Per secoli, le uniche prove
concrete dell'esistenza di Heracleion consistevano in una manciata di citazioni
all'interno di testi antichi, si diceva che ai tempi del suo massimo splendore,
negli ultimi anni del regno dei faraoni, Heracleion fosse un porto ricchissimo
grazie alla posizione geografica che ne faceva il punto d'accesso all'Egitto.
Si raccontava che, prima di scomparire circa milleduecento anni or sono sotto
le acque del Mediterraneo, la città fosse stata visitata anche da Elena di
Troia.
Mentre ben pochi studiosi ne
mettevano in dubbio l'esistenza, la possibilità di ritrovarla era però
tutt'altro che certa, fino a quando nel 2000 Heracleion è stata riscoperta a
circa 6,5 chilometri di distanza dalla costa dell'attuale Egitto. Gli
archeologi stanno ancora rinvenendo tavolette, monete d'oro ed enormi statue
rimaste celate per secoli, che mostrano quanto tale sito fosse importante.
Il ritrovamento di questa
città perduta non è stato semplice. I testi antichi localizzano Heracleion,
conosciuta anche come Thonis, vicino ad Alessandria, alla foce del Nilo, nel
punto in cui questo sfociava nel Mediterraneo, ma tutti coloro che avevano
tentato di rintracciarla erano finiti su un binario morto.
Franck Goddio, presidente
dell'Istituto europeo di archeologia sottomarina, non si è lasciato
scoraggiare. Con l'aiuto della Commissione europea per l'energia atomica, ha
sviluppato un magnetometro a risonanza nucleare specifico per scandagliare il
fondo marino al largo della costa egiziana. Lo strumento rilevava gli oggetti
tramite i disturbi da essi creati al campo magnetico dei fondali, e nel 1999
Goddio ha trovato finalmente qualcosa. Nella baia di Abukir, sulla costa
settentrionale dell'Egitto, lo strumento ha riscontrato delle anomalie nei
sedimenti argillosi, un segno dei cataclismi che distrussero la città.
Heracleion e la vicina Canopo - un'antica Las Vegas che godeva di una pessima
fama a causa della sua dissolutezza - erano state fondate su uno strato sottile
di limo che ricopriva dell'argilla impregnata d'acqua. Una possibile teoria
suggerisce che uno tsunami, in aggiunta alla pressione esercitata dagli
edifici, abbia causato un drenaggio delle acque dall'argilla, facendo così
collassare il terreno e distruggendo le città. Qualunque sia stata la causa del
cedimento del terreno, si trattò comunque di un disastro annunciato. L'instabilità
del substrato che fungeva da fondamenta alle città le rendeva destinate alla
rovina.
L'aiuto della scienza ha
condotto il team di ricerca fino alla città perduta, ma per avere la prova
definitiva che si trattasse proprio di Heracleion è stata necessaria
l'esplorazione diretta da parte dei sommozzatori: “Durante il primo anno abbiamo
trovato una cappella con delle incisioni, che apparteneva al tempio principale
della città”, dice Goddio. "I geroglifici hanno rivelato che tale tempio
era dedicato ad Amun-Gereb e sappiamo che questi era il dio adorato a Heracleion.
La scoperta di tale prova ci ha dato grande carica".
Una volta identificato con certezza che si trattava di
Heracleion, sono cominciati gli scavi subacquei e ci si è rivolti all'OCMA, il
Centro per l'archeologia marina dell'università di Oxford, per studiare i
reperti rinvenuti. Nel corso del tempo, anche il team di Oxford è stato
coinvolto negli scavi.
"C'è tutto il divertimento di un normale scavo a terra, ma
senza la parte noiosa della rimozione del terreno", dichiara Damian
Robinson direttore dell'OCMA. "Dovevamo attraversare uno strato di
cinquanta centimetri di sabbia e per farlo utilizzammo una draga".
Questo strumento pompa verso il basso dell'acqua con una canna
posizionata su una barca in superficie e collegata a un tubo di plastica lungo
quattro metri. L'acqua viene immessa in un punto localizzato alla metà del tubo
di plastica e poi viene espulsa a un'estremità. Questo movimento dell'acqua
crea un'aspirazione all'altra estremità del tubo, permettendo la rimozione
della sabbia.
