In Egitto l'organizzazione giudiziaria era rigida, è stato trovato un solo codice, ma sembra che la legislazione fu molto chiara e decisa e formasse un corpo giuridico. Lo studio delle leggi e della loro applicazione permette di conoscere il grado di sviluppo di una società. In Egitto la legge aveva alla base il concetto di maat. Il faraone dettava le leggi come espressione di giustizia; fissava ed estendeva le regole della organizzazione cosmica, che erano state messe in pratica nella creazione. Senza dubbio, insieme alle norme dettate dagli dei o da antichi re, i decreti, le concessione di privilegi e le sentenze giudiziarie formavano il corpo giuridico. Non si può parlare di legislazione in senso stretto, ma si trattava di un diritto pratico; si decideva su ciascun caso nuovo senza attenersi necessariamente al diritto antico applicato. In tal modo le leggi continuavano a essere applicabili, finché non fossero state modificate da una decisione del re; il faraone poteva apprendere risoluzioni in constrasto con la legislazione ma non con l'idea di maat. Sfortunatamente sono scarsi i documenti sull applicazioni delle leggi. Le sentenze venivano emesse essenzialmente dal faraone, qualsiasi faccenda poteva essere portata a sua conoscenza. Lo seguiva il visir, intermediario tra il faraone e gli organi di governo; insieme al re, egli era il giudice supremo del paese, ma aiutato da tutta un'amministrazione giudiziaria che si sviluppò nel tempo. Durante la V dinastia (2494-2345 a.C). Esistevano sei tribunali, chiamati ''dimore venerabili'', con alti funzionari e personale ausiliario. Nel nuovo regno (1552-1069 a.C) vi erano tribunali locali composti dai notabili, il cui compito consisteva nello svolgimento di indagini nel luogo in cui sorgeva la lite. Possediamo poche informazioni sul procedimento giuridico, ma sappiamo che attori e convenuti si difendevano da soli e le decisioni si basavano su prove documentali, supportate da testimonianze.
Per i crimini, le udienze cominciavano con l'interrogatorio degli imputati; si ricorreva persino alla tortura. Se venivano ritenuti colpevoli, si rimetteva il caso al faraone affinché decidesse la pena. Nel nuovo regno gli attori poterono ricorrere agli oracoli, chiedendo giustizia alla statua di un re o di un dio, durante le festività religiose.
Anche gli dei avevano le loro divergenze per conflitti di interesse, che si accompagnavano a scontri giudiziari. Thot li convocava in assemblea: In caso di conflitto, il demiurgo chiedeva l'opinione di tutti e si svolgeva il processo. Queste riunioni facevano le veci del tribunale, preseduto dal demiurgo in cui il dio Thot fungeva da giudice, arbitro e cancelliere.
Le querele o atti di accusa di comunicavano a Ra che decideva se rimetterle o meno. Nessuna divinità era immune da rimproveri o denuncie. Thot elencava i capi d'accusa davanti alle divinità, che potevano essere allo stesso tempo giudici, giurati, e testimoni.
I documenti giuridici (sopra) risalgono a periodi più recenti, sono papiri scritti principalmente in demotico o direttamente in greco. Da essi si deduce che vi era un concetto chiaro e di proprietà privata, trasmissibile per eredità o tra i vivi, come vendita o donazione. Esisteva uguaglianza giuridica tra marito e moglie, che potevano pattuire contratti matrimoniali e mettere in atto legati o locazioni. Si procedeva inoltre alla registrazione dei contratti lavorativi e non era sconosciuto il diritto internazionale.
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