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mercoledì 1 gennaio 2020

La famiglia di Amenhotep III

Amenhotep III è stato uno dei più importanti faraoni non solo del Nuovo Regno, ma della storia egizia in generale. Grande costruttore, innovatore e faraone di rara grandezza, plasmò l'Egitto secondo il proprio volere. Costruì una nuova dimora a Malqata, sulla riva ovest del Nilo rispetto a Tebe, iniziando così quel distacco dal clero tebano che poi condusse suo figlio Akhenaton a quella famosa "eresia" che tutti noi conosciamo. Di Amenhotep e di suo figlio, così come di suo padre Thutmosis IV e di suo nonno Amenhotep II, si è scritto di tutto e tanto, ma chi erano gli atri membri della sua famiglia?


Tiaa
Moglie di Amenhotep II e madre di Thutmosis IV. Diversi monumenti a Giza, Tebe e nel Fayyum sono riconducibili a lei, incluso del materiale usurpato alla suocera: Meryetra-Hatshepsut. Venne sepolta nella tomba KV32 (Amenhotep II), dove sono stati trovati diversi resti del suo corredo funerario. Per molto tempo si è creduto erroneamente che ella fosse la madre del faraone Siptah (XIX dinastia).

Mutemuia
Moglie di Thutmosis IV e madre di Amenhotep III, nel tempio viene mostrata la divina nascita di suo figlio. Una statua che la raffigura è oggi conservata al British Museum, proveniente forse dal suo tempio funerario. Mutemuia è presente anche sui Colossi di Memnon e nella tomba di Heqareshu (TT226), dove è raffigurata in compagnia del figlio.



Ty
Moglie di Amenhotep III, la loro unione viene commemorata in una serie di scarabei detti del "matrimonio"; madre di Akhenaton e di diversi principi e principesse reali, figlia di Yuya e Thuju. Conosciamo moltissimi reperti che la ritraggono con suo marito e anche diverse statue individuali. Ty venne raffigurata nelle tombe di Userhat (TT47), Kheruef (TT192) e Huya (TA1). Alcuni suoi ushabti vennero ritrovati nella tomba di Amenhotep III. Tuttavia alcuni indizi indicano che fu sepolta dapprima ad Amarna e poi nella KV55. Una ciocca dei capelli di Ty è stata ritrovata all'interno di un sarcofago in miniatura del re Tutankhamon. Sembra molto impobabile che la sua mummia sia quella ritrovata all'interno del nascondiglio nella tomba di Amenhotep II e che oggi viene chiamata "la dama anziana".

Thutmosis, principe.
Figlio maggiore di Amenhotep III, sappiamo dal del materiale conservato a Saqqara che egli fu il primo sacerdote di Memphis. Una sua piccola statua è custodita al museo del Louvre, mentre una sua immagine mummiforme è conservata a Berlino, e infine, al Cairo, è conservato il sarcofago di un gatto che reca il suo nome. Probabilmente il principe morì durante la terza decade del regno di suo padre.

Nebetiah
Figlia di Amenhotep III, è stata raffigurata sui colossi di Medinet Habu.

Sitamun
Moglie e probabile figlia di Amenhotep III, è raffigurata su una stele della sua nutrice, Nebetkabeny, proveniente da Abydos e su una sedia (leggi articolo) proveniente dalla tomba dei suoi nonni materni, Yuya e Thuju, mentre, come moglie del re, è raffigurata su un disco oggi conservato ad Oxford. Probabilmente morì tra i trenta e i trentacinque anni.

Iset
Figlia di Amenotep III e di Ty, venne rappresentata come moglie di suo padre su una statua oggi appartenente alla collezione G.Ortiz, di lei ci resta anche una placca di corniola, oggi conservata al Metropolitan Museum of Art di New York.

Henuttaneb
Figlia di Amenhotep III e Ty, è raffigurata insieme ai suoi genitori e alle sue sorelle nel tempio di Soleb e sui colossi del tempio di Medinet Habu. Viene menzionata su una stele proveniente da Malqata.

Baketaton
Figlia più giovane di Amenhotep III e Ty, raffigurata insieme alla madre nella tomba di Huya ad Amarna. Una statua della principessa venne ritrovata in un'altra zona della stessa tomba.


Nefertiti: leggi articolo, clicca QUI.

Kiya
Moglie di Akhenaton, e convenzionalmente creduta figli di Tushratta, re dei Mitanni. Il suo nome è stato ritrovato su vari blocchi originari di Amarna, su dei vasi canopo e su altri reperti che vennero usurpati dalle figlie di Akhenaton. Probabilmente è anche la madre di Tutankhamon.

Principesse amarniane: leggi articolo, clicca QUI.


Articolo basato sul libro di Aidan Dodson e Dylan Hilton: The Complete Royal Families of ancient Egypt - edito da Thames & Hudson

martedì 1 gennaio 2019

Le sei principesse di Amarna

Amenhotep IV, alias Akhenaton, e la sua sposta Nefertiti ebbero sei figlie: almeno tre di queste principesse ricevettero una educazione da future regnanti. Eppure, nessuna di loro riuscì a succedere al padre sul trono d’Egitto: probabilmente, furono tutte travolte, insieme ai loro genitori, dal crollo dell’utopia Amarniana e della restaurazione del culto di Amon.


Chi non ha mai desiderato, almeno per un attimo, di poter ricominciare daccapo la propria vita, di ripartire da zero? Per la maggior parte delle persone si tratta, ovviamente, di sogno irrealizzabile. La storia dell’Antico Egitto, però, ci fornisce l’esempio di un uomo capace di trasformare questa aspirazione in realtà, ribellandosi addirittura alle millenarie tradizioni religiose dei padri. Il limite dell’avventura di Akhenaton, il faraone “eretico”, forse fu proprio questo: l’aver tentato di lasciarsi alle spalle, da un giorno all'altro, dogmi, riti e usi consolidati. Uno stravolgimento che, in breve tempo, disorientò gli stessi sudditi e gettò il Paese in una delle più gravi crisi religiose e politiche della sua Storia. Come è noto, il giovane Amenhotep IV non si imbarcò da solo in questa impresa. Accanto a se, aveva il sostegno più prezioso: la bellissima regina Nefertiti ("La bella è arrivata"), che aderì con slancio totale alla folle politica del suo sposo.

La coppia reale che voleva cancellare il clero di Amon
Nel momento in cui intrapresero la loro audace avventura, rinnegando credenze religiose che costituivano i pilastri di una intera civiltà, Amenhotep IV e Nefertiti erano ancora molto giovani: il re doveva avere non più di vent'anni, la regina probabilmente circa sedici. Bisogna tenere presente, a questo proposito, che nozione di giovinezza nell'antico Egitto era completamente diversa dalla nostra: in tutte le culture dell’antichità, il passaggio alla vita adulta cominciava molto presto, specialmente nelle famiglie reali. L’età acerba del faraone e della sua sposa, dunque, non costituiva un problema, né impedì loro di attuare il rivoluzionario progetto che li avrebbe portati a sfidare il potentissimo clero di Amon e l’opinione pubblica del Paese.
Amenhotep IV salì al trono introno al 1.370 a.C. Nel corso dei primi dieci anni di regno, Nefertiti gli diede ben sei figlie (o, secondo altre fonti, sette). Fu, invece, durante il quarto anno di regno che il Faraone decise di imporre il culto di Aton, di farsi ribattezzare con il nome di Akhenaton (“Luce di Aton”) e di trasferire la corte ad Akhetaton (“Orizzonte di Aton”), l’odierna Tell el Amarna. All’epoca, probabilmente, erano già venute al mondo le prime tre principesse, nate a Tebe; le altre tre, invece, videro la luce nella nuova capitale. In questa città, sorta dal nulla nel Medio Egitto e a debita distanza da Tebe, la famiglia reale ebbe modo di dedicarsi al culto del nuovo Dio solare, ispirando anche quel rinnovamento artistico che diede vita al cosiddetto “stile amarniano”.

