La presentazione di Nefertari agli dei
sabato 24 settembre 2016
domenica 18 settembre 2016
Zenobia: Regina dell'Oriente
"Zenobia regina dell'Oriente ad
Aureliano Augusto! Nessuno ha osato fino ad oggi chiedermi ciò che pretendi tu
nella tua lettera.
In guerra tutto viene deciso dal coraggio. Hai desiderato
che io mi arrenda, che conservi vita e onori, ma sottomessa a un padrone.
Aspetto senza indugi l'aiuto dei persiani e degli armeni che non sono tanto
lontani.
I nomadi del deserto non ti hanno forse sconfitto? O Aureliano, cosa
accadrà quando verrai attaccato da tutte le parti?
Senza dubbio lascerai questo
tuo atteggiamento di comando, come se le tue armate dovessero essere sempre
vittoriose".
Flavio Vopisco -
Vita di Aureliano - 26, in Storia Augusta
Palmira come nome evoca leggende e
miti di ogni tempo, un luogo straordinario che sorge al centro del deserto
siriano, il nome originario era Tadmor,
poi modificato dai romani in Palmira: "città
dei palmizi". Tutt'oggi è una città isolata, ben protetta dal deserto
e, nell'antichità, era un centro carovaniero di grande importanza,
assicurandosi così grandi profitti. In città l'industria principale era quella
orafa e quando l'imperatore Aureliano, III secolo, trascinò la regina Zenobia
dietro al suo carro, la sovrana era completamente ricoperta di gioielli, ma
andiamo con ordine.
La vita di Zenobia interessò molti
scrittori latini e greci, la sua storia per certi tratti ricorda quella di
Cleopatra, paragone che piaceva soprattutto a Zenobia, la quale regnò anche
negli stessi territori di Semeramide. Gli autori antichi trassero quindi dalla
sua sorte una serie di leggende che poi raccolsero in numerose opere, testi
come la Vita di Zenobiae, inclusa
nella Historia Augusta. Il nome arabo
di questa regina era Bat-Zabbai, che significa "figlia di Zabbai",
che era un principe dell'aristocrazia palmirena. I lineamenti della regina non
ci sono pervenuti tramite sculture o altre opere artistiche, ma solo tramite la
numismatica. Infatti sono state ritrovate molteplici monete che recano la sua
effige, che tuttavia non ci permettono di ricostruirne con precisione le
fattezze, ciononostante, secondo le svariate informazioni pervenute fino a noi,
sappiamo che non era molto alta, labbra strette e capigliatura bruna. Se le
informazioni sul suo aspetto fisico scarseggiano, ne abbiamo invece in
abbondanza sulla sua indole. Pare che fosse pervasa da un'ambizione senza
freni, coraggiosa e con una forte tenacia.
Aveva sposato il re di Palmira,
Settimio Odenato, che aveva mantenuto un atteggiamento da vassallo nei
confronti dei romani per tutta la vita, tentando sempre di non urtare la
politica dell'Impero. Alla morte del marito, Zenobia prese il potere e non ci
pensò due volte a proclamarsi nemica di Roma. Questa politica indispettì subito
l'imperatore Gallieno, che però non poté recarsi a Palmira, affrontava infatti
già l'invasione dei Goti. In seguito Zenobia firmò quindi un trattato con il
successore di Gallieno, Claudio II, che tuttavia non rispettò quando si
autoproclamò Augusta, titolo
onorifico che difatti era concesso solo alle donne vicine all'imperatore.
In seguito a questa autocelebrazione,
Zenobia iniziò una serie di campagne di conquista volte a sottrarre territori a
Roma stessa. Invase la Giudea, l'Egitto e l'Arabia, dove riportò rilevanti
vittorie grazie all'intelligenza tattica del suo fedele generale Zabdas. Successivamente
Zenobia decise di invadere l'intera Siria e di portare l'estensione del regno
di Palmira fino in Turchia, queste conquiste la resero senza alcun dubbio una
vera e propria regina guerriera, tanto che il neo imperatore Aureliano fu
costretto ad accettare l'autonomia di Palmira.
