La storia dell’Antico Egitto ha
da sempre catturato la fantasia di migliaia di persone, adulti o bambini che
fossero, tutti prima o poi hanno sognato di visitare quell'antica terra, quasi
come se in essa fosse contenuto un primitivo richiamo, che riecheggiando nelle
ere, è arrivato fino a noi, stregandoci con le sue meraviglie.
Sulla scia di queste emozioni,
tanti moderni storici hanno scelto di dedicare i propri sforzi allo
studio di questa portentosa civiltà, che ben prima di romani e greci ha segnato la nostra umanità con sviluppo ed evoluzione. Se provaste a chiedere ad un
campionario di archeologi, tutti quelli specializzati in egittologia, vi
direbbero che la loro passione per l’antica terra dei faraoni è nata quando erano
piccoli, quando ancora nella semplicità dell’animo di un bambino, ci si poteva
meravigliare di figure straordinarie come Anubi o Bastet; antichi dei che con
le loro sembianze zoomorfe collegavano il divino al mondo degli uomini. La
passione per l’Antico Egitto è un amore sconfinato, chi nasce con tale
sentimento avrà per sempre un qualcosa di speciale in cui rifugiarsi, quel
qualcosa che ti stringe il cuore, che dà una scossa alla nostra anima e che ci
tiene lontano dal giro degli impassibili; un po’ come se tutti noi
appartenessimo a quel tempo.
Nondimeno l’ossessione per
l’Egitto antico, non appartiene solo a storici e archeologi, ma è una costante
anche fra coloro che più semplicemente hanno scelto di amarlo nel quotidiano,
leggendo, studiando questa civiltà solo per il gusto di farlo, solo per potersi
recare nel moderno Egitto alla ricerca delle maestose vestigia di un mondo, che
solo perché è esistito ha reso noi tutti più vicini all'eternità. I resti di
tale cultura ormai sono in preda del tempo e del logorio degli anni, per quanto
noi addetti ai lavori possiamo combattere contro il tempo che passa, non
possiamo far quasi nulla contro la violenza e l’ignoranza.
In questo periodo nella Valle del
Nilo tra scontri politici e di stato, è stato perpetuato con prepotenza un
delitto alla storia stessa. Nel Medio Egitto, più esattamente a pochi chilometri
da Minya, località famosa per essere un ottimo punto d’appoggio per tutti
coloro che si vogliono recare a Tell el-Amarna, cioè l’antica capitale del
faraone ‘’eretico’’ Ankhenaton, si trova una città di nome Malawi.
Malawi è un paesino piccolo a
ovest del Nilo, una cittadina come tante altre in Egitto, ma tuttavia custodiva
un prezioso e intimo museo, al cui interno erano conservati magnifici reperti,
testimonianze dirette di un epoca in cui i re dell’Egitto fecero di questa
terra la più incredibile dimostrazione di modernità ed efficienza giunta fino a
noi. La civiltà egizia è stata una delle poche a garantire uguali diritti a
uomini e donne, che secondo la legge erano uguali, anzi, un uomo non era un
uomo se non aveva una donna al suo fianco. Tale dichiarazione di società, fu
presa dai greci come uno scandalo, una vergogna che li spinse a decrittare la
civiltà egizia in senso matriarcale. In realtà avevano torto, l’equilibrio
nell'antica terra di Kemet era regolarizzato da una legge divina, la Maat.
Maat
era la dea della giustizia, rappresentata come una donna alata, che insieme ad
altre divinità presiedeva il tribunale nell'oltretomba. Tra tutti questi numi,
il dio Thot, messaggero degli dei e signore della scrittura, prendeva appunti
sul defunto chiamato in giudizio. A questa divinità erano associati due
animali: il babbuino e l’ibis. E proprio nel Museo di Malawi erano conservati
pezzi rari e preziosi del culto degli Ibis sacri. Ormai siamo costretti a
parlarne al passato, perché la brutalità di alcuni loschi individui ha spazzato
via per sempre queste importanti attestazioni della fede di persone vissute
migliaia di anni fa, che proprio come ognuno di noi, avevano amato, sperato e
sognato.
