martedì 24 marzo 2020

Gli scavi di Heracleion


Per secoli, le uniche prove concrete dell'esistenza di Heracleion consistevano in una manciata di citazioni all'interno di testi antichi, si diceva che ai tempi del suo massimo splendore, negli ultimi anni del regno dei faraoni, Heracleion fosse un porto ricchissimo grazie alla posizione geografica che ne faceva il punto d'accesso all'Egitto. Si raccontava che, prima di scomparire circa milleduecento anni or sono sotto le acque del Mediterraneo, la città fosse stata visitata anche da Elena di Troia.
Mentre ben pochi studiosi ne mettevano in dubbio l'esistenza, la possibilità di ritrovarla era però tutt'altro che certa, fino a quando nel 2000 Heracleion è stata riscoperta a circa 6,5 chilometri di distanza dalla costa dell'attuale Egitto. Gli archeologi stanno ancora rinvenendo tavolette, monete d'oro ed enormi statue rimaste celate per secoli, che mostrano quanto tale sito fosse importante.
Il ritrovamento di questa città perduta non è stato semplice. I testi antichi localizzano Heracleion, conosciuta anche come Thonis, vicino ad Alessandria, alla foce del Nilo, nel punto in cui questo sfociava nel Mediterraneo, ma tutti coloro che avevano tentato di rintracciarla erano finiti su un binario morto.
Franck Goddio, presidente dell'Istituto europeo di archeologia sottomarina, non si è lasciato scoraggiare. Con l'aiuto della Commissione europea per l'energia atomica, ha sviluppato un magnetometro a risonanza nucleare specifico per scandagliare il fondo marino al largo della costa egiziana. Lo strumento rilevava gli oggetti tramite i disturbi da essi creati al campo magnetico dei fondali, e nel 1999 Goddio ha trovato finalmente qualcosa. Nella baia di Abukir, sulla costa settentrionale dell'Egitto, lo strumento ha riscontrato delle anomalie nei sedimenti argillosi, un segno dei cataclismi che distrussero la città. Heracleion e la vicina Canopo - un'antica Las Vegas che godeva di una pessima fama a causa della sua dissolutezza - erano state fondate su uno strato sottile di limo che ricopriva dell'argilla impregnata d'acqua. Una possibile teoria suggerisce che uno tsunami, in aggiunta alla pressione esercitata dagli edifici, abbia causato un drenaggio delle acque dall'argilla, facendo così collassare il terreno e distruggendo le città. Qualunque sia stata la causa del cedimento del terreno, si trattò comunque di un disastro annunciato. L'instabilità del substrato che fungeva da fondamenta alle città le rendeva destinate alla rovina.
  L'aiuto della scienza ha condotto il team di ricerca fino alla città perduta, ma per avere la prova definitiva che si trattasse proprio di Heracleion è stata necessaria l'esplorazione diretta da parte dei sommozzatori: “Durante il primo anno abbiamo trovato una cappella con delle incisioni, che apparteneva al tempio principale della città”, dice Goddio. "I geroglifici hanno rivelato che tale tempio era dedicato ad Amun-Gereb e sappiamo che questi era il dio adorato a Heracleion. La scoperta di tale prova ci ha dato grande carica".
Una volta identificato con certezza che si trattava di Heracleion, sono cominciati gli scavi subacquei e ci si è rivolti all'OCMA, il Centro per l'archeologia marina dell'università di Oxford, per studiare i reperti rinvenuti. Nel corso del tempo, anche il team di Oxford è stato coinvolto negli scavi.
"C'è tutto il divertimento di un normale scavo a terra, ma senza la parte noiosa della rimozione del terreno", dichiara Damian Robinson direttore dell'OCMA. "Dovevamo attraversare uno strato di cinquanta centimetri di sabbia e per farlo utilizzammo una draga".
Questo strumento pompa verso il basso dell'acqua con una canna posizionata su una barca in superficie e collegata a un tubo di plastica lungo quattro metri. L'acqua viene immessa in un punto localizzato alla metà del tubo di plastica e poi viene espulsa a un'estremità. Questo movimento dell'acqua crea un'aspirazione all'altra estremità del tubo, permettendo la rimozione della sabbia.
"La visibilità era davvero scarsa", dice Robinson. "C’erano giorni in cui si vedeva per qualche metro, altri solo qualche centimetro, e tutto ciò in una città sommersa con una superficie di due chilometri quadrati". Ma, nonostante la scarsa visibilità, la squadra è riuscita a scattare alcune notevoli fotografie dei reperti sul fondo del mare. Molte di queste immagini mostrano statue e steli, o iscrizioni, rinvenute nelle rovine del tempio più importante della città.
Questo complesso era il fulcro della vita urbana. "Il tempio era enorme", afferma Goddio. "Era lungo 150 metri e costituiva la base della vita sociale ed economica della città". Qui veniva distribuito il cibo agli abitanti e venivano riscosse le imposte doganali da tutti i battelli che entravano in Egitto. In questo modo il tempio era ricco e potente".


