Abbiamo già accennato che la grafia di una parola egizia era costituita da una parte fonetica, espressa da segni che corrispondevano a suoni, e da una parte cosidetta semantica, rappresentata da un geroglifico, posto al termine della parola stessa, che non si leggeva ma che aveva il compito di determinare l'ambito in cui quella parola andava inquadrata. Questo geroglifico viene chiamato appunto ''determinativo''. E' importante ricordare che quando i geroglifici fungono da determinativi, la loro posizione è sempre alla fine della parola. Facciamo un esempio.Qui a sinistra troviamo una parola formata da due segni unilitteri, la BASE DI VASO che si legge G e la BOCCA, che si legge R. Il geroglificoraffigurante un uomo seduto che si tappa la bocca non si legge ma sta a significare che la parola che lo precede avrà attinenza con azioni che implicano l'uso della bocca(come mangiare, bere, parlare)ivi compresi i processi mentali che con essa si esprimono. La parola che abbiamo visto si leggerà dunque GER e significa ''tacere''. Nel caso in cui la parola sia formata, invece che da segni fonetici, da un ideogramma, il determinativo è costituito da un tratto verticale, chiamato diatrico.Qui a destra vediamo come esempio l'ideogramma della STELLA, che si legge SEBA, seguito dal suo silenzioso determinativo.
Vediamo ora alcuni esempi di determinativi.
venerdì 30 aprile 2010
mercoledì 28 aprile 2010
Introduzione ad Hatshepsut
Figlia maggiore del re Thutmosis I, sposata al fratellastro Thutmosis II e tutrice del giovane fratellastro-nipote Thutmosis III, Hatshepsut (a sinistra, ricostruzione del viso della regina) riuscì in un modo o nell'altro a sfidare la tradizione e a installarsi saldamente sul trono divino dei faraoni. Fu l'unica presenza femminile nella storia ad essere rappresentata, sia come donna che come uomo, vestita con abiti maschili, dotata di accessori maschili e addirittura della barba finta tradizionalmente esibita dai faraoni. Nonostante durante il suo regnò l'Egitto prosperasse, dopo la sua morte, si cercò con ogni mezzo di cancellare il suo nome e la sua immagine. I monumenti di Hatshepsut furono abbattuti o usurpati da altri, i ritratti distrutti e il nome cancellato dalla storia e dall'elenco ufficiale dei re egizi. Ma qualcosa rimase: Manetone, menzionò un faraone donna, di nome Amense o Amensis, come quinto sovrano della XVIII dinastia. La regina Hatshepsut è il monarca di sesso femminile più famoso che l'Egitto abbia mai avuto in tutto il corso della sua storia. Infatti, al contrario di come comunemente si crede, non fu l'unica donna che riuscì a governare l’Egitto. Per decenni questa regina è stata definita come l'usurpatrice di un ruolo completamente maschile e quindi la sua presa del potere viene interpretata come un atto che contrasta fortemente con lo status quo. Studi recenti ha però dimostrato che uno degli elementi chiave nei successi di Hatshepsut fu sicuramente lo sviluppo del ruolo della regina durante la seconda metà della XVII dinastia. Hatshepsut era cresciuta nel palazzo del re, dove era stata educata dagli scribi di corte. In quel periodo il palazzo del re si trovava a fianco dell'entrata nord del tempio di Amon a Karnak, dove oggi c’è il colonnato fatto costruire da Tarharka nel cortile di Rameses II. Durante la sua gioventù Hatshepsut dovette vedere la morte dei suoi due fratelli Ahmose and Wadjmose, e della sorella, Neferubity, anche se non abbiamo nessuna informazione sulle cause di queste morti. Potrebbe essere dopo questi decessi che Thutmosi I presentò sua figlia Hatshepsut alla corte e ne fece la sua erede, come attesta una sua iscrizione che si trova nel suo tempio funerario di Deir el Bahari. Poi sua maestà (Thutmosi I) disse a loro: "Questa è mia figlia, Khnumetamon Hatshepsut - possa lei vivere! - Io ho scelto lei come successore per il mio trono...lei dirigerà il popolo in ogni parte del palazzo; lei vi guiderà. Obbedite alle sue parole, unitevi al suo comando." I nobili reali, i dignitari e i