Nel novembre del 2012, un gruppo
formato da egittologi e appassionati, sono stati in questo museo, e di seguito
riporto i loro ricordi e le sensazioni che hanno provato alla notizia di un
tale scempio:
"La mattina presto del 10 Novembre 2012 io, mia moglie e un gruppo di amici stavamo per affrontare una delle giornate più belle del nostro lungo viaggio in Egitto. Era, infatti, la giornata della visita alla città di Akhenaton. Partimmo abbastanza presto da el Minya e ci dirigemmo all’imbarcadero per prendere il traghetto per Akhetaton. Facemmo una breve sosta nella città di Mallawi, per visitare il locale Museo archeologico, ricco di preziosi reperti del sito archeologico di Khemenu / Hermopolis Magna e della città di Akhenaton. La prima impressione che avemmo fu negativa. Le sale del Museo sembravano mal conservate e molte vetrine presentavano posizioni in cui mancava il reperto. Ci chiedemmo cosa era successo. Non era solamente una questione di fondi e di personale. Si poteva ipotizzare lo spostamento dei molti reperti mancanti per restauro e/o per prestiti per mostre temporanee in qualche altra città. Le giustificazioni erano però poco soddisfacenti e non si poteva non pensare a qualche azione vandalica, un furto dei reperti mancanti in occasione della recente rivoluzione. Anche qui trovammo gli odiati cartelli con la scritta “No photo”. Cercammo allora i sorveglianti per tentare di avere una tacita autorizzazione, che, con la promessa di una mancia, ci avesse consentito di memorizzare i ricordi della nostra visita. L’unico sorvegliante che individuammo era però impassibile. Ci seguiva nei nostri spostamenti e non accennava ad alcun consenso. Decidemmo allora di separarci, così da impedirgli di controllarci contemporaneamente. Riuscimmo così a “rubare” qualche preziosa immagine ricordo, senza però poter memorizzare le centinaia di reperti, le cui immagini non avremmo sicuramente trovato in rete. Il pezzo più prezioso del Museo era una piccola statua di una figlia di Akhenaton, molto probabilmente la primogenita Marytaton, destinata a diventare sposa di Akhenaton e del successore Smenkhkara e probabile reggente per alcuni anni di Tutankhaton / Tutankhamon. La statua era però in bella vista, proprio di fronte alla biglietteria, dove stavano sedute alcune giovani signore, che però non sembravano interessate ai nostri giri e ai tentativi di scattare foto. In un momento in cui il sorvegliante seguiva i miei compagni di viaggio in una sala laterale, riuscii a scattare una foto alla splendida statua, ma nella confusione mi dimenticai di disabilitare il flash. Il sangue si gelò, temendo l’arrivo del sorvegliante o l’intervento delle signore della biglietteria. Già immaginavo di dover affrontare una delle solite sceneggiate, in cui i sorveglianti minacciano di chiamare la polizia, così da ottenere mance più cospicue. Con mia sorpresa, non accadde niente. Il sorvegliante non si era accorto di nulla e le signore non sembravano voler intervenire. Seppi poi che il nostro accompagnatore aveva informato l’archeologa responsabile del Museo, che era tra le signore, che eravamo un gruppo di Egittologi e che io ero autore di alcuni saggi sull’Antico Egitto. A distanza di circa nove mesi il mio cuore ha vissuto nuovamente le emozioni avute nel piccolo Museo, allorché i telegiornali e internet ci hanno informato che il Museo era stato assalito da un gruppo di uomini armati ed era stato completamente devastato. I reperti, che tanto avevamo ammirato e che ci era stato proibito di fotografare, erano stati rubati. Ero già rattristato per i fatti che stavano avvenendo in Egitto e per i molti morti. Avevo paura di non poter più ritornare nell’amato Egitto, ma mai avrei immaginato di dover constatare che le rivoluzioni egiziane continuavano a essere l’occasione per furti e devastazioni. Povero Egitto!"
