Le triadi di Micerino, capolavori dell'Antico Regno, raggiungono un alto livello artistico e rappresentano l'affermazione di un canone nella scultura. Le opere, che dovevano far parte di un vasto complesso, conseguenza di un elaborato programma, mostrano anche la grandezza, il potere e l'essenza divina del sovrano. Le triadi furono trovate dall'egittologo statunitense Reisner a Giza, nel magazzino sud del tempio della valle del recinto funerario del sovrano. Sotto otto, di cui quattro ben conservate ed esposte oggi nei musei del Cairo e di New York. Sono lavorate in scisto e di grandezza inferiore a quella naturale. Il monarca occupa la parte centrale della triade, con la corona dell'Alto Egitto e la barba posticcia propria degli dei. Alla sua destra si trova Khamerernebti, che si identifica nella dea Hathor, con la pettinatura simmetrica e il disco solare tra le corna. Alla sua sinistra vi è una dea che personifica una delle province egizie e che è diversa in ognuno dei gruppi conosciuti. Le figure sono frontali e ieratiche. Stanno in piedi ed escono dall'ampia lastra di pietra alle loro spalle. Il pilastro dorsale ha permesso allo scultore di realizzare in rilievo i motivi che ornano l'acconciatura sul capo e sulle spalle dei personaggi. Allo stesso modo le insegne delle divinità che indicano i nomoi sarebbero state molto complicate da scolpire a tuttotondo. Nel gruppo scultoreo vi è una relazione di interdipendenza tra il Micerino e la dea Hathor, uguale al legame tra uomo e donna. In quest'opera, dunque, viene messo in risalto il ragno divino del faraone.
Questo è uno dei gruppi trovati a Giza da Reisner nel 1908, all’interno del ‘’covo del ladro’’ del tempio della valle del recinto funerario di Micerino; è conservato nel Museo del Cairo. Le triadi si trovavano nel coretile del tempio, dove furono rinvenuti anche altri frammenti. Il re, elevato a rango di dio, ha la gamba sinistra in avanti come se stesse camminando. Le sue mani sono attaccate al corpo. L’artista ha fatto un ritratto del faraone nel suo massimo splendore, dotandolo di eterna giovinezza. Alla sinistra c’è la del settimo nomos dell’Alto Egitto, Diospoli Parva, che personifica la fecondità della terra, base materiale del potere del re. Le dee, che esprimono per la prima volta la bellezza della donna nell'arte, indossano tuniche sottili che lasciano intravedere la loro femminilità.
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Bella descrizione di questo capolavoro, peccato per l'immagine poiché non riesco a leggere bene.
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