"La visibilità era davvero scarsa", dice Robinson.
"C’erano giorni in cui si vedeva per qualche metro, altri solo qualche
centimetro, e tutto ciò in una città sommersa con una superficie di due
chilometri quadrati". Ma, nonostante la scarsa visibilità, la squadra è
riuscita a scattare alcune notevoli fotografie dei reperti sul fondo del mare.
Molte di queste immagini mostrano statue e steli, o iscrizioni, rinvenute nelle
rovine del tempio più importante della città.
Questo complesso era il fulcro della vita urbana. "Il
tempio era enorme", afferma Goddio. "Era lungo 150 metri e costituiva
la base della vita sociale ed economica della città". Qui veniva
distribuito il cibo agli abitanti e venivano riscosse le imposte doganali da
tutti i battelli che entravano in Egitto. In questo modo il tempio era ricco e
potente".
"Abbiamo un'idea abbastanza precisa della struttura del
tempio. All'ingresso c'era una fila di statue: il faraone, la sua regina e
anche il dio Hapi, simbolo della piena del Nilo, sinonimo di ricchezza e
benessere. Hapi aveva sicuramente un'importanza particolare per questa città
alla foce del Nilo, dato che la sua statua è la più grande mai rinvenuta tra
quelle dedicate a tale divinità. Di solito erano statue piccole, ma la nostra è
alta cinque metri".
Queste colossali statue del faraone, della regina e del dio Hapi
sono state estratte dagli archeologi per effettuare studi più approfonditi.
Sino a oggi gli archeologi hanno recuperato dal mare oltre cento statue e
frammenti di sculture, oltre a centinaia di statuette più piccole e un gran
numero di oggetti di minore importanza tra cui monete, vasellame e manufatti in
piombo, molti dei quali oggetto di studio da parte dei ricercatori di Oxford.
Sono state anche rinvenute ulteriori statue in una diversa zona
del sito. "Nel 2012 abbiamo trovato le prove di un altro importante tempio
cittadino, più a nord rispetto all'altro, risalente a un periodo tra l'VIII e
il IV secolo avanti Cristo. Quindi a Heracleion ci furono due templi di
rilievo. Il primo fu distrutto da un disastro naturale, proprio come il resto
della città, oltre mille anni or sono, e in seguito venne ricostruito più a
sud. C'era talmente tanta ricchezza in questo luogo che nessuno decise di
andarsene".
Mentre gli archeologi sono all'opera per la sessione di scavi di
quest'anno l'aiuto di tecnologie quali il sonar determinerà dove è più indicato
scavare. Il sonar invia degli impulsi sott'acqua a partire da un'imbarcazione
in superficie e i reperti si riveleranno agli archeologi sotto forma di
anomalie negli echi riflessi. "Siamo guidati dai rilevamenti effettuati con
i magnetometri e con i sonar", afferma Goddio, "i quali ci mostrano
dove scavare. Ai ritmi di oggi, penso che i lavori in questa città
proseguiranno per secoli. Almeno lo spero". Quando Heracleion scomparve
nell'VIII secolo d.C., la sua epoca d'oro era già tramontata da tempo. L'ascesa
di Alessandria relegò Heracleion a un ruolo minoritario, e la città non riuscì
più a recuperare l'antico posto di rilievo nel commercio marittimo. Quando
sprofondò, era ormai ridotta a "un sito archeologico, una città già
abbandonata", dichiara Robinson. "Quanto accaduto non va paragonato
alla distruzione di Pompei a opera del Vesuvio nel 79 d.C., ma a un'ipotetica
distruzione della Pompei odierna".
In ogni caso, il fatto che la rovina sia avvenuta in un periodo
non florido, non modifica certo la sua importanza per gli archeologi. "La
città è stupefacente perché è un emporio, un porto dove si mescolavano il mondo
dei greci, dei persiani e degli egizi", dice Robinson. "Analizzando
il vasellame e addirittura la forma delle ancore, si può determinare la diversa
provenienza delle genti e il tipo di commercio in cui erano impegnate. Si
tratta davvero di un sito eccezionale". Un libro aperto, ma ancora da sfogliare.
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