vi direbbero che la loro passione per l’antica terra dei faraoni è nata quando erano piccoli, quando ancora nella semplicità dell’animo di un bambino, ci si poteva meravigliare di figure straordinarie come Anubi o Bastet; antichi dei che con le loro sembianze zoomorfe collegavano il divino al mondo degli uomini. La passione per l’Antico Egitto è un amore sconfinato, chi nasce con tale sentimento avrà per sempre un qualcosa di speciale in cui rifugiarsi, quel qualcosa che ti stringe il cuore, che dà una scossa alla nostra anima e che ci tiene lontano dal giro degli impassibili; un po’ come se tutti noi appartenessimo a quel tempo.
Nondimeno l’ossessione per l’Egitto antico, non appartiene solo a storici e archeologi, ma è una costante anche fra coloro che più semplicemente hanno scelto di amarlo nel quotidiano, leggendo, studiando questa civiltà solo per il gusto di farlo, solo per potersi recare nel moderno Egitto alla ricerca delle maestose vestigia di un mondo, che solo perché è esistito ha reso noi tutti più vicini all'eternità. I resti di tale cultura ormai sono in preda del tempo e del logorio degli anni, per quanto noi addetti ai lavori possiamo combattere contro il tempo che passa, non possiamo far quasi nulla contro la violenza e l’ignoranza.
In questo periodo nella Valle del Nilo tra scontri politici e di stato, è stato perpetuato con prepotenza un delitto alla storia stessa. Nel Medio Egitto, più esattamente a pochi chilometri da Minya, località famosa per essere un ottimo punto d’appoggio per tutti coloro che si vogliono recare a Tell el-Amarna, cioè l’antica capitale del faraone ‘’eretico’’ Ankhenaton, si trova una città di nome Malawi.
Malawi è un paesino piccolo a ovest del Nilo, una cittadina come tante altre in Egitto, ma tuttavia custodiva un prezioso e intimo museo, al cui interno erano conservati magnifici reperti, testimonianze dirette di un epoca in cui i re dell’Egitto fecero di questa terra la più incredibile dimostrazione di modernità ed efficienza giunta fino a noi. La civiltà egizia è stata una delle poche a garantire uguali diritti a uomini e donne, che secondo la legge erano uguali, anzi, un uomo non era un uomo se non aveva una donna al suo fianco. Tale dichiarazione di società, fu presa dai greci come uno scandalo, una vergogna che li spinse a decrittare la civiltà egizia in senso matriarcale. In realtà avevano torto, l’equilibrio nell'antica terra di Kemet era regolarizzato da una legge divina, la Maat. 
Maat era la dea della giustizia, rappresentata come una donna alata, che insieme ad altre divinità presiedeva il tribunale nell'oltretomba. Tra tutti questi numi, il dio Thot, messaggero degli dei e signore della scrittura, prendeva appunti sul defunto chiamato in giudizio. A questa divinità erano associati due animali: il babbuino e l’ibis. E proprio nel Museo di Malawi erano conservati pezzi rari e preziosi del culto degli Ibis sacri. Ormai siamo costretti a parlarne al passato, perché la brutalità di alcuni loschi individui ha spazzato via per sempre queste importanti attestazioni della fede di persone vissute migliaia di anni fa, che proprio come ognuno di noi, avevano amato, sperato e sognato.

Nel novembre del 2012, un gruppo formato da egittologi e appassionati, sono stati in questo museo, e di seguito riporto i loro ricordi e le sensazioni che hanno provato alla notizia di un tale scempio:

"La mattina presto del 10 Novembre 2012 io, mia moglie e un gruppo di amici stavamo per affrontare una delle giornate più belle del nostro lungo viaggio in Egitto. Era, infatti, la giornata della visita alla città di Akhenaton. Partimmo abbastanza presto da el Minya e ci dirigemmo all’imbarcadero per prendere il traghetto per Akhetaton. Facemmo una breve sosta nella città di Mallawi, per visitare il locale Museo archeologico, ricco di preziosi reperti del sito archeologico di Khemenu / Hermopolis Magna e della città di Akhenaton. La prima impressione che avemmo fu negativa. Le sale del Museo sembravano mal conservate e molte vetrine presentavano posizioni in cui mancava il reperto. Ci chiedemmo cosa era successo. Non era solamente una questione di fondi e di personale. Si poteva ipotizzare lo spostamento dei molti reperti mancanti per restauro e/o per prestiti per mostre temporanee in qualche altra città. Le giustificazioni erano però poco soddisfacenti e non si poteva non pensare a qualche azione vandalica, un furto dei reperti mancanti in occasione della recente rivoluzione. Anche qui trovammo gli odiati cartelli con la scritta “No photo”. Cercammo allora i sorveglianti per tentare di avere una tacita autorizzazione, che, con la promessa di una mancia, ci avesse consentito di memorizzare i ricordi della nostra visita. L’unico sorvegliante che individuammo era però impassibile. Ci seguiva nei nostri spostamenti e non accennava ad alcun consenso. Decidemmo allora di separarci, così da impedirgli di controllarci contemporaneamente. Riuscimmo così a “rubare” qualche preziosa immagine ricordo, senza però poter memorizzare le centinaia di reperti, le cui immagini non avremmo sicuramente trovato in rete. Il pezzo più prezioso del Museo era una piccola statua di una figlia di Akhenaton, molto probabilmente la primogenita Marytaton, destinata a diventare sposa di Akhenaton e del successore Smenkhkara e probabile reggente per alcuni anni di Tutankhaton / Tutankhamon. La statua era però in bella vista, proprio di fronte alla biglietteria, dove stavano sedute alcune giovani signore, che però non sembravano interessate ai nostri giri e ai tentativi di scattare foto. In un momento in cui il sorvegliante seguiva i miei compagni di viaggio in una sala laterale, riuscii a scattare una foto alla splendida statua, ma nella confusione mi dimenticai di disabilitare il flash. Il sangue si gelò, temendo l’arrivo del sorvegliante o l’intervento delle signore della biglietteria. Già immaginavo di dover affrontare una delle solite sceneggiate, in cui i sorveglianti minacciano di chiamare la polizia, così da ottenere mance più cospicue. Con mia sorpresa, non accadde niente. Il sorvegliante non si era accorto di nulla e le signore non sembravano voler intervenire. Seppi poi che il nostro accompagnatore aveva informato l’archeologa responsabile del Museo, che era tra le signore, che eravamo un gruppo di Egittologi e che io ero autore di alcuni saggi sull’Antico Egitto. A distanza di circa nove mesi il mio cuore ha vissuto nuovamente le emozioni avute nel piccolo Museo, allorché i telegiornali e internet ci hanno informato che il Museo era stato assalito da un gruppo di uomini armati ed era stato completamente devastato. I reperti, che tanto avevamo ammirato e che ci era stato proibito di fotografare, erano stati rubati. Ero già rattristato per i fatti che stavano avvenendo in Egitto e per i molti morti. Avevo paura di non poter più ritornare nell’amato Egitto, ma mai avrei immaginato di dover constatare che le rivoluzioni egiziane continuavano a essere l’occasione per furti e devastazioni. Povero Egitto!"






"Ho ancora davanti agli occhi,le immagini della distruzione del piccolo museo di Mallawi,incredulo riguardo foto e video mandate in onda da facebook ed internet....dico come può una parte dello stesso popolo egizio,per colpa di una protesta,vuoi politica,religiosa o pretestuosa essere così malvagio uccidendo e accanendosi devastandolo un museo tanto caro,pieno di storia e testimonianze,quale il museo di Mallawi....
E allora rivedo e penso all'ultima (fortunata)!!?? visita del museo nel NOV.2012,un quasi fuori programma.
Malawi piccolo centro appartenente al territorio amarniano,48 Km da Minya, poco frequentato da turisti,a causa della mal tolleranza presenza della polizia,per una rivolta armata degli anni 90,ma noi un gruppetto di 5 persone,tra quali egittologi e amanti dell'antico egitto sfidando la sorte,ma con la scorta della polizia di Minya abbiam fatto tappa al museo di Malawi.
Ingresso un po' fatiscente,abbandonato a se stesso ma con il nostro arrivo,abbiam creato fermento,un via vai di uomini tra gli addetti ai lavori ed i curiosi (finalmente turisti)!!?? si è animato anche dentro,accolti dai custodi,da un gruppetto di ragazze forse studentesse,abbiamo iniziato la visita...un corridoio piene di teche,un pò datate con dentro tantissimi piccoli manufatti provenienti dalla vicina Tuna el-Gabal e da Ermopolis...armati di fotocamere,vogliosi di immortalare qualche ricordo........ma arriva Lei, la custode; no foto, no foto!!??mi si è incollata addosso,non mi mollava un attimo,forse simpatia?? ma così permettendo agli amici del gruppo di carpire qualche foto....molte rappresentazioni del dio Thot,sotto forma di ibis e babbuino,alcuni sarcofagi interessanti,e in una teca il pezzo più interessante al dire degli egittologi,una piccola statua rappresentante Marytaton una delle figlie del faraone Akhenaton,anche lei con il cranio sporgente,a tutti i costi dovevo immortalarla,con un occhio a dritta e uno a manca ce l'ho fatta!!evviva la conserverò tra i miei ricordi.
Ora sembra che il governo ,dopo questo brutto episodio abbia mandato l'esercito a sorvegliare tutti i siti archeologici,e noi aspettiamo che si placano questi scontri,che raggiungano la pace per poter ritornare a rivisitare la terra d'Egitto."