capi del popolo sentirono il proclama della promozione della sua figlia, il Re dell’Alto e del Basso Egitto, Maatkara - possa lei vivere in eterno!" Ma a questo punto, compare improvvisamente sulla scena un altro figlio del faraone, Thutmosi, che fino ad allora non era mai stato nominato nelle iscrizioni ufficiali di suo padre. E fu lui, non Hatshepsut a diventare faraone allo morte di Thutmosi I. Si può presumere che, per rinforzare i suoi diritti al trono, fu in questo periodo che si decise il suo matrimonio con la sorellastra, Hatshepsut, che doveva avere qualche anno più di lui. Si ipotizza che Hatshepsut lo sposò appena prima o forse addirittura durante la sua incoronazione, nell’anno 1, il secondo giorno del mese di Akhet. Dopo la morte di Thutmosi I il primo dovere del nuovo re e della sua energica sposa dovette essere la sepoltura del loro padre. Il nuovo faraone doveva essere molto giovane. Una statua del re, recentemente scoperta ad Elefantina lo rappresenta senza dubbio come un giovinetto, e il fatto che non sia mai nominato come principe durante i trent’anni del regno di suo padre, suggerisce che avesse molto meno dei trent’anni che Luc Gabolde gli attribuisce. Il visir Ineni ha lasciato scritto che egli salì al trono come un falco nell’uovo. La stessa espressione che venne in seguito usata sia da Thutmosi III che da Amenofi III, ed in entrambi i casi abbiamo la certezza della loro estrema giovinezza al momento di diventare faraoni. Un’altra indicazione, per quanto poco attendibile, sulla sua gioventù e sulla brevità del suo regno ci è data dal basso numero di eredi generati. L’unica figlia di Hatshepsut, la principessa Neferura, era ancora neonata quando sua madre diventò la reggente di Thutmosi III, che risulta essere l’unico figlio maschio di Thutmosi II e che era anch’egli solo un bambino quando salì al trono.
mercoledì 7 aprile 2010
Geroglifico: maschili e femminili
Nell'antica lingua egizia per trasformare un nome da maschile al femminile si aggiungeva una t ( raffigurata dal simbolo del pane, rappresentata come una collinetta).
Il primo gruppo di simboli si trascivono e si leggono SA e significano ''figlio''.
Il secondo gruppo di geroglifici si trascrivono e si leggono SAT e significano ''figlia''.
Il primo gruppo di geroglifici si leggono SHERI, si trascrivono con Srj e significano ''piccolo''.
Il secondo gruppo di geroglifici si leggono SHERIT, si trascrivono Srjt e significano ''piccola''.
Il primo gruppo di simboli si trascivono e si leggono SA e significano ''figlio''.
Il secondo gruppo di geroglifici si trascrivono e si leggono SAT e significano ''figlia''.
Il primo gruppo di geroglifici si leggono SHERI, si trascrivono con Srj e significano ''piccolo''.
Il secondo gruppo di geroglifici si leggono SHERIT, si trascrivono Srjt e significano ''piccola''.
giovedì 1 aprile 2010
I coni di profumo
Donne e uomini dedicavano particolare attenzione alla cura del corpo e della capigliatura. Utilizzavano un'infinità di prodotti che oggi ci sono famigliari, ma anche alcuni sorprendenti ''coni di profumo''.
I profumi e i cosmetici furono strettamente legati alla vita quotidiana degli egizi fin dai primi tempi della loro storia, come mostrano le tavolozze predinastiche per mescolare le pitture facciali. Uno dei prodotti utilizzati che più richiama la nostra attenzione è il cono di profumo. Preparato con un unguento grasso e profumato, il cono veniva posto sulla testa:con il calore del corpo, si scioglieva e profumava i capelli e i vestiti. Come mostrano i dipinti delle tombe, poteva apparire tanto sulle parrucche dei commensali presenti a un banchetto come sulla testa rasata di un sacerdote che officiava una cerimonia. La sua fabbricazione era collegata a quella dei profumi. Dopo aver estratto l'essenza profumata dalla pasta di piante aromatiche, resine e oli, la base grassa in eccedenza veniva conservata per essere poi utilizzata sotto forma di cono al momento opportuno.
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