"La mattina presto del 10 Novembre 2012 io, mia moglie e un gruppo di amici stavamo per affrontare una delle giornate più belle del nostro lungo viaggio in Egitto. Era, infatti, la giornata della visita alla città di Akhenaton. Partimmo abbastanza presto da el Minya e ci dirigemmo all’imbarcadero per prendere il traghetto per Akhetaton. Facemmo una breve sosta nella città di Mallawi, per visitare il locale Museo archeologico, ricco di preziosi reperti del sito archeologico di Khemenu / Hermopolis Magna e della città di Akhenaton. La prima impressione che avemmo fu negativa. Le sale del Museo sembravano mal conservate e molte vetrine presentavano posizioni in cui mancava il reperto. Ci chiedemmo cosa era successo. Non era solamente una questione di fondi e di personale. Si poteva ipotizzare lo spostamento dei molti reperti mancanti per restauro e/o per prestiti per mostre temporanee in qualche altra città. Le giustificazioni erano però poco soddisfacenti e non si poteva non pensare a qualche azione vandalica, un furto dei reperti mancanti in occasione della recente rivoluzione. Anche qui trovammo gli odiati cartelli con la scritta “No photo”. Cercammo allora i sorveglianti per tentare di avere una tacita autorizzazione, che, con la promessa di una mancia, ci avesse consentito di memorizzare i ricordi della nostra visita. L’unico sorvegliante che individuammo era però impassibile. Ci seguiva nei nostri spostamenti e non accennava ad alcun consenso. Decidemmo allora di separarci, così da impedirgli di controllarci contemporaneamente. Riuscimmo così a “rubare” qualche preziosa immagine ricordo, senza però poter memorizzare le centinaia di reperti, le cui immagini non avremmo sicuramente trovato in rete. Il pezzo più prezioso del Museo era una piccola statua di una figlia di Akhenaton, molto probabilmente la primogenita Marytaton, destinata a diventare sposa di Akhenaton e del successore Smenkhkara e probabile reggente per alcuni anni di Tutankhaton / Tutankhamon. La statua era però in bella vista, proprio di fronte alla biglietteria, dove stavano sedute alcune giovani signore, che però non sembravano interessate ai nostri giri e ai tentativi di scattare foto. In un momento in cui il sorvegliante seguiva i miei compagni di viaggio in una sala laterale, riuscii a scattare una foto alla splendida statua, ma nella confusione mi dimenticai di disabilitare il flash. Il sangue si gelò, temendo l’arrivo del sorvegliante o l’intervento delle signore della biglietteria. Già immaginavo di dover affrontare una delle solite sceneggiate, in cui i sorveglianti minacciano di chiamare la polizia, così da ottenere mance più cospicue. Con mia sorpresa, non accadde niente. Il sorvegliante non si era accorto di nulla e le signore non sembravano voler intervenire. Seppi poi che il nostro accompagnatore aveva informato l’archeologa responsabile del Museo, che era tra le signore, che eravamo un gruppo di Egittologi e che io ero autore di alcuni saggi sull’Antico Egitto. A distanza di circa nove mesi il mio cuore ha vissuto nuovamente le emozioni avute nel piccolo Museo, allorché i telegiornali e internet ci hanno informato che il Museo era stato assalito da un gruppo di uomini armati ed era stato completamente devastato. I reperti, che tanto avevamo ammirato e che ci era stato proibito di fotografare, erano stati rubati. Ero già rattristato per i fatti che stavano avvenendo in Egitto e per i molti morti. Avevo paura di non poter più ritornare nell’amato Egitto, ma mai avrei immaginato di dover constatare che le rivoluzioni egiziane continuavano a essere l’occasione per furti e devastazioni. Povero Egitto!"
"Ho ancora davanti agli occhi,le immagini della distruzione del piccolo museo di Mallawi,incredulo riguardo foto e video mandate in onda da facebook ed internet....dico come può una parte dello stesso popolo egizio,per colpa di una protesta,vuoi politica,religiosa o pretestuosa essere così malvagio uccidendo e accanendosi devastandolo un museo tanto caro,pieno di storia e testimonianze,quale il museo di Mallawi....
E allora rivedo e penso all'ultima (fortunata)!!?? visita del museo nel NOV.2012,un quasi fuori programma.
Malawi piccolo centro appartenente al territorio amarniano,48 Km da Minya, poco frequentato da turisti,a causa della mal tolleranza presenza della polizia,per una rivolta armata degli anni 90,ma noi un gruppetto di 5 persone,tra quali egittologi e amanti dell'antico egitto sfidando la sorte,ma con la scorta della polizia di Minya abbiam fatto tappa al museo di Malawi.
Ingresso un po' fatiscente,abbandonato a se stesso ma con il nostro arrivo,abbiam creato fermento,un via vai di uomini tra gli addetti ai lavori ed i curiosi (finalmente turisti)!!?? si è animato anche dentro,accolti dai custodi,da un gruppetto di ragazze forse studentesse,abbiamo iniziato la visita...un corridoio piene di teche,un pò datate con dentro tantissimi piccoli manufatti provenienti dalla vicina Tuna el-Gabal e da Ermopolis...armati di fotocamere,vogliosi di immortalare qualche ricordo........ma arriva Lei, la custode; no foto, no foto!!??mi si è incollata addosso,non mi mollava un attimo,forse simpatia?? ma così permettendo agli amici del gruppo di carpire qualche foto....molte rappresentazioni del dio Thot,sotto forma di ibis e babbuino,alcuni sarcofagi interessanti,e in una teca il pezzo più interessante al dire degli egittologi,una piccola statua rappresentante Marytaton una delle figlie del faraone Akhenaton,anche lei con il cranio sporgente,a tutti i costi dovevo immortalarla,con un occhio a dritta e uno a manca ce l'ho fatta!!evviva la conserverò tra i miei ricordi.
