Nelle occasioni liete come nei funerali, gli egizi ricorrevano alla musica per animare ogni aspetto della loro vita quotidiana e per mettersi in contatto con gli dei. Col tempo, musici e cantori divennero veri e propri professionisti nel loro campo.
A giudicare dalle scene raffigurate nei dipinti dell'epoca, la musica faceva da sottofondo per molte delle occupazioni quotidiane dell'antico Egitto: gli agricoltori e gli operai accompagnavano e ritmavano il loro lavoro con il canto, i pastori pascolavano il bestiame suonando dei motivi con il flauto, e giovani ragazze suonavano i tamburelli per stanare gli uccelli durante le battute di caccia. Gli affreschi delle tombe, poi, mostrano spesso scene ispirate alle feste popolari in cui nascite e matrimoni venivano celebrati a suon di musica. Senza contare, infine, che trombe e tamburi segnavano il passo dei soldati in marcia e risuonavano da lontano quando le truppe militari si radunavano. Nell'Antico Regno, erano soprattutto gli uomini a cantare e suonare gli strumenti musicali. Con il Nuovo Regno, invece, questa pratica artistica divenne tipicamente femminile. In entrambi i casi, i musicisti potevano essere dei veri e propri professionisti, richiesti per la loro abilità. In entrambi i casi, i musicisti potevano essere dei veri e propri professionisti, richiesti per la loro abilità. Gli strumenti più diffusi erano quelli a corde e a fiato: l'arpa, il flauto, il liuto, l'oboe, il tamburello e il sistro.
Musica Sacra
Per gli egizi, la musica aveva soprattutto una valenza sacra: era un modo per mettersi in contatto con gli dei. Ogni tempio disponeva di propri musicisti: si trattava essenzialmente di persone di origine modesta, che prestavano servizio presso gli edifici sacri e si garantivano così la sussistenza. Anche i sacerdoti non trascuravano questo aspetto: i riti quotidiani con cui si prendevano cura del dio locale erano sempre accompagnati da canti e declamazioni. In occasione delle grandi feste religiose, poi, la processione della statua del dio avveniva in un clima di esaltazione scandito da musiche e inni. Col tempo, i cantori entrarono a far parte dell'alto clero, guadagnandosi così un certo prestigio sociale. Il faraone stesso, in alcune cerimonie di culto, non disdegnava il canto e la danza.
Divertimento profano
La maggior parte delle grandi dimore signorili possedeva una propria "orchestra" o, in cado si necessità, si avvaleva di musicisti di professione. A palazzo reale, invece, uno stuolo di musici e cantori era al servizio del faraone e della sua corte: a istruirli e guidarli era un dignitario di alto rango, una sorte di "direttore". Negli harem, infine, le donne ingannavano il tempo suonando: in questo modo allietavano lo sposo durante le sue visite. L'educazione musicale non figurava nei programmi scolastici, ma veniva comunque impartita da maestri o scuole specializzate e presso il palazzo reale. A Menfi, per esempio, coreografi, compositori e direttori d'orchestra si diedero un'organizzazione per insegnare la loro arte agli allievi.
Gli dei e la musica
Numerose divinità del pantheon egizio erano associate alla musica, a cominciare da Hathor: sempre raffigurata come una donna attraente e sorridente, era la dea per eccellenza della gioia, della danza, della musica e dell'ebbrezza. Anche Bastet era una dea legata alla musica, mentre il nano Bes, fra le altre cose, era considerato il dio della danza e delle manifestazioni gioiose; a questo titolo, era spesso rappresentato mentre suonava il tamburello. La dea della musica strumentale, del canto e della danza era invece Meret, sacerdotessa e musicista del mondo divino. Infine, quasi tutti gli dei fanciulli erano associati all'arte musicale: da Ihy, figlio di Hathor, che allietava gli dei suonando il sistro, a Khonsu, dio lunare, che stringeva tra le mani una collana menat utilizzandola come crepitacolo.