Leoni e leonesse popolarono il pantheon egizio fin dai tempi più antichi, a volte si trattava di celebri divinità, come Sekhmet o Tefnut, in altri casi erano dei o dee meno noti, talvolta di origine straniera. Tracce di queste divinità minori rimangono comunque nei reperti archeologici.
Fin dalla più remota antichità, i faraoni e i loro sudditi adorarono il leone (Panthera Leo), anche a seguito di influenze provenienti dai popoli confinanti, soprattutto quelli a ovest e a sud. Non sorprende, quindi, che molte divinità leonine popolassero il pantheon egizio: insieme a quelle legate ai tori e alle vacche, erano tra le più numerose. Oggi, i leoni sono scomparsi dall'Egitto, ma le decorazioni dei templi e le bacheche dei musei sono piene di magnifiche rappresentazioni di questi animali divinizzati.
Mekhit, sole e luna
Una figura leonina non molto nota è quella della dea Mekhit (o Mehit). Gli egizi la consideravano come la "paredra" (il corrispettivo femminile) di Onuris, e la raffiguravano con il disco solare sul capo e con l'ureo sulla fronte. Si trattava quindi di un'ennesima incarnazione dell'occhio di Ra, da questi inviata a vendicarsi degli uomini massacrandoli. Fu proprio Onuris, in qualità di grande cacciatore, a riportare la dea a più miti consigli, con la collaborazione di Thot e di Shu. Benché collegata ai miti del sole, Mekhit veniva associata anche alla luna. Per il resto, non si sa molto sul suo conto, se non che era venerata insieme a Onuris nei santuari di This, Lepidotonpolis e Sebennito. Una rara immagine della dea è conservata al Museo di Budapest: un piccolo bronzo di Epoca Tarda.
Gli "occhi di Ra"
Tra le divinità collegate al mito dell'occhio di Ra, le più celebri sono senza dubbio le leonesse Sekhmet e Tefnut. A queste (e a Mekhit) bisogna aggiungere Menhyt, che non aveva relazioni con Onuris era venerata a Edfu, nell'Alto Egitto. Stando ai Testi dei Sarcofagi, questa dea era nota anche nel Nord del paese, perché associata a Uadjet, la dea serpente di Buto, nonché protettrice del Basso Egitto.
Di altre dee ci sono giunte scarsissime testimonianze, nonostante il loro culto fosse collegato agli stessi miti delle altre leonesse. È il cado di Mestjet, di cui si è trovata traccia in una sola stele datata alla XXI dinastia e scoperta ad Abydos: raffigura una donna e sua figlia nell'atto di presentare un'offerta alla dea leonessa.
Pakhet, la cacciatrice
Il fatto che molte divinità non abbiano lasciato particolari tracce di sé nell'arte egizia non significa necessariamente che gli egizi non le adorassero diffusamente. A volte, anzi, si tratta di entità divine che all'epoca erano molto più note di quanto si possa pensare. È il caso, per esempio, di Pakhet, una dea cacciatrice che i greci assimilarono alla loro Artemide (Diana per i romani). Anche Pakhet era una feroce leonessa: il suo nome significava "Colei che sfregia" o anche "Colei che terrorizza". I Testi dei Sarcofagi la descrivono come una creatura notturna, i cui artigli affilati potevano colpire il nemico in qualsiasi momento. Proprio perché ispirava terrore (soprattutto ai nemici dell'Egitto), era oggetto di una profonda venerazione. In alcuni casi, veniva associata a certe forme di Horus, divenendone la sposa. I principali luoghi di culto a lei dedicati si trovano a Beni Hassan, sua città d'origine, dove sorgeva il famoso Speos Artemidos, tempio voluto dal faraone Hatshepsut, che era, così come Thutmosis III, molto legata al culto della dea.
Leoni venuti dall'Africa
Alle divinità propriamente egizie, bisogna aggiungere altri leoni e leonesse probabilmente originari di altri paesi. Tra questi, vi era il leone Apedemak, dio della guerra, raffigurato su dei bassorilievi del tempio di Musawarat El-Sufra, in Nubia. Ad Apedemak e a Mahes (leggere articolo), si aggiunge poi l'oscuro Tutu, venerato durante il periodo greco-romano. Chiamato "colui che tiene a distanza il nemico". Tutu proteggeva dai demoni. Il suo aspetto suscitava molta paura, poiché Tutu derivava allo stesso tempo dall'uomo, dal leone, da un rapace e da un serpente.