Situata sulla riva
destra del Nilo, la necropoli di Beni Hassan conserva uno dei monumenti più
preziosi dell'antico Egitto: trentanove tombe scavate in una falesia calcarea,
a una ventina di metri sul livello del fiume. Alcune di esse appartenevano ai
governatori della provincia dell'Orice, XVI "nomo" dell'Alto Egitto.
Come tutte le città
egizie dell'epoca dei faraoni, Beni Hassan fu costruita lungo il Nilo, sulla
riva orientale: si trova a circa 270 chilometri a su del Cairo, e fu la
capitale della provincia dell'Orice durante tutto il Medio Regno. Il sito
archeologico che domina la vallata ospita un complesso funerario scavato nella
falesia. In questi luoghi sostò nel 1822 l'egittologo francese Jean-François
Champollion: vi ritrovò numerosi affreschi, purtroppo in pessimo stato di
conservazione.
La
necropoli dei governatori
Come sappiamo, gli
antichi egizi attribuivano quasi più importanza alla vita dopo la morta che non
all'esistenza terrena. Per le concezioni religiose dell'epoca, vivere
significava prima di tutto prepararsi ad accedere nell'aldilà. Anche per questo,
gli uomini cercavano di lasciare di sé il miglior ricordo possibile,
predisponendo sepolture adeguate al proprio rango. La tomba era per loro la
"casa per l'eternità", e dunque doveva essere allestita in modo che
il defunto si sentisse come nella propria abitazione. Chiaramente, i membri
delle classi più abbienti erano più avvantaggiati in questo senso. Le sepolture
di Beni Hassan, per esempio, sono veri e propri "palazzi" fatti
costruire dai governatori locali, i "nomarchi": si tratta di almeno
trentanove tombe, disposte lungo il fianco scosceso della falesia, a strapiombo
sul villaggio. Uno dei nomarchi qui sepolti è Khnumhotep: morì intorno al 1990
a.C., dopo aver amministrato la provincia dell'Orice per molti anni;
nell'esercizio del potere locale si era dimostrato un fedele servitore dei
faraoni Amenemhat II e Sesostri II, sovrani della XII dinastia. Nella tomba che
si era fatto preparare lo attendevano meravigliosi tesori, tra quei gioielli e
altri preziosi che furono poi in gran parte trafugati; mi si trovavano anche
mobili, stoffe, armi, cibo e bevande, cioè tutto quanto era necessario per
affrontare la nuova vita nelle migliori condizioni possibili. Ricordiamo,
infatti, che per gli antichi egizi la morte non poneva fine alla esistenza
terrena. Si pensava invece che ogni essere vivente umano animale possedesse due
anime: il ka, la forza vitale che caratterizza l'individuo e che dopo la morte
torna nel mondo degli dei, e il ba, che in certe circostanze può rimanere
legato alla terra. Proprio per questa ragione, le tombe erano sempre tenute in
perfette condizioni e il defunto veniva commemorato una volta al giorno: si
temeva, infatti, che il morto potesse lamentarsi con gli dei per essere stato
trascurato, abbandonando e maledicendo la sua dimora.