"Quello che ricordo della cittadina di Malawi è che il nostro gruppo fu scortato fin lì dalla polizia in quanto nella regione di El-Minya non è presente la Polizia Turistica come nel resto dell’Egitto. In effetti leggemmo anche nella guida della pericolosità di Malawi ma quello che ci si presentò alla vista fu una normalissima cittadina piena delle solite attività quotidiane e di facce allegre. Arrivammo al piccolo Museo e quando scendemmo dal pulmino ci rendemmo conto che i turisti da quelle parti erano davvero una rarità.. Tutti ci guardavano e le guardie ci fecero entrare rapidamente come per proteggerci. Ma in realtà non ho mai avuto né paura né la sensazione che qualcuno volesse farci del male. Gli Egiziani sono un popolo molto ospitale, amano i turisti e fanno di tutto per farli sentire i benvenuti. Quello che ricordo del Museo sono gli splendidi reperti legati a Thot sotto forma di scimmia, provenienti dalla vicina Hermopolis – delle vere chicche. E ricordo la severità e la fierezza del personale del Museo nel proteggere le opere e nell'impedirci di fare foto (cosa che noi, da bravi italiani lavativi, abbiamo fatto lo stesso di sfuggita, come si vede dalla pessima qualità delle immagini!). E ricordo il sorriso delle donne che ci salutarono all'uscita, così ospitali e fiere. Mi chiedo che cosa ne sia stato di loro, se i loro sogni sono andati in pezzi come quelle teche… Spero solo che ritrovino la speranza tra tutte quelle tristi macerie…Ma, invece della distruzione, voglio portare con me per sempre il ricordo di un bellissimo matrimonio ad El Minya, con i canti di festa, i battiti di mani, la musica, le donne sorridenti e bellissime nei loro abiti scintillanti e gli invitati che col cuore ci chiesero di partecipare al banchetto…La guerra civile sembrava così lontana…"

 


Per concludere questo post, voglio inserire anche le mie impressioni, che probabilmente vi sembreranno meno dirette e più personali, ma che comunque nascono dal mio personale modo di vivere la storia e l'Egitto antico:

"Chiunque sostenga che il Museo di Malawi fosse un importante avamposto della cultura egizia, sicuramente esagera, ma ciò nonostante bisogna capire che ogni reperto che ci viene dal passato ha il sacro diritto di essere conservato e protetto come il più prezioso dei tesori. La mia ultima visita a Malawi risale al 2010, ero in compagnia di altri amici che come me hanno studiato egittologia. Ciò che ci colpì maggiormente non erano le mummie degli animali sacri, o la statuaria amarniana, ma una piccola statua del dio Thot, dal colore nero e brillante, era perfetta nella sua semplicità, l’artista che l’aveva concepita, era riuscito a trasmettere alla pietra la fede e l’amore di un popolo che era talmente devoto alla vita, da augurarsi che questa non cessasse mai. Osservando quel piccolo oggetto, lo scultore mi stava comunicando attraverso i secoli la sua essenza, un po’ come se avessi avuto modo di guardare la sua anima. Il Museo di Malawi non era di certo importante come quello del Cairo o di Luxor, ma era comunque una preziosa testimonianza dell’umanità. Queste creature che l’hanno devastato dovrebbero capire che con tale gesto non hanno solo offeso e tradito il loro passato, ma hanno anche compiuto un delitto contro la razza umana, perché hanno tolto qualcosa ad ognuno di noi, anche a chi ora starà leggendo queste righe, perché non avrà mai più la possibilità di comunicare con lo stesso scultore che attraverso i millenni ha parlato con me."

Antonietta Ginevra Napoli

P.S.: Le opinioni di questo post sono espresse in modo personale, incluse quelle storiche e archeologiche, e non costituiscono assolutamente fattori storici accertati. 

giovedì 15 agosto 2013

Dov'è la tomba di Alessandro Magno?