Un uomo, una donna, sei figlie
Proprio gli affreschi, le sculture e i bassorilievi di Amarna hanno consegnato alla Storia l’immagine di una famiglia felice, immortalata in atteggiamenti teneri e in toccanti scene di vita quotidiana. Questo modo di ritrarre i regnanti, senza dubbio, non aveva precedenti nell'iconografia ufficiale del Paese, improntata a criteri decisamente più rigidi e istituzionali. Per la prima volta, i pittori e gli scultori di Amarna mostravano la coppia reale intenta a giocare con i bambini o a rivolgere loro quelle dimostrazioni di affetto che nessun genitore negherebbe ai propri figli: il re e la regina, in questo modo, diventano un papà e una mamma che, come tanti, coccolavano i proprio pargoli tenendoli in grembo o sulle ginocchia. La rilevanza di queste inedite scene di vita quotidiana, tuttavia, non si ferma qui. I bassorilievi di Amarna, infatti, offrono anche preziose informazioni sul piano Dinastico: permettono, cioè, di risalire al ruolo e all'importanza di ciascuna delle sei principesse rispetto alla successione al trono. Una di loro, in particolare, occupa un posto di primo piano in tutti i ritratti della famiglia reale: si tratta della primogenita Meritaton, nome che significa “L’amata da Aton”; sempre raffigurata accanto al Faraone, era probabilmente l’erede designata alla corona d’Egitto. Non a caso, come volevano i costumi dell’epoca, la giovane sposò suo padre stesso. In seguito, Meritaton si unì in matrimonio anche con certo Smenkhara, forse fratello minore di Akhenaton e, quindi, zio della principessa. Tuttavia, nulla si sa di certo sulla figura di Smenkhara e sul matrimonio in questione. Non di meno, questi, fu protagonista di un effimero passaggio sul trono d’Egitto subito dopo il misterioso Neferneferuaton, sulla cui identità noi storici continuiamo a interrogarci: secondo alcuni si sarebbe trattato della stessa Nefertiti. A ogni modo è certo che non fu Meritaton a prendere il posto paterno sul trono: si ritiene, infatti, che la sua prematura scomparsa sia avvenuta prima della fine della parentesi amarniana.

Le spose del padre
I bassorilievi di Amarna riservano un posto di riguardo anche ad altre due figlie di Akhenaton: Makhetaton (“Protetta da Aton”) e Ankhensenpaton (“Lei vive per Aton”). Anche queste principesse sposarono il padre, sempre in ossequio alla tradizione egizia secondo cui la legittimità dinastica doveva perpetuarsi tramite il sangue femminile. Presumibilmente, questi due matrimoni furono celebrati dopo la morte di Meritaton, la cui figura andava sostituita. Anche Makhetaton, però, morì in giovane età, forse proprio mentre partoriva un bambino. Quanto ad Ankhesenpaton, al di là del fatto che fu designata quale nuova erede al trono, non si sà praticamente nulla sui suoi ultimi anni di vita. Ancora meno per altro, si sà sul conto delle ultime tre figlie di Akhenaton e Nefertiti. I nomi di queste principesse erano Neferneferuaton (vale a dire “Bella è la perfezione di Aton”), Neferneferura (“Bella è la perfezione di Ra”) e Bakhetaton (“La serva di Aton”). A parte questo, non sì è riusciti a stabilire quasi niente, neanche se sopravvissero al padre. Proprio la figura di Akhenaton, del resto, suscita ancora oggi gli interrogativi più forti: le sue origini, la durata del suo regno e la causa della sua morte ci restano ancora ignote, e sulle quali noi storici non smettiamo mai di appassionarci. Secondo l’ipotesi più accreditata, il faraone morì vittima di una lunga e grave malattia. Ma si tratta, appunto, di supposizioni: anche da questa incertezza, probabilmente, deriva l’affascinante alone di mistero che circonda da sempre la figura di Akhenaton.

Akhenaton nella cronologia dei Re Egizi
La XVIII Dinastia si colloca storicamente tra il 1580 e il 1310 a.C. circa e vide succedersi sul trono d’Egitto quindici sovrani le cui date di regno vengono ancora oggi dibattute e discusse. Tuttavia, le date più probabili sono quelle forniteci dall'egittologa Edda Bresciani, che vedono l’inizio del regno di Akhenaton nel 1348 e la sua fine nel 1331 a.C.; con una durata complessiva di 17 anni di regno.

L’educazione delle principesse “eretiche”
La figura di ognuna delle sei figlie di Akhenaton e Nefertiti, dunque, è avvolta da una fitta cortina di mistero. Qualcosa di più, in compenso, sappiamo sul modo in cui le principesse amarniane furono educate e istruite. Ancora una volta, ad aiutarci sono i bassorilievi di Akhenaton: a giudicare dall'atmosfera etera e quasi irreale che i tratti della famiglia reale sprigionano, la vita di corte doveva essere improntata al massimo della raffinatezza. In questo ambiente ricercato, e pressoché isolato dal mondo, la primogenita ebbe certamente modo di preparasi a divenire la futura regina, acquisendo la cultura politica e religiosa indispensabile per governare un impero. Probabilmente, fu il faraone stesso a trasmettere alla figlia queste conoscenze, tanto più che molte delle usanze e della tradizioni del passato erano state volutamente accantonate dal sovrano. Solo lui, quindi, era in grado di tramandare la nuova dottrina alla sua erede, assicurando una continuità a quel progetto rivoluzionario che aveva già stravolto il panorama politico, religioso e sociale dell’antico Egitto. In tutto questo, Akhenaton doveva essere spinto da un ideale incrollabile e da un eccezionale sicurezza di se, tali da permettergli di lasciarsi alle spalle il potentissimo clero tebano.
Quanto all'educazione delle figlie più piccole, fu forse meno improntata alla politica e più alla religione. Le principesse, infatti, erano destinate a diventare sacerdotesse di Aton; a tale scopo, dovevano ricevere da parte del clero tutte le conoscenze che avrebbero permesso loro, al momento opportuno, di celebrare i riti della nuova divinità nazionale. Attorno alle figlie del re, inoltre, dovettero riunirsi tutti gli studiosi della capitale, pronti a trasmettere alle giovani i frutti dei loro studi.

Visi sottili e teste allungate
Che aspetto avevano le figlie di Akhenaton? A giudicare dal fascino leggendario della donna che le aveva messe al mondo, Nefertiti, è facile presupporre che doveva trattarsi di bellissime ragazze. Questa impressione è confermata dai ritratti delle principesse, e questo grazie - o, forse, a dispetto - dello stile eccentrico di molte di queste raffigurazioni. Ricordiamo, infatti, che in ossequio alla rivoluzione religiosa propugnata dal Faraone anche gli artisti dell’epoca stravolsero i loro canoni; il risultato fu una tendenza ad accentuare i lineamenti dei soggetti raffigurati, in particolare quelli del viso, come se queste estensioni dovessero rappresentare la grandezza stessa dei soggetti. Così, le labbra erano sempre eccezionalmente carnose e sporgenti, puntualmente atteggiate a un accenno di sorriso, mentre gli occhi allungati verso le tempie, erano quasi a mandorla. Tutto questo finiva per conferire ai visi un espressione costantemente enigmatica. Anche la testa dei personaggi raffigurati era marcatamente allungata nella sua parte posteriore, descrivendo una forma che quasi strideva con la delicatezza del mento e delle mandibole. Queste, a ogni modo, erano le linee ricorrenti nella rinnovata arte amarniana, insieme alle membra gracili, agli addomi prominenti e alle posture quasi languide. Linee, indubbiamente, del tutto originali rispetto a tutto ciò che gli artisti egizi produssero prima e dopo della parentesi eretica. Perché mai? Prima di Akhenaton, l’arte egizia era concepita non per essere vista dai mortali, ma era semplicemente un codice che doveva essere trasmesso agli dei, in modo che essi riconoscessero l’essenza degli uomini e delle altre figure rappresentate. Tant'è vero che nella lingua geroglifica, non esiste un termine che indichi il nostro concetto di arte. Nel periodo amarniano, invece, il messaggio non era rivolto agli dei, di cui il faraone faceva abbondantemente a meno, nonostante non si possa definire monoteistico; ma era rivolto agli uomini. Di conseguenza, il popolo doveva poter osservare caratteristiche a loro riconoscibili, sentimenti comuni e scene consuete; in modo che potessero riconoscere nel faraone il loro unico capo e tramite divino.

domenica 4 novembre 2018

L'autobiografia di Amenemhab

Questa autobiografia è un esempio di quei testi che raggiunsero il culmine nella XVIII dinastia, e nelle quali viene attribuita molta importanza al fattore storico, oltre che agli avvenimenti più salienti della vita del defunto. Per gli egizi è un vanto aver partecipato alle imprese militari del sovrano, e in particolare questo sentimento è evidente nei contemporanei di Thutmosi III, il più grande guerriero fra i re della dinastia in questione. L'ideale nella XVIII dinastia non è tanto quello di ottenere l'autonomia quanto il desiderio di essere "seguace" del re e di mostrargli il proprio coraggio e le proprie capacità. A vanto di Amenemhab (detto Mahu e proprietario della tomba TT85 a Luxor), che seguì Thutmosi III nelle varie spedizioni, si dice che vide le vittorie regali del suo re. Di alcune delle imprese che egli ricorda esiste anche la versione ufficiale, come per esempio della caccia all'elefante a cui Thutmosi si dedicò durante la sua ottava spedizione.
Tuttavia Amenemhab ci racconta anche le sue imprese personali, gesta che secondo i valori dell'epoca gli recavano onore.