"Abbiamo un'idea abbastanza precisa della struttura del tempio. All'ingresso c'era una fila di statue: il faraone, la sua regina e anche il dio Hapi, simbolo della piena del Nilo, sinonimo di ricchezza e benessere. Hapi aveva sicuramente un'importanza particolare per questa città alla foce del Nilo, dato che la sua statua è la più grande mai rinvenuta tra quelle dedicate a tale divinità. Di solito erano statue piccole, ma la nostra è alta cinque metri".
Queste colossali statue del faraone, della regina e del dio Hapi sono state estratte dagli archeologi per effettuare studi più approfonditi. Sino a oggi gli archeologi hanno recuperato dal mare oltre cento statue e frammenti di sculture, oltre a centinaia di statuette più piccole e un gran numero di oggetti di minore importanza tra cui monete, vasellame e manufatti in piombo, molti dei quali oggetto di studio da parte dei ricercatori di Oxford.
Sono state anche rinvenute ulteriori statue in una diversa zona del sito. "Nel 2012 abbiamo trovato le prove di un altro importante tempio cittadino, più a nord rispetto all'altro, risalente a un periodo tra l'VIII e il IV secolo avanti Cristo. Quindi a Heracleion ci furono due templi di rilievo. Il primo fu distrutto da un disastro naturale, proprio come il resto della città, oltre mille anni or sono, e in seguito venne ricostruito più a sud. C'era talmente tanta ricchezza in questo luogo che nessuno decise di andarsene".
Mentre gli archeologi sono all'opera per la sessione di scavi di quest'anno l'aiuto di tecnologie quali il sonar determinerà dove è più indicato scavare. Il sonar invia degli impulsi sott'acqua a partire da un'imbarcazione in superficie e i reperti si riveleranno agli archeologi sotto forma di anomalie negli echi riflessi. "Siamo guidati dai rilevamenti effettuati con i magnetometri e con i sonar", afferma Goddio, "i quali ci mostrano dove scavare. Ai ritmi di oggi, penso che i lavori in questa città proseguiranno per secoli. Almeno lo spero". Quando Heracleion scomparve nell'VIII secolo d.C., la sua epoca d'oro era già tramontata da tempo. L'ascesa di Alessandria relegò Heracleion a un ruolo minoritario, e la città non riuscì più a recuperare l'antico posto di rilievo nel commercio marittimo. Quando sprofondò, era ormai ridotta a "un sito archeologico, una città già abbandonata", dichiara Robinson. "Quanto accaduto non va paragonato alla distruzione di Pompei a opera del Vesuvio nel 79 d.C., ma a un'ipotetica distruzione della Pompei odierna".
In ogni caso, il fatto che la rovina sia avvenuta in un periodo non florido, non modifica certo la sua importanza per gli archeologi. "La città è stupefacente perché è un emporio, un porto dove si mescolavano il mondo dei greci, dei persiani e degli egizi", dice Robinson. "Analizzando il vasellame e addirittura la forma delle ancore, si può determinare la diversa provenienza delle genti e il tipo di commercio in cui erano impegnate. Si tratta davvero di un sito eccezionale". Un libro aperto, ma ancora da sfogliare.

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