Nel 1995, l'archeologa greca Liana Suvaltzi annunciò di aver individuato, nell'oasi di Siwa (non lontano dalla frontiera con la Libia), nientemeno che la tomba di Alessandro Magno. Passarono alcune settimane e, dopo che una schiera di studiosi accorsi da tutto il mondo si erano recati nell'oasi per verificare il sensazionale annuncio, tutto si risolse in nulla di fatto. All'epoca io avevo circa nove anni e guardando le foto del sito mi accorsi che il sito non era altro che parte del tempio di Zeus Ammone e non la tomba del grande condottiero, in realtà anche uno studente del primo anno di archeologia non avrebbe fatto un errore così eclatante. Ricordo che Jean-Yves Empereur, direttore del Centro Studi Alessandrini e archeologo impegnato nelle esplorazioni subacquee del porto della città, aveva commentato: '' I sepolcri degli eroi turbano la mente e gli archeologi al punto da renderli folli e a indurli a spendere la loro vita e i loro beni per trovarli''. Forse l'archeologa greca sperava di trovarsi di fronte alle spoglie del re, come accadde ad Augusto il quale, narra Svetonio, nel 30 a.C., si fece condurre dinanzi al corpo imbalsamato e ben conservato del macedone. In quell'occasione gli si domandò se volesse anche vedere il corpo di Tolomeo I (il capostipite della futura dinastia dei Lagidi e colui che aveva disposto il trasporto della salma di Alessandro da Babilonia in Egitto). Augusto rispose che era sua intenzione vedere un re, e non dei semplici cadaveri. Rimane il fatto che, per quanto potente il suo richiamo, la tomba di Alessandro non è stata ancora trovata; contrariamente a quanto è accaduto a quella di suo padre Filippo rinvenuta nel 1977 a Vergina (Grecia), dall'archeologo Manolis Andronikos.
Da sempre le ipotesi circa il luogo in cui cercare il sepolcro di Alessandro vertono intorno a tre nomi: Alessandria, la vecchia capitale dell'Egitto tolemaico, Menfi, la città che stregò Alessandro, e l'oasi di Siwa, il posto in cui il re fu proclamato figlio del dio Zeus. Quest'ultima gioca appunto un ruolo affatto secondario nelle vicende che videro il giovane condottiero macedone in terra egizia. Alessandro, infatti, si recò a Siwa proprio nel 331, poco dopo aver fondato la città di Alessandria. L'oasi era distante appena otto giorni di marcia dalla città e in essa si trovavano un santuario e un oracolo importante, quello del dio Amon, di cui Alessandro, in quanto faraone dell'Egitto, era ritenuto il figlio. Il luogo, dunque, possedeva tutti i criteri della sacralità necessari perché il giovane macedone potesse sceglierlo come luogo destinato a raccogliere le sue spoglie. E anche le fonti sembrano avvalorare l'ipotesi che l'oasi sacra ad Amon fosse stata prescelta per ospitare il corpo del re. Ma rileggiamo la dettagliata descrizione dedicata da Diodoro Siculo alla questione della preparazione della salma e al suo trasferimento. Dopo essersi soffermato a lungo sui dettagli dello splendido sarcofago aureo entro cui era posta la salma, riempita ''all'interno di aromi, che potevano offrire al corpo allo stesso tempo il profumo e la conservazione'', lo storico del I secolo a.C. prosegue con l'elencazione dei singoli elementi che compongono il carro ''magnifico più di quanto non sembrasse a sentirne parlare''. Il trasferimento della salma avviene sotto la guida di Arrideo, figlio illegittimo di Filippo II. Scrive Diodoro Siculo che ''affidarono poi a Arrideo la missione del trasferimento del corpo, e della costruzione del cocchio coperto, che avrebbe trasportato il corpo del re morto al santuario di Ammone'' (Libro XVIII, 3).
Il corteo viene raggiunto da Tolomeo I, il quale prende in consegna il corpo e lo porta ad Alessandria. Scrive Diodoro Siculo che Tolomeo ''decise di non portarlo per il momento al tempio di Ammone, ma di tumularlo nella città che era stata da lui fondata'', dove sarà seppellito in ''un santuario degno, per la sua grandezza e per la costruzione, della sua gloria''. Questo santuario è il Sema, il monumento al cui interno si sarebbe verificata, trecento anni dopo la morte di Alessandro, la visita di Augusto al corpo del re, come descritto da Diodoro Siculo. Il quale si limita però a riferire che Augusto pone una corona d'oro sul capo di Alessandro Magno, il corpo era stato tolto dalla tomba per essergli mostrato. Ma non accenna al luogo esatto in cui questa di trova. Tuttavia, l'ipotesi più plausibile relativa al luogo di sepoltura rimane quella di Alessandria, visto che nessun autore ci informa poi che il suo corpo abbia davvero raggiunto Siwa, come era stato stabilito in precedenza. Infatti è ad Alessandria, che al centro della planimetria disegnata dall'architetto personale di Alessandro, Dinocrate, venne eretto il Sema, il monumento al corpo del re defunto. Ed è logico pensare che Tolomeo I abbia voluto collocare la salma del grande re proprio qui, al centro della città che Alessandro stesso aveva fondato, rendendo difatti Siwa solo una possibile tappa del corteo funebre del re macedone, poi saltata per ordine dello stesso Tolomeo.
Tuttavia, queste restano solo teorie basate su fonti antiche, finché la sua tomba non verrà ritrovata, ogni ipotesi è puramente concettuale. 

Il mio nuovo libro: Immortali - Le mummie di uomini e donne dell'antico Egitto.

 Con questo post voglio inaugurare il nuovo blog. Ormai è passato circa un anno dal mio ultimo post ed è arrivato il momento per me di torna...