L'episodio della cavalla 
Nel corso di una battaglia, il principe di Kadesh, in Siria sull'Oronte, fece astutamente uscire una puledra in calore per indurre il disordine tra i carri egizi, trainati da stalloni. Amenemhab la inseguì a piedi e la uccise.


Traduzione geroglifica di Alberto Elli:





(cliccare per ingrandire)

venerdì 14 ottobre 2016

Anello a castone con i nomi di Ramses II e Nefertari


Il tipo di anello qui presentato, assai pesante, a castone piatto inciso con una decorazione, generalmente d'oro, fa la sua comparsa all'inizio del Nuovo Regno e riscuote un notevole successo fino all'epoca di Ramses II. Il monile è in corniola traslucida di colore aranciato pallido. L'anello vero e proprio è piuttosto spesso e solcato da una leggera incisione nella quale è stato appiattito un fiore d'oro; questo trattiene un sottile rettangolo d'oro che, applicato attorno al castone, dà maggiore risalto a quest'ultimo.
Durante il Nuovo Regno, diffondendosi sempre più l'impiego di paste di vetro colorate, la corniola resta la sola pietra semi-preziosa ad essere ancora utilizzata. Le pietre rosse, corniola o diaspro rosso, evocanti il fuoco e il sangue, erano molto apprezzate, anche perché si credeva fossero dotate di un immenso potere magico in grado di assicurare protezione. 
Il castone, rettangolare, reca un'incisione eseguita con tratto rapido e poco accurato. Raffigura due cartigli accostati e sormontati da grandi piume di struzzo ornate dal disco solare. Il nome ufficiale del re Ramses II, User-Maat-Ra è inciso nel cartiglio di sinistra, affiancato a quello di Nefertari, iscritto in quello di destra.
Questo modello di castone decorato con due cartigli giustapposti è assai diffuso fin dalla XVIII dinastia. Generalmente recanti l'incisione di nomi regali, i cartigli potevano anche ospitare la figura del re al cospetto di divinità, o anche soltanto l'immagine di due divinità accostate. All'epoca di Ramses II il motivo dei cartigli sormontati da alte piume diviene molto frequente. Tra le numerosissime spose di Ramses II, Nefertari occupa una posizione unica. In onore della donna amata, Ramses fece costruire un tempio ad Abu Simbel accanto al proprio e fece scavare, nella Valle delle Regine, la tomba più grande e più riccamente decorata. Poche sono le regine che ebbero il loro nome tanto spesso accostato sui monumenti a quello del re, se si eccettua Ty, sposa del faraone Amenhotep III e naturalmente Nefertiti, perennemente affiancata alla persona di Akhenaton.


Dati
Provenienza: sconosciuta
Collezione: Emile Guimet poi Louvre
XIX dinastia - Ramses II
Corniola rossa e oro
2,35x1,3 x x 2,13 cm
Musée du Louvre, Inv.n. E 31890

domenica 22 maggio 2016

Il busto di Nefertiti


Si tratta di uno dei capolavori dell'arte dell'antico Egitto; questa singolare rappresentazione di Nefertiti (''La bella è arrivata'')o Neferneferuaten (''La bella tra le belle di Aton'') è un paradigma del naturalismo dell'arte durante la breve epoca amarniana. L'artista, Thutmosi, riuscì a catturare la bellezza e l'energia della Grande Sposa del re eretico Akhenaton, faraone della XVIII dinastia.

Nel dicembre del 1912, l'archeologo tedesco Ludwig Borchardt scoprì a Tell el-Amarna un deposito in cui era custodito un gran numero di sculture:il famoso busto di Nefertiti era tra queste. Esso fu scolpito su pietra calcarea: l'altezza è di 48 centimetri, mentre la lrghezza, alla base è di 19,5 centimetri. La scultura è ricoperta da uno strato di gesso per facilitare l'adesione del colore. La regina sfoggia una corona azzurro acqua, appiattita nella parte superiore, e un'ampia collana con decorazioni vegetali. Fatta eccezione per alcune imperfezioni riscontrabili sulla corona e sulle orecchie, prive di piccoli pezzi, la figura si conserva in ottimo stato. La presenza di buchi sui lobi lascia supporre che la scultura fosse provvista di orecchini, consuetudine diffusa in epoca amarniana.
L'artista dedicò la sua abilità alle parti del viso, del collo e alle orecchie, trattando invece il resto in modo meno accurato. Il busto costituisce un caso piuttosto isolato nell'ambito dell'arte egizia, e tale rappresentazione appare sempre in contesti religiosi o di sepoltura. Tra l'altro, l'assenza di un nome scritto, evenienza rara nell'ambito dell'arte funeraria, lascia supporre che si tratti di un modello di laboratorio che doveva servire come riferimento per gli apprendisti dello sculture. Si tratta comunque di un ritratto naturalista, prototipo dell'arte amarniana.

domenica 27 dicembre 2015

Ramses II e la giovane sposa hittita

La battaglia di Kadesh è sicuramente il più famoso conflitto della storia egizia, tutti noi conosciamo la storia dello scontro tra egizi e hittiti, e del famoso primo trattato di pace della storia che vi pose fine. Per suggellare tale patto ebbe luogo anche un matrimonio, un evento che avrebbe così portato pace e prosperità ad entrambi i popoli.


Il trattato di pace con gli hittiti aveva messo fine ad un lungo periodo di conflitti armati, ma bisognava ancora normalizzare i rapporti e renderli meno formali. Ci fu uno scambio di lettere e di regali, le famiglie reali chiesero notizie le une delle altre e si arrivò all'accordo fondamentale per il trattato di pace, cioè il matrimonio tra una principessa straniera e il faraone Ramses II.
Tuthmosis III aveva preso in moglie tre straniere, probabilmente figlie di capi siriani, per calmare gli ardori di quella regione bellicosa. Al fine di ratificare un importante trattato di pace con il regno dei mitanni, Tuthmosis IV aveva celebrato un matrimonio diplomatico con la figlia del re di questo Stato dell’Asia. L’anno 10 del regno di Amenhotep III, la figlia del re del Naharina si era recata in Egitto, accompagnata da una scorta importante, per unire il suo destino a quello del faraone, che organizzò altri matrimoni con straniere e annunciò questi felici eventi con diverse emissioni di scarabei.
Fin dal loro arrivo in Egitto a queste donne venne dato un nome egizio, cosicché se ne perdono le tracce. Probabilmente divennero dame di corte e a corte passarono anni felici, sempre che non soffrissero troppo di nostalgia della loro terra. Possiamo dire che sia degno di nota il fatto che questa diplomazia “da matrimoni” agì sempre a senso unico, dall'estero verso l’Egitto. Al re di Babilonia, che aveva dato in sposa la figlia ad Amenhotep III e chiedeva al faraone di mandargli una principessa egizia, quest’ultimo rispose in modo categorico: “Mai, dal tempo degli antichi, la figlia di un faraone è stata data a chicchessia”.
Ispirandosi a questi esempi famosi, Ramses II consolidò la pace nel vicino oriente sposando, quanto pare, una babilonese, una siriana e due hittite. Benché l’evento avesse ormai un carattere meno solenne che in passato, Ramses il Grande diede molto risalto al suo matrimonio dell’anno 34, probabilmente a causa della personalità della donna che avrebbe lasciato il rigido clima dell’altopiano d’Anatolia per andare a vivere in Egitto: si tratta della figlia di Hattusili, “grande capo” hittita, il principale avversario del faraone. Il trattato di pace dell’anno 21 era stato rispettato da entrambe le parti, ma i due monarchi convennero sulla necessità di metterlo in atto in modo definitivo e spettacolare. Da parte egizia si delineò una situazione non troppo favorevole agli hittiti. La potenza di Rames non aveva forse spaventato tutti i capi stranieri, e soprattutto quello dell’Hatti, il cui paese era desolato e in rovina, per tanto sua figlia sarebbe partita per l’Egitto con molti doni, oro, cavalli, decine di migliaia di bovini, capre e montoni. Tale mossa era sicuramente politica, chi avrebbe potuto opporsi così a Ramses, baluardo del suo paese, dispensatore di luce al suo popolo, saggio dalle giuste parole, coraggioso, vigile, a cui forniva ogni ben di dio? Per il re di Hatti, il corpo del faraone era fatto d’oro, il suo scheletro d’argento, Ramses era padre e madre di tutto il paese del Nilo e pertanto ne conosceva ogni segreto. Al grande capo hittita, non rimaneva dunque che inchinarsi davanti al faraone d’Egitto: “Sono venuto verso di te per adorare la tua perfezione, perché tu incateni i paesi stranieri, tu, il figlio di Seth! Mi sono spogliato di tutti i miei beni, mia figlia è davanti a te per offrirteli. Tutto ciò che ordini è perfetto. Ti sono sottomesso, come tutto il mio paese”. Anche se la situazione non fu così favorevole al faraone, è pur vero che il re hittita, al termine di una trattativa piuttosto lunga, accettò di buon grado di inviare sua figlia a Ramses, come pegno di pace.
Il viaggio non si annunciava facile: era inverno, bisogna superare zone montuose, passare attraverso strette gole e imboccare sentieri non tracciati prima di arrivare alla frontiera. Per di più, il corteo hittita, trovò il mal tempo, cosa che disturbò non poco la sua marcia. Fu Ramses, secondo il racconto egizio, grazie ad un offerta a Seth, a ristabilire condizioni climatiche normali. Il faraone inviò un corpo d’armata incontro alla sua futura sposa. Quando gli egizi e gli hittiti si incontrarono, finirono  gli uni nelle braccia degli altri, bevvero e mangiarono insieme, si unirono come fratelli evitando ogni disputa. Gli abitanti dei paesi attraversati da quell'insolito corteo non credevano ai loro occhi: vedere soldati hittiti e egizi allegramente mescolati gli uni agli altri, un dignitario esclamò: “Come è grande ciò a cui assistiamo oggi. La terra di Hatti appartiene al faraone così come l’Egitto. Il cielo stesso è posto sotto il suo sigillo”.
Dopo aver attraversato Canaan e costeggiato il Sinai, la principessa hittita arrivò finalmente a Pi-Ramses, la magnifica capitale di Ramses II. L’accolse il faraone in persona, e giudicò che la fanciulla avesse un bel viso e le mise il nome di Maathorneferure e le concesse un onore straordinario: una stele incastonata nel muro meridionale esterno del grande tempio di Abu Simbel. Vi si vedono sette Ptah ispirare Ramses mentre è venerato dal re hittita e da sua figlia.
La stele C284 del Louvre, scoperta a Karnak, è un documento curioso. Redatta durante la XXI o XXII Dinastia, è un lontano eco del matrimonio della principessa hittita con Ramses II. Vi sono, infatti, i diciassette mesi di viaggio di una bella principessa venuta da un lontanissimo paese, il grande Bakhtan, per scoprire l’Egitto. La terra di hatti era molto più vicina, ma il narratore calca un po’ la mano. Una grave preoccupazione tormentava la bella principessa: sua sorella Bentresh era ammalata e i medici del Bakhtan non riuscivano a curarla. Ci riuscirono, invece, la medicina e i medici dell’Egitto. Un medico tebano, inviato in consulto, fece una diagnosi inquietante: Bentresh era posseduta da un demone. Soltanto un dio quindi avrebbe potuto guarirla. Detto fatto: l’Egitto inviò nel Bakhtan la statua di Khonsu, un dio che svelava il destino e cacciava via gli spiriti erranti. La statua compii il suo dovere e Bentresh recuperò la salute. Tuttavia il principe del Bakhtan commise una scorrettezza, si rifiutò di restituire agli egizi la statua. Un sogno però gli fece cambiare idea: Khonsu gli apparve e gli ordinò di rimandare subito la statua nella terra del Nilo. Temendone la collera, il principe gli obbedì. Quanto alla principessa del Bakhtan, immagine poetica della figlia di un re hittita, si lasciò ammaliare dalla magia della terra dei faraoni;  stereotipo usato per ogni straniera in terra d’Egitto.