Ora sembra che il governo ,dopo questo brutto episodio abbia mandato l'esercito a sorvegliare tutti i siti archeologici,e noi aspettiamo che si placano questi scontri,che raggiungano la pace per poter ritornare a rivisitare la terra d'Egitto."
"Quello che ricordo della cittadina di Malawi è che il nostro gruppo fu scortato fin lì dalla polizia in quanto nella regione di El-Minya non è presente la Polizia Turistica come nel resto dell’Egitto. In effetti leggemmo anche nella guida della pericolosità di Malawi ma quello che ci si presentò alla vista fu una normalissima cittadina piena delle solite attività quotidiane e di facce allegre. Arrivammo al piccolo Museo e quando scendemmo dal pulmino ci rendemmo conto che i turisti da quelle parti erano davvero una rarità.. Tutti ci guardavano e le guardie ci fecero entrare rapidamente come per proteggerci. Ma in realtà non ho mai avuto né paura né la sensazione che qualcuno volesse farci del male. Gli Egiziani sono un popolo molto ospitale, amano i turisti e fanno di tutto per farli sentire i benvenuti. Quello che ricordo del Museo sono gli splendidi reperti legati a Thot sotto forma di scimmia, provenienti dalla vicina Hermopolis – delle vere chicche. E ricordo la severità e la fierezza del personale del Museo nel proteggere le opere e nell'impedirci di fare foto (cosa che noi, da bravi italiani lavativi, abbiamo fatto lo stesso di sfuggita, come si vede dalla pessima qualità delle immagini!). E ricordo il sorriso delle donne che ci salutarono all'uscita, così ospitali e fiere. Mi chiedo che cosa ne sia stato di loro, se i loro sogni sono andati in pezzi come quelle teche… Spero solo che ritrovino la speranza tra tutte quelle tristi macerie…Ma, invece della distruzione, voglio portare con me per sempre il ricordo di un bellissimo matrimonio ad El Minya, con i canti di festa, i battiti di mani, la musica, le donne sorridenti e bellissime nei loro abiti scintillanti e gli invitati che col cuore ci chiesero di partecipare al banchetto…La guerra civile sembrava così lontana…"
Per concludere questo post, voglio inserire anche le mie impressioni, che probabilmente vi sembreranno meno dirette e più personali, ma che comunque nascono dal mio personale modo di vivere la storia e l'Egitto antico:
"Chiunque sostenga che il Museo di Malawi fosse un importante avamposto della cultura egizia, sicuramente esagera, ma ciò nonostante bisogna capire che ogni reperto che ci viene dal passato ha il sacro diritto di essere conservato e protetto come il più prezioso dei tesori. La mia ultima visita a Malawi risale al 2010, ero in compagnia di altri amici che come me hanno studiato egittologia. Ciò che ci colpì maggiormente non erano le mummie degli animali sacri, o la statuaria amarniana, ma una piccola statua del dio Thot, dal colore nero e brillante, era perfetta nella sua semplicità, l’artista che l’aveva concepita, era riuscito a trasmettere alla pietra la fede e l’amore di un popolo che era talmente devoto alla vita, da augurarsi che questa non cessasse mai. Osservando quel piccolo oggetto, lo scultore mi stava comunicando attraverso i secoli la sua essenza, un po’ come se avessi avuto modo di guardare la sua anima. Il Museo di Malawi non era di certo importante come quello del Cairo o di Luxor, ma era comunque una preziosa testimonianza dell’umanità. Queste creature che l’hanno devastato dovrebbero capire che con tale gesto non hanno solo offeso e tradito il loro passato, ma hanno anche compiuto un delitto contro la razza umana, perché hanno tolto qualcosa ad ognuno di noi, anche a chi ora starà leggendo queste righe, perché non avrà mai più la possibilità di comunicare con lo stesso scultore che attraverso i millenni ha parlato con me."
Antonietta Ginevra Napoli
P.S.: Le opinioni di questo post sono espresse in modo personale, incluse quelle storiche e archeologiche, e non costituiscono assolutamente fattori storici accertati.