Nell'antico Egitto la morte era considerata una fase di transizione in cui l'essere umano passava a un nuovo stato di esistenza nell'aldilà. Perciò bisognava aiutare il defunto a resuscitare nel mondo dei morti. L'ingresso del morto nell'aldilà non dipendeva soltanto dal fatto che egli si fosse comportato correttamente durante la sua vita e che, nella pesatura dell'anima, o psicostasia, il tribunale di Osiride lo avesse considerato degno di entrare nel mondo dei morti. Era necessario, infatti, che anche il fisico del defunto si trovasse in ottime condizioni. Egli doveva essere in grado di muoversi da sé nel ''mondo inferiore'', per cui le estremità dovevano essere rianimate. Allo stesso modo doveva poter mangiare, bere, parlare e avere