venerdì 20 novembre 2015

La tomba di Akhenaton

Il faraone Amenhotep IV, meglio noto come Akhenaton, fu il primo sovrano nella storia a instaurare una religione pseudo-monoteista. Le circostanze della sua morte sono ancora da chiarire, dato che la mummia reale non è stata ancora ufficialmente ritrovata, nonostante i test del DNA recentemente eseguiti dall'equipe del Dott. Hawass. L’esame della sua tomba, però, ha permesso di svelare qualche mistero. Amenhotep IV lasciò un segno indelebile nella storia dell’antico Egitto, arrivando a sfidare persino il clero tebano: si può dire, infatti, che egli fu il primo vero rivoluzionario della storia. Probabilmente era un bambino gracile, forse epilettico e soggetto a strani sogni: non particolarmente amato dal padre, fu educato dalla madre e circondato dal timore reverenziale che incuteva il clero di Amon. A soli quindici anni, alla morte del padre Amonhotep III, il ragazzo divenne faraone con il nome di Amenhotep IV: probabilmente regnò sull'Egitto dal 1372 al 1354 a.C. circa, e sposò la famosissima Nefertiti. Nei primi quattro anni di regno, il nuovo re si attenne al culto dei padri e venerò tutti gli dei del Pantheon egizio, tanto che il suo nome di incoronazione era appunto Amenhotep, che vuol dire: “Amon è soddisfatto”. Queste almeno sono le cose che gli egittologi hanno sempre creduto su questa controversa figura, ma non ci sono certezze su cui basare queste ipotesi.

Il mistero della morte di Akhenaton
Se ancora oggi la sua vita è per noi un'incognita, possiamo solo immaginare quante cose noi egittologi ignoriamo sulle circostanze della morte di Akhenaton. Alcuni pensano che sia stato assassinato, ma finora non ci sono prove a sostegno di questa ipotesi. Persino la mummia del faraone eretico e della sua sposta Nefertiti sono per noi archeologi un punto interrogativo. Come se non bastasse, i nemici di Akhenaton si accanirono contro le effigi del sovrano defunto, nell'intento di cancellare ogni suo ricordo dalla storia dell’Egitto: sono pochi, infatti, i suoi ritratti dipinti o scolpiti giunti fino a noi. Il nome del re venne cancellato anche dai documenti, e divenne proibito persino pronunciarlo. Per di più, dopo la morte di Akhenaton, i sacerdoti e i sostenitori delle vecchie credenze obbligarono forse il suo successore Tutankhamon a evacuare la città di Akhetaton per tornare a Tebe. Oggi, a Tell el Amarna, rimangono solo le tombe dei nobili che servirono Akhenaton, come Huia, il suo tesoriere e ciambellano della regina. Le scene dipinte in questi monumenti sono ricche di fascino, e danno un’idea di quella che doveva essere la vita quotidiana nell'effimera città di Aton.

Le tombe reali di Tell el Amarna
Nulla lo conferma con certezza, ma è probabile che le spoglie di Akhenaton siano state trasferite a Tebe durante il regno di Tutankhamon. Tale idea è alla base del riconoscimento di Akhenaton nella mummia ritrovata all'interno della KV55. Nel 2010 il Dott. Hawass diede il via ad una vera e propria caccia al DNA di Akhenaton e dei suoi parenti, confermando l’ipotesi precedente; tuttavia nulla è certo, poiché molti studiosi nutrono forti dubbi sulla legittimità di questi esami. Inizialmente, il sovrano fu certamente sepolto nella sua capitale, anche se in questa prima tomba sono stati trovati solo pochi resti del loculo originale (in parte ricostruito nel cortile del Museo egizio del Cairo). Quanto alla mummia di Nefertiti, nel tempo, sono state fatte diverse ipotesi, tra cui quella della "Giovane Dama" ritrovata all'interno della KV35, successivamente smentita. Personalmente sono dell'idea invece che la mummia di Nefertiti si trovasse si in quella tomba, ma che in realtà altro non sia che quella della "Dama anziana", tale ipotesi però è basata solo su mie considerazioni personali e non supportata da prove concrete. A Tell el Amarna sono state rinvenute due necropoli, una a nord e l’altra a sud della città di Aton, scavate e studiate nel 1891 da Eugenio Barsanti. La tomba vuota di Akhenaton è situata in una zona poco distante dalla città, ed è orientata verso est, cioè nella direzione in cui sorge Aton. Tutte le sepolture reali nella Valle dei Re, invece, sono orientate verso ovest, il punto cardinale che gli egizi associavano tradizionalmente all'aldilà. Anche la forma rettilinea dell’ultima dimora del re è anomala rispetto alle usanze dell’epoca. Doveva trattarsi, in ogni caso, di un monumento imponente: dopo alcune scalinate, vi è un largo corridoio lungo ben ventotto metri che si affaccia su un pozzo; vi è poi un immensa camera funeraria e una sequenza di sei sale e anticamere. Nella camera mortuaria principale sono stati ritrovati dei frammenti del sarcofago di Ty, probabile testimonianza del fatto che anche la regina madre fu sepolta all'inizio in questo luogo. Tale informazione apre uno scenario molto importante: nella KV55 furono ritrovati alcuni resti del corredo funebre della regina Ty, pertanto è possibile immaginare che madre e figlio siano stati poi trasferiti insieme nella tomba nella Valle dei Re e di conseguenza, la mummia ritrovata all'interno potrebbe veramente appartenere ad Akhenaton.
All'ingresso della necropoli amarniana, invece, gli archeologi hanno scoperto tracce della titolatura reale di Akhenaton e frammenti del suo sarcofago. Altre prove della presenza delle spoglie reali in questo monumento funerario sono costituite dai resti di un dipinto raffigurante i funerali del re, anche se secondo il mio punto di vista i funerali riprodotti non sono quelli di Akhenaton, ma quelli di Nefertiti, divenuta coreggènte del marito con il nome Ankheperura Smenkhara, così facendo, dopo la sua morte, Akhenaton assimilò il nome della moglie (Smenkhara) al proprio, ed ecco perché questo nome viene reso al maschile o al femminile. Inoltre il Dr. Barry Kemp ha recentemente ritrovato un anello in cui sono stati incisi i nomi di Tutankhamon, Akhenaton e Smenkhara, forse altra prova a sostegno della mia ipotesi. Di conseguenza, è possibile ipotizzare, che Akhenaton abbia voluto far rappresentare gli avvenimenti più importanti del suo regno nella propria tomba, come vedremo anche più avanti. Almeno questo aspetto, insomma, sembra essere stato chiarito: il faraone "eretico" fu inumato prima a Tell el Amarna, e in seguito trasferito altrove. Nonostante il pessimo stato di conservazione, la tomba di Akhenaton lascia ancora intravedere alcune tracce dell’antico splendore e, in particolare, della bellezza originaria dei bassorilievi. Poco più in là, due sale contigue ospitano le sepolture di tre delle figlie del faraone: nella sala “alfa”, decorata con scene di adorazione del disco solare e di disperazione davanti al corpo esanime della principessa, giacquero probabilmente le spoglie di Neferneferura e Setepenra; la sala “gamma”, invece, doveva essere la camera funeraria di Makhetaton. Quest’ultima era la figlia prediletta del faraone e le dimensioni contenute della stanza sembrano suggerire che la sua fu una morte precoce.

L'altra tomba di Amenhotep IV?
Nella Valle Ovest a Tebe, alle spalle della Valle dei Re, esiste una sepoltura controversa: la WV23, convenzionalmente associata al faraone Ay, che tuttavia suscita diversi interrogativi. Personalmente reputo che tale tomba venne dapprima iniziata da Akhenaton quando era ancora a Tebe e portava il nome di Amenhotep e poi utilizzata come ultima dimora per Ay. Di fatti, così come suo padre (WV22), è possibile che lui abbia deciso di farsi costruire una prima sepoltura in questa zona della valle, per poi abbandonarla una volta arrivato ad Amarna; e succesivamente Horemheb, una volta salito al trono, preoccupandosi della propria sepoltura, abbia deciso di adagiarci i resti del suo predecessore: Ay. Si spiegherebbe così anche l'accanimento sui cartigli reali delle figure rappresentate all'interno della tomba, fattore che non avrebbe senso altrimenti. Tutto questo resta comunque ipotetico.



Diamo la parola a un collega...
Il Dr.Biagini è un esperto del periodo amarniano, al quale ha dedicato vent'anni di ricerche, ecco le sue personali impressioni:

"Di certo non si può negare il fatto che stiamo parlando di uno dei faraoni più importati della millenaria storia Egizia, e personalmente lo annovererei anche tra i più “interessanti” personaggi che hanno calcato questa terra (parafrasando Manzoni con Napoleone). L’uomo Akhenaton è divenuto lui stesso un archetipo sul quale poi la storia ha “costruito” altri personaggi più o meno leggendari. Non è certo un mistero che il periodo amarniano sia uno dei periodi storici più intriganti ed intricati, questo rende Akhenaton stesso più affascinante, più di quanto già non lo sia di per sé; trovo in questo caso che la psicologia dell’uomo Akhenaton o meglio, quello che di riflesso è giunto fino a noi, sia ancora più interessante di tutte le storie costruite sopra di lui e di tutte le leggende dalle quali si è voluto far discendere il monoteismo, l’ebraismo e per ultimo il cristianesimo stesso, tutto questo non fa altro che contribuire ad aumentare la pressione sulla sua storia e su quello che ha saputo e potuto realizzare in così poco tempo. Vista in questa ottica, sono stati 20 anni circa di regno.. se ci si pensa bene sono nulla in confronto a millenni di storia Egizia, ma 20 anni che di fatto hanno decisamente lasciato il segno. Detto questo, possiamo sicuramente affermare che dal punto di vista archeologico Akhenaton rappresenta uno dei più longevi filoni di ricerca storica e archeologica sia egizia che non. Molte sono le domande che la scienza si pone riguardo Akhenaton. E’ il suo scheletro quello ritrovato nel sarcofago sfigurato della KV55? Perché era lì? E Nefertiti che fine ha fatto? Cosa è successo in quei 20 anni? E ne potremmo fare molte altre, queste sono quelle che mi vengono per prime in mente. Personalmente penso (e preciso appunto che questo è un mio pensiero) che la mummia della KV55 sia effettivamente quello che resta del corpo di Akhenaton, così come quello è probabilmente il suo sarcofago. Il motivo per cui è stato portato a Tebe, si può ipotizzare che sia stato Tutankhamon (o chissà, lo stesso Ay) a far trasportare il sarcofago del re da Akhetaton a Tebe. Certo non deve essere stato un evento facile da digerire per gli Egizi, tanto da sfigurarne il sarcofago con il cartiglio intagliato nel legno. La questione Nefertiti è oggi di gran moda; Nicholas Reeves ha dato uno scossone al mondo egittologico, indicando che nella tomba di Tutankhamon siano presenti altre due stanze nascoste, da lui indicate come stanze contenente le spoglie di Nefertiti. Certo la suggestione è tanta! Sperare (e sognare direi) che dietro queste due pareti (che i radar hanno confermato nascondere sicuramente due pertugi) possa nascondersi l’ultima sepoltura della grande regina, non fa altro che accrescere la dimensione della suggestione che dà il periodo Amarniano. Se ancora oggi, a distanza di quasi 3.500 anni, il nome di quest’uomo suscita emozione, stupore e meraviglia, vuol dire che veramente lui, come pochi altri tra uomini e donne, hanno saputo vincere la morte e diventare eterni."

Conclusioni
Purtroppo sulla questione Akhenaton è impossibile trarre il filo del discorso, l'unica speranza è che l'archeologia ci regali con il tempo nuove prove e altre sfaccettature di questa intrigante personalità. Nonostante l'archeologia, noi archeologi al momento non possiamo fare altro che ipotizzare e confrontarci tra di noi, sperando di poter un giorno arrivare ad una conclusione. 

sabato 26 settembre 2015

L'enigmatica Nefertiti


La regina Nefertiti è probabilmente, dopo Cleopatra, la sovrana d'Egitto più famosa dei giorni nostri. La sua bellezza leggendaria ha destato notevole interesse fin da quando, nel 1912, l'esploratore tedesco Ludwig Borchardt  ritrovò un busto che la ritraeva all'interno di un laboratorio di scultura ad Amarna, odierno toponimo dell'antica capitale "eretica" Akhetaton. Questa straordinaria donna è vissuta in un periodo molto cruciale della storia egizia, fu moglie di un faraone rivoluzionario e forse, divenne faraone lei stessa.
Numerosi sono gli interrogativi che riguardano la sua figura: è stata sovrana d'Egitto? da dove arrivava? quando è morta? dov'è la sua tomba? e il suo corpo? Tuttavia quasi tutte queste domande non hanno ancora avuto una risposta, tutto ciò che noi storici possiamo fare è cercare di elaborare un ritratto fedele alle prove archeologiche emerse fino a questo momento.
Prima di parlare di lei, bisogna tuttavia fornire qualche strumento di comprensione al lettore non addentrato in certe argomentazioni. Quando parliamo di "eresia amarniana", ci riferiamo a quel periodo della storia egizia (Nuovo Regno - XVIII dinastia - circa 1348 a.C./1318 a.C.) in cui un re, conosciuto con il nome di Akhenaton decise di abbandonare in parte i vecchi culti religiosi e riplasmare una nuova forma di fede basandola su un dio di nome Aton, e quindi di porsi come unico tramite tra egli e gli uomini; abbandonando in essenzial modo il culto del dio Amon, che era ormai amministrato da un prevaricante e potentissimo clero tebano. Il faraone, salito a trono come Amenhotep IV, cambiò così il suo nome in Akhenaton e spostò la capitale del paese più a nord rispetto a Tebe. Il giovane re, ereditò da suo padre un Egitto che aveva già tutti i problemi che spesso, in modo superficiale, vengono attribuiti come unico frutto del suo regno. È per l'appunto rilevante sottolineare che i suddetti problemi intestini erano ormai evidenti anche nell'eredità lasciata da Thutmosi IV ad Amenhotep III, e che quest'ultimo tentò già durante il suo regno di ridimensionare lo strapotere dei sacerdoti di Tebe. Questa manovra politica culminò in un vero e proprio scisma, che divise il paese e sconvolse la vita di tutti quelli che vi presero parte, fra questi Nefertiti.
Nefertiti compare nelle rappresentazioni reali, o meglio, nel gruppo familiare di Akhenaton fino al quattordicesimo anno di regno del marito, dopodiché il suo nome scompare o forse cambia. Infatti, nello stesso periodo in cui non si hanno più tracce di lei in quanto regina, compare una nuova figura, forse coreggènte dello stesso faraone: Neferneferuaton Ankheperura. È possibile, al contrario da quanto ipotizzato da molti, che Nefertiti non sia morta, ma che semplicemente abbia assunto una carica più importante.
Che questo nuovo "re" potesse essere la regina Nefertiti, fu ipotizzato per la prima volta da Henri Gauthier nel 1912, poi da Campbell nel 1964 e infine da Nicholas Reeves in tempi più recenti. Infatti Gauthier affermò che: "il primo nome, e l'originale, del coreggènte di Akhenaton era Neferneferuaton, e... che l'adozione del nome alternativo Smenkhara fu una modifica posteriore".
Difatti, dopo la morte di Akhenaton, compare una nuova figura estremamente misteriosa, che da sempre desta numerosi quesiti: Smenkhara. Questo nome è stato associato a diversi personaggi dell'antico Egitto e a molteplici parentele; fratello o figlio di Akhenaton, padre di Tutankhamon o anche sorella dei due. E se in realtà l'enigmatico Smenkhara altri non era che la bella Nefertiti? Se così è stato, quando è iniziata la loro coreggenza?

Forse è possibile datarla nel dodicesimo anno di regno di Akhenaton grazie ad un rilievo ritrovato nella tomba di Huya e Meryra II ad Amarna.


In questo bassorilievo è possibile notare come il re e il suo coreggènte sembrino quasi essere uniti in un'unica entità, resa da una posizione quasi virtuale dei due regnanti, come se si volesse enfatizzare l'unicità del loro essere.
Questa prova però confermerebbe l'ipotesi della coreggenza tra i due sposi, mentre la verità sull'identità di Smenkhara resta ancora oggi una vera incognita. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che alla morte del re, Nefertiti, ormai coreggènte assodato, abbia ricambiato il proprio nome da Neferneferuaton Ankheperura ad Ankheperura Smenkhara. Altri egittologi invece hanno formulato una teoria secondo la quale egli/ella non fosse altro che la primogenita di Akhenaton: Merytaton. Tuttavia, nessuna ipotesi potrà mai essere veramente confermata in base alle prove ad oggi in nostro possesso. L'unica speranza per la risoluzione di questo puzzle resta come sempre l'archeologia, che forse, prima o poi, tirerà fuori nuovi reperti di quel lontano passato.
Se nulla di certo si sa della sua vita, in eguale misura, nulla di sicuro si può sapere sulla sua morte, sulla sua tomba o sulla sua mummia.

Nel 2003 l'archeologa inglese Joann Fletcher si convinse di aver ritrovato la mummia della regina, occultata dai sacerdoti egizi in un nascondiglio all'interno della tomba KV35 di Amenhotep II. La mummia in questione, soprannominata "The younger lady", risultò essere appartenuta ad una donna morta troppo giovane per essere la regina Nefertiti. Nondimeno, nel 2010, si è potuto appurare tramite il test del DNA, che la giovane dama altri non era che la madre del leggendario Tutankhamon. Tuttavia, la sua identità resta un mistero, molti ipotizzano che possa essere Kiya, seconda sposa di Akhenaton e che forse morì di parto.

martedì 14 luglio 2015

La stele del sogno di Thutmosi IV

"Oh, figlio mio Thutmosi! Io sono tuo padre Horakhty, Khepri, Ra, Atum". Coì parlò la Sfinge a un giovane principe, spingendolo a rimuovere la sabbia che la copriva, in cambio del trono. Egli regnò in Egitto con il nome di Thutmosi IV.


Il regno di Thutmosi IV (1412-1402 a.C.) fu breve, ma segnò un'epoca di pace per l'Egitto. Suo padre, Amnehotep II, lo aveva associato al trono anche se non era il primogenito. I due fratelli maggiori erano morti prima del padre e così il regno spettò al più giovane. Per consolidare il suo trono, i sacerdoti tebani del dio Amon elaborarono una serie di predizioni dell'oracolo, che lo legittimavano come faraone. Nonostante tutto, secondo una leggende, Thutmosi IV doveva il trono alla Sfinge di Giza. Un giorno, mentre era a caccia, si sedette alla sua ombra. A quell'epoca la Sfinge era coperta di sabbia. Il giovane fece un sogno in cui essa gli parlò: "Io ti porrò a capo del regno dei viventi; tu porterai la corona bianca e quella rossa sul trono di Geb, principe degli dei. (...) Ora la sabbia del deserto mi tormenta, quella sabbia che un tempo era sotto di me. Occupati di me, affinché tu possa realizzare tutto ciò che desidero. Io so che tu sei mio figlio e mio protettore". Così, Thutmosi fece rimuovere la sabbia e restaurare la Sfinge. Tra le sue zampe fece erigere una stele sulla quale si raccontava il sogno. In cambio la Sfinge, come rappresentazione del dio Harmakhuis, lo trasformò nel faraone Thutmosi IV.
Così come risultava nella stele della Sfinge di Giza, Thutmosi favorì il culto di Eliopoli. Tolse al sommo sacerdote di Amon la carica di visir e di ministro delle finanze, e per evitare che aumentasse il suo potere lo nominò lui stesso. In politica estera, soffocò una ribellione nella Nubia con l'aiuto di Amon, con cui parlò a Konosso. Non abbiamo notizie di campagne militari in Asia, anche se Thutmosi conquistò una fortezza siriaca dove si limitò a esercitare funzioni di polizia. Conosciamo i rapporti tesi con i vicini asiatici grazie alla corrispondenza cuneiforme con i Mitanni. Per rafforzare l'alleanza con quest'ultimi, fu combinato un matrimonio con Mutemuya, una figlia di Artatama I, quando Thutmosi era ancora principe. Da questa unione nacque il suo erede: Amenhotep III.

Di seguito riporto la traduzione della Stele del Sogno di Breasted:

  1. Anno I, terzo mese della prima stagione, giorno diciannove, sotto la maestà di Horo, toro possente che genera splendore, le due dee, duraturo nella sovranità come Atum, Horo d’oro, potente di spada, che respinge i nove archi, Re dell’alto e del basso Egitto, MenkheperwRa, figlio di Ra, Tothmosis, splendente nelle sue corone, amato da ……, da vita, stabilità, soddisfazione come Ra per l’eternità.
  2. Vita al dio degli dei, figlio di Atum, protettore di Horhaket, immagine vivente del Signore dell’universo, sovrano generato da Ra, eccellente erede di Khepri, bello di viso come suo padre, che uscì dotato della forma di Horo su di lui, un Re che… gli dei, che …. il favore dell’enneade degli dei, che purifica Eliopoli; 
  3. Che soddisfa Ra, che abbellisce Menfi, che presenta la verità ad Atum, che la offre a colui che è a sud del suo muro (Ptah), che fa un monumento per fare offerta giornaliera ad Horo, che fa tutte le cose cercando benefici per gli dei del sud e del nord, che costruisce le loro case in calcare, che da in dotazione tutte le loro offerte, figlio di Atum, del suo corpo Tothmosis, splendente nelle sue corone come Ra; 
  4. Erede di Horo sul suo trono, MenkheperwRa, da vita. Quando sua maestà era un giovanetto come Horo, la gioventù in Khemmis, la sua bellezza come il “protettore di suo padre”, egli appariva come il dio stesso. L’esercito si rallegrava per amore verso di lui, i figli del Re e tutti i dignitari. A quel tempo la sua forza era straripante, ed egli
  5. Ripeteva il circuito della sua potenza come il figlio di Nut. Guarda! Egli fece una cosa che gli diede piacere sugli altipiani del distretto di Menfi, sulle sue strade del sud e del nord, tirando a bersaglio con frecce di rame, cacciando leoni e capre selvagge, correndo sul suo carro, essendo il suo cavallo più rapido
  6. del vento, insieme con due del suo seguito, mentre non una persona lo conosceva. Ora, quando venne l’ora di far riposare i suoi accompagnatori, era sempre sulla spalla di Harmakhis, accanto a Soqar in Rosetau, Renutet in …. nei cieli, Nut… del settentrionale… la Signora del muro del sud, Sekhmet
  7. che presiede su Khas… lo splendido posto della prima volta del tempo, di fronte ai signori di Kherakha, la sacra strada degli dei verso la necropoli ad ovest di On (Eliopoli). Ora, la grandissima statua di Khepri (la grande Sfinge - la sfinge è una incarnazione del sole e khepri è il nome del solo che viene in esistenza) riposa in questo posto, la grande in valore, la splendida in forza, sulla quale l’ombra di Ra indugia. I quartieri di Menfi e tutte le città che sono presso di lui (si riferisce a Khepri) vengono a lui, levando le loro mani per lui in preghiera al suo viso, 
  8. Portando grandi oblazioni per il suo Ka. Uno di questi giorni venne ad accadere che il figlio del re, Tothmosis, giunse correndo all’ora del mezzogiorno, ed egli si riposò all’ombra di questo grande dio. Una visione del sonno si impadronì di lui nell’ora di quando il sole è allo zenith, 
  9. ed egli trovò la maestà di questo riverito dio che parla con la propria bocca, come un padre parla con suo figlio, dicendo: Ascoltami! Guardami! Figlio mio Tothmosis. Io sono tuo padre, Horemhaket-Khepri-Ra-Atum, che darà a te il mio reame
  10. in terra alla testa dei viventi. Tu indosserai la corona bianca e la corona rossa sul trono di Geb, il principe ereditario. Il Paese sarà tuo nella sua lunghezza e larghezza, su quello che l’occhio del signore dell’universo risplende. Il cibo delle due terre sarà tuo, il grande tributo di tutti i paesi, la durata di un lungo periodo di anni. Il mio viso è tuo, il mio desiderio è verso di te. Tu dovrai essere verso di me un protettore
  11. per il mio stato che è di essere sofferente in tutte le mie membra… la sabbia di questo deserto sul quale io sono, mi ha raggiunto, datti da fare per me, in modo che sia fatto ciò che io ho desiderato, sapendo che tu sei mio figlio, il mio protettore, vieni qui, guarda, io sono con te, io sono
  12. la tua guida. Quando ebbe finito questo discorso, questo figlio di re si risvegliò udendo questo…; egli capi le parole di questo dio, ed egli tacque nel suo cuore. Egli disse: “Venite, affrettiamoci alla nostra casa nella città, saranno garantite le oblazioni per questo dio
  13. che noi portiamo per lui: bovini… ed ogni sorta di vegetali freschi, e noi adoreremo Uennefer… Khafra, la statua fatta per Atum Horemhakhet....
Purtroppo il testo leggibile finisce qui, ci sono ancora alcuni frammenti di righe successive, fino alla 19, ma si leggono solo poche parole sparse relative ad ulteriori offerte.



venerdì 12 settembre 2014

L'origine divina di Hatshepsut

Per governare sull'Egitto come faraone, Hatshepsut dovette proclamare la sua legittimità dinastica, un'operazione che poté compiere grazie al supporto dei sacerdoti di Amon. Con il proposito di affermare i suoi diritti, la regina fece incidere dei rilievi con la storia della sua origine divina sulle pareti dei portici colonnati del tempio funerario di Deir el-Bahari, dedicato ad Amon, alla dea Hathor e al culto del ka o " forza generatrice di vita " di Hatshepsut e di suo padre Thutmosi I. Le scene si svolgono su un muro della seconda terrazza del tempio e illustrano la teogamia, cioè l'unione sacra tra il dio Amon, con le sembianze di Thutmosis I, e la regina Iahmes. In seguito a questa unione sarebbe stata quindi concepita Hatshepsut, la divina figlia di Amon.



  1. Khnum, il vasaio divino, ha ricevuto dal dio Amon l'ordine di modellare Hatshepsut: " Vai a modellare lei e il suo ka. Modella questa figlia mia che ho generato ".
  2. Il dio Khnum, con l'aiuto della dea rana Heket, che presiede i parti e protegge le nascite, modella sul suo tornio di vasaio Hatshepsut, erede di Amon, e il suo ka.
  3. Thot, il dio lunare della sapienza, viene inviato da Amon per annunciare alla regina Iahmes, moglie del faraone Thutmosis I, che darà alla luce un erede divino.
  4. La dea utero Meskhenet, la dea ippopotamo Tueris e il dio nano Bes assistono la regina Iahmes durante il parto.
  5. Amon riceve da Thot Hatshepsut e il suo ka ed esclama: " Gloriosa parte di me, re che prende sempre le Due Terre sul trono di Horus ".
  6. Hatshepsut, rappresentata come un bambino, viene accolta tra le braccia di suo padre Amon, che la riconosce come sua erede e conferma il suo diritto a regnare.
  7. La regina Iahmes tiene in braccio sua figlia mentre due nutrici divine allattano due dei suoi ka. Dodici geni benefici sostengono ognuno dei ka della piccola Hatshepsut.
  8. Il genio dell'inondazione tiene in braccio Hatshepsut e il suo ka, seguito dal genio del latte. Entrambi la presentano al padre Amon, al cospetto di testimoni divini.



lunedì 18 agosto 2014

La scoperta dei sarcofagi di Tutankhamon

"Il coperchio del sarcofago tremò e incominciò a sollevarsi, lentamente e con qualche incertezza si aprì. All'inizio vedemmo solo una stretta fessura nera. Poi, gradualmente, fummo in grado di discernere frammenti di granito che erano caduti dalla frattura del coperchio. Essi ricoprivano un sudario che lasciava intravedere una forma indistinta... ".
James Henry Breasted

Il sarcofago esterno (1)
Quando il coperchio fu completamente rimosso si poté vedere la figura del re morto avvolta nel sudario. I presenti si lasciarono sfuggire un grido di meraviglia quando i due lenzuoli di lino furono sollevati e apparve un magnifico sarcofago mummiforme la cui superficie d'oro brillava alla luce della lampada di Burton. La sua forma suggeriva che c'erano altri sarcofagi dello stesso tipo, uno dentro l'altro come bambole russe. Ma gli archeologi dovettero pazientare; i lavori di conservazione per gli oggetti ritrovati precedentemente avrebbero rimandato l'apertura dei sarcofagi di un anno e mezzo.
Il sarcofago esterno, lungo 2,24 m, con il capo rivolto a ovest, riposava su un basso cataletto di forma leonina ancora intatto nonostante il peso di oltre una tonnellata che sosteneva da più di 3200 anni. In fondo al sarcofago si trovavano frammenti di pietra caduti dal coperchio durante la sepoltura, provocati dai rozzi tentativi fatti dai costruttori di rimediare ad un errore di misura e per adattare il coperchio al sarcofago. Dai frammenti si concluse che la struttura del sarcofago era di cipresso, modellato a rilievo e ricoperto da un sottile strato di stucco a sua volta ricoperto da una lamina d'oro.
Lo spessore della lamina variava: maggiore per il viso e le mani e finissimo per il curioso copricapo khat. Si notarono anche variazione di colore: il viso e le mani erano più pallide, dando, come disse Carter, "l'impressione del grigiore della morte".
Le superfici del coperchio e della base erano decorate con disegni rishi, ovvero a forma di piuma, a bassorilievo. Al di sopra delle decorazioni, sui lati destro e sinistro, si trovano le figure finemente modellate di Iside e Nefti con le ali aperte, il cui abbraccio protettivo si estendeva fino a una delle due file di geroglifici che scorrevano verticalmente sul coperchio. Al di sotto del piede si trovava un'altra immagine della dea Iside, inginocchiata sul geroglifico nub, "oro". Sotto di essa c'erano dieci colonne di testo. 
Il coperchio era stato modellato con un'immagine ad altorilievo del re rappresentato come Osiride, con un ampio collare e braccialetti a bassorilievo; le braccia erano incrociate sul petto e tenevano i simboli regali: lo scettro nella mano sinistra e il flabello nella destra. Sulla fronte del re si ergevano le "Due Signore", Uadjet e Nekhbet; il cobra divino del Basso Egitto e la dea avvoltoio dell'Alto Egitto. Una piccola ghirlanda di foglie di olivo e fiori circondava la coppia ed era legata a una stretta striscia di midollo di papiro. 