Le
tombe di Beni Hassan e il rispetto della tradizione
In base alle
tradizionali credenze egizie, la tomba non serviva solo a soddisfare le
esigenze della persona che vi veniva sepolta. Questa, infatti, divideva
l'ambiente funebre con i vivi, che vi si recavano regolarmente per rendere
omaggio al defunto. La zona riservata al culto, quindi, poteva essere
costituita da ampie sale sotterranee, sorrette da colonne e ricoperte da
affreschi dei colori vivaci; altari per l'offerte erano collocati davanti alla
piccola nicchia che racchiudeva l'effige del defunto, e vi era sempre
dell'incenso che bruciava. In altre tombe la struttura era più tradizionale e
seguiva i canoni dell'architettura funeraria delle "mastaba"
dell'Antico Regno. Queste si componevano di una cappella a volta in cui
sacerdote officiava i riti funebri. Nella parte posteriore, ben nascosta e inaccessibile,
si trovava una piccola stanza, il serdab, con una statua che rappresentava il
ba del defunto. Una falsa porta munita di uno spioncino permetteva al morto di
rimanere in contatto con il mondo dei vivi e di servirsi delle offerte. La
parte più segreta della tomba, anch'essa ovviamente inaccessibile, custodiva la
salma, trasformata nell'immagine di Osiride: vi si accedeva tramite un pozzo
funerario abilmente dissimulato, che portava alla sala sotterranea contenente
il sarcofago. A differenza di quanto previsto dal modello classico di sepoltura
che fiorirà qualche secolo più tardi, la necropoli di Beni Hassan fu eretta in
modo che l'ingresso fosse rivolto a ovest. Secondo le antiche credenze,
infatti, la nuova vita del morto cominciava quando egli girava il volto verso
il tramonto: con il termine "Amenti", infatti, si indicava sia
l'occidente che la dimora dei defunto. Tuttavia, la gran parte dei sepolcri è
orientata verso est, nella direzione del sole che sorge e, dunque,
dell'immortalità. D'altra parte, più importante della direzione simbolica era
quella astronomica che legava il defunto alle stelle: a questo proposito, già
la mitologia egizia parlava di ascesa del corpo verso il cielo; a quest'idea
era collegata la forma delle piramidi, come pure quella del pozzo verticale
delle mastaba e delle cappelle funebri del Nuovo Regno: anche la forma
architettonica dell'ultima dimora, insomma, doveva agevolare il cammino verso
il cielo.
Decorazioni
classiche
Gli affreschi delle
tombe di Beni Hassan sono di stile classico e raffigurano scene di vita
quotidiana all'epoca di Khnumhotep: si riconosco, tra l'altro, contadini impegnati
nel lavoro dei campi, battute di pesca e di caccia nelle paludi, artigiani nei
loro laboratori, un uomo che sorregge una sorta di boomerang, un altro che suona
la lira, giovani atleti impegnati negli esercizi fisici e fanciulle che
danzano. Nell'insieme, tutte queste scene restituiscono con molto realismo la
vita della popolazione egizia nel periodo del Medio Regno. Champollion
individuò anche delle immagini che ritraevano popolazioni nomadi dell'Asia.
Rispetto ai temi tradizionali del periodo precedente, sembra esservi stata una
certa evoluzione. Le scene sono distribuite lungo tutte le pareti: oltre a
quelle che riprendono i diversi aspetti della civiltà del tempo, ve ne sono
altre che raffigurano i riti funebri e le offerte riservate al defunto per
garantirgli la sussistenza nell'aldilà; altri affreschi a tema mitologico,
invece, sono accompagnati da formule che servivano a proteggere il morto
durante il lungo viaggio nell'oltretomba. Sembrano scomparse le scene di
guerra, indice forse di un periodo di calma o anche del carattere poco bellico
del defunto. I primi re del Medio Regno, infatti, si erano prefissi di
ricondurre l'Egitto verso l'ordine primordiale della creazione, dopo la
travagliata fase del Primo Periodo Intermedio. Alcuni geroglifici incisi e
dipinti sulle pareti fanno riferimento ai primi faraoni della XII dinastia:
questi arrivarono nella regione per delimitare con precisione i confini tra la
quindicesima e la sedicesima provincia "con la precisione del cielo",
cioè seguendo la direttiva degli dei, per riprendere il controllo del paese.
A
Beni Hassan non riposano solo notabili
Le tombe dei
governatori locali sono certamente le più sontuose tra quelle ritrovate a Beni
Hassan, ma non sono le uniche ad essere state studiate dagli archeologi. La
maggior parte delle sepolture locali, infatti, apparteneva a membri del ceto
medio e anche a persone di modesta condizione. Tra la necropoli "popolare"
e le tombe dei notabili vi sono evidenti differenze, sia nelle dimensioni sia
per il valore degli oggetti contenuti. Non a caso, le seconde sono rimaste
indenni ai saccheggi: interessanti per gli studiosi delle antiche civiltà, lo
erano certamente di meno per i ladri!
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