Questa situazione però non durò molto
a lungo, l'ambizione di Zenobia l'aveva portata a compiere un passo falso,
quello di raccogliere denaro per Palrmira con il nome di Imperatrix Romanorum, un titolo che offuscava l'imperatore stesso,
e per questo Aureliano decise che fosse arrivato il momento di intervenire. Dapprima
invase l'Egitto riconquistandolo, per poi combattere in tutta l'Asia Minore,
fino alle porte di Palmira, dove Zenobia stava riorganizzando un potente
esercito per affidarlo al suo generale. Una volta radunate le truppe, Zabdas
volse verso Antiochia, dove si trovavano le legioni romane. In seguito
avvennero due scontri decisivi: la battaglia di Immae e quella di Emesa, ed
entrambe le volte Zenobia ebbe la peggio.
Ormai non le restava altro che
resistere a Palmira stessa, anche se fu tutto inutile, Aureliano assediò la
città e la depredò. Zenobia tentò la fuga ma fu poi catturata e dopo diverse
peripezie (cercò di accusare i suoi consiglieri delle proprie azioni) fu condotta
e mostrata sconfitta in ogni città che Aureliano attraversò fino a Roma, dove
venne esibita come bottino di guerra sfilando dietro al carro dell'imperatore.
"Era così carica di ornamenti
preziosi, da sembrare quasi schiacciata dal loro peso(...)Una catena d'oro le
teneva legate le caviglie e una le stava attorno al collo".
Trebelio Pollione
- Vita di Zenobia - 29, in Storia Augusta
La morte
La
sua sorte è incerta, si dice che morì poco dopo imprigionata o che venne
perdonata da Aureliano, il quale fu talmente colpito dalla sua bellezza da
concederle addirittura una villa in cui vivere e che in seguito abbia poi sposato
un senatore, divenendo dunque una rispettabile matrona romana. Quale
sia stata la sua sorte in realtà non ci è dato sapere, quello che è certo, è
che così come Cleopatra, Zenobia fu a tutti gli effetti una delle più grandi
spine nel fianco dell'Impero Romano.
sabato 10 settembre 2016
I colossi di Memnone
Le due statue (m.16,60 + 2,30 di piedistallo)
fiancheggiavano l'ingresso del tempio funerario di Amenhotep III, oggi quasi
completamente scomparso. Rappresentano entrambi il re seduto, con ai lati, di
proporzioni ben più piccole, due donne, la madre Mutemuia e la "grande
sposa" Ty.
Memnone è un personaggio omerico; figlio dell'Aurora, re
etiope, accorse in aiuto di Troia e perì sotto le sue mura per mano di Achille.
Nell'immaginazione dei visitatori di età classica, l'eroe, raffigurato nella
statua spezzata, all'alba salutava la madre con quel suono "come di corde
di cetra che si spezzassero”. La cosa risale al 27 a.C., quando in uno dei due
colossi si determinò, per un terremoto, una fenditura. Nel 120 d.C. visitò il
sito anche l'imperatore Adriano, accompagnato dalla moglie Sabina e dalla
poetessa Julia Balbilla, di cui sono rimasti incisi sulle gambe dei colossi
quattro epigrammi.
Sui colossi di Memnon, è possibile leggere addirittura la
testimonianza di un probabile sopravvissuto all'eruzione vesuviana del 79 d.C., proprio quella che spazzò via Pompei e Ercolano:
"Suedius Clemens Praefectus castrorum audi Memnonem,
III idus novembres, anno III imperatoris nostri".
"Suedio Clemente. Praefectus castrorum (Responsabile
del Castrum ), udì Memnone, il 12 novembre del III anno (80 d.C.) del nostro
imperatore".
Suedio Clemente era presumibilmente a Pompei durante
l'eruzione, poiché è possibile datarne la presenza certa fino al 77 d.C.,
quando prese parte alla campagna politica dell'aspirante duoviro Epidio Sabino.
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