Il secondo sarcofago (2)
Il disegno originale del sarcofago più esterno includeva quattro maniglie d'argento - due per lato - usate per metterlo in posizione. Ora, il 13 Ottobre 1925, tre millenni dopo, le stesse maniglie servivano per sollevarlo. Secondo Carter, "fu un momento di ansia ed eccitazione"; ma il coperchio venne sollevato senza difficoltà e mostrò il secondo sarcofago antropomorfo. Anche qui ricopriva il sarcofago un sudario di lino, a sua volta nascosto da ghirlande di fiori simili a quelle trovate da Davis nel Pozzo 54 (le quali fecero credere all'avventuriero di aver trovato la tomba di Tutankhamon). Intorno alle divinità protettrici sulla fronte del faraone, sopra il sudario, c'era una piccola ghirlanda di foglie d'olivo, petali di loto blu e fiordalisi.
Prima di sollevare il drappo di lino, Carter e compagni decisero di rimuovere dal sarcofago la parte inferiore e il contenuto della bara esterna. La fragilità della superficie di stucco e smalto rendeva necessario evitare di toccarla per quanto possibile: si usarono spilli di metallo per allargare i tenoni della barra esterna e si procedette con le carrucole. Si trattò, come ricorda Carter, di "un lavoro difficile"; ma non ci furono incidenti e il sarcofago venne deposto su cavalletti.
Il secondo sarcofago, lungo 2,04 m, si rivelò ancora più incredibile del primo. Costruito in un legno non ancora identificato, era anch'esso ricoperto da una lamina d'oro. Le decorazioni a intarsio, rovinate dall'umidità, erano più vaste di quelle trovate sul precedente. I dettagli come le strisce del copricapo - nemes, le sopracciglia, le linee del trucco e la barba erano intarsi di vetro blu - lapislazzuli. La figura di serpente sulla fronte del re era di legno dorato, con la testa di faïence blu e intarsi di vetro rosso, blu e turchese; anche la testa dell'avvoltoio trovata sul primo sarcofago, aveva un becco di legno nero probabilmente ebano) e gli occhi di ossidiana. I simboli regali, scettro e flabello, erano intarsiati con vetro blu - lapislazzuli e turchese e con faïence blu.
Circondava il collo del re un ampio collare a "forma di falco" su cui spiccavano gemme di vetro rosso, blu e turchese; ai polsi c'erano braccialetti simili al collare. L'intera superficie del corpo era decorata con motivi rishi, ma, a differenza dei decori sul sarcofago esterno, le piume erano qui impreziosite da vetro rosso - diaspro, blu - lapislazzuli e turchese. Al posto delle divinità Iside e Nefti, si trovavano le divinità alate Nekhbet e Uadjet: anche queste figure erano decorate da intarsi di vetro colorato. 





Il terzo sarcofago (3)
A differenza del sarcofago più esterno, il coperchio del secondo non era provvisto di maniglie; inoltre, la rimozione fu resa più difficile del fatto che i 10 chiodi d'argento con la testa d'oro che trattenevano il coperchio non poterono essere tolti mentre esso si trovava all'interno. Carter affrontò il problema con il sangue freddo che riservava a tutto ciò che era egizio. I chiodi furono allentati abbastanza per permettere di attaccarvi un "robusto cavo di rame"; "robusti occhielli di metallo" furono inseriti nel margine del sarcofago esterno, quindi si procedette ad abbassare il sarcofago esterno, mentre quello interno restava sospeso. Lo stesso procedimento fu usato per rimuovere il coperchio del secondo: si inserirono occhielli in quattro punti mentre i chiodi d'argento stavano al posto dei 10 tenoni d'argento rimossi, e il coperchio venne sollevato facilmente. 
L'apertura del coperchio rivelò un terzo sarcofago antropomorfo: al di sopra del copricapo - nemes c'era un lenzuolo di lino, mentre il corpo era ricoperto da un sudario di lino rosso ripiegato tre volte. Il viso era scoperto, il petto decorato con un largo collare estremamente fragile composto di grani di vetro blu, foglie, fiori, bacche e frutti (incluso il Punica granatum - melograno - e il Salix) cuciti su una base di papiro. 


"Mr. Burton fece subito delle fotografie. Poi, io rimossi il collare e il lino. Ci si rivelò un fatto straordinario. Il terzo sarcofago... era fatto d'oro puro! Il mistero dell'enorme peso, che ci aveva fino ad allora assillati, era ormai chiaro. Si spiegava anche perché il peso era così poco diminuito dopo la rimozione del primo sarcofago e del coperchio del secondo. Pesava ancora quanto otto uomini robusti potevano sollevare."

Inizialmente, però, l'aspetto del sarcofago in metallo era tutt'altro che lucente. Era stato ricoperto "da uno strato nero simile a pece che si stendeva dalle mani alle caviglie". Carter calcolò che almeno due secchi di questo liquido di unzione sacra erano stati versati sul sarcofago riempiendo l'intero spazio tra esso e la base del secondo, incollandoli bene insieme. 


Fu alquanto difficile rimuovere questo strato resinoso:

"Questo materiale simile a pece, indurito nei secoli, dovette essere rimosso col martello, i solventi e il calore, mentre le parti dei sarcofagi venivano distaccate l'una dall'altra col calore e il resto veniva temporaneamente protetto contro l'elevata temperatura da barriere di zinco; la temperatura era di parecchie centinaia di gradi Fahrenheit. Quando il sarcofago più interno fu distaccato, ci volle ancora molto tempo prima che il materiale resinoso fosse completamente rimosso."


Il sarcofago misura 1,88 m; lo spessore del metallo, ricavato da pesanti lamine d'oro, varia da 0,25 a 0,3 cm. Nel 1929, quando esso fu pesato, risultò di 110,4 kg; il suo valore minimo sarebbe oggi di circa 1 milione e 300 mila euro, o di poco più di un milione di sterline inglesi. 
L'immagine di Tutankhamon su questo sarcofago sembra quasi eterea a causa della decomposizione dell'alabastro bianco degli occhi. Le pupille sono di ossidiana, le sopracciglia e le linee del trucco sono di vetro color lapislazzuli. La barba, posticcia e attaccata al mento, è intarsiata con vetro dello stesso colore delle linee degli occhi. Il copricapo è nemes, ma qui, a differenza che nel secondo, le pieghe sono in rilievo anziché indicate da intarsi di vetro colorato. Stati di lamine d'oro nascondevano il fatto che il lobo delle orecchie era bucato, dimostrando che la tradizione di portare orecchini per i maschi era abbandonata nella pubertà. 
Sul colo erano state poste due pesanti collane di grani a forma di disco, fatti d'oro rosso e giallo e di faïence blu, legati da quella che sembrava erba tenuta insieme da un filo di lino. Ad ogni capo delle collane c'erano fiori di loto decorati con cornalina, vetro turchese e lapislazzuli. Sotto le collane si trovava il collare a forma di falco, anch'esso separato dal coperchio, intarsiato con undici file di lapislazzuli, quarzo, cornalina, feldspato e vetro turchese a forma di grani tubolari e sul bordo esterno una fila di grani a forma di gocce. 
Anche in questo sarcofago le braccia del re sono incrociate sul petto, con braccialetti simili al collare. Lo scettro e il flabello sono ricoperti di lamine d'oro e decorati con faïence blu, vetro policromo e cornalina. Parte della decorazione del manico del flabello è rovinata a causa della resina nera con cui la bara è stata ricoperta. 
Al di sotto delle mani, le divinità Nekhbet e Uadjet, modellate in oro e decorate con quarzo e vetro color lapislazzuli e turchese, allargano le ali protettive sulla parte superiore del corpo reale. Il coperchio e la base del sarcofago sono decorati anche con immagini delle dee Iside e Nefti su uno sfondo di rishi a protezione del lato destro e sinistro della parte inferiore del corpo. Due colonne verticali di testo sono incise sul coperchio dall'ombelico ai piedi, con la solita figura di Iside inginocchiata sul geroglifico nub, "oro", incisa sulle pianta di piedi. 



Il coperchio di questo sarcofago possedeva maniglie ed era attaccato alla sua base da otto lingue d'oro, quattro per lato, che entravano in cavità predisposte ed erano assicurate da chiodi d'oro. Poiché c'era poco spazio tra i due sarcofagi, i chiodi dovettero essere rimossi uno a uno; infine, il coperchio fu sollevato e la mummia del re scoperta.

"Aprimmo i loro sarcofagi e le loro casse e trovammo la nobile mummia di questo re munita di scimitarra; 
aveva al collo un gran numero di amuleti e gioielli d'oro, e il suo elmo d'oro sopra di lui... "
Brano dalla confessione di un antico tombarolo


"Davanti a noi occupava tutto lo spazio del sarcofago d'oro un'impressionante, bellissima e ben fatta mummia, sulla quale erano stati versati in gran quantità unguenti che si erano solidificati nel tempo. Contrastava col colore scuro degli unguenti una magnifica, si potrebbe dire superba, maschera d'oro brunito a immagine del re, che copriva la testa e le spalle della mummia e, come i piedi, era stata intenzionalmente risparmiata dagli unguenti". 
Howard Carter


Il mio nuovo libro: Immortali - Le mummie di uomini e donne dell'antico Egitto.

 Con questo post voglio inaugurare il nuovo blog. Ormai è passato circa un anno dal mio ultimo post ed è arrivato il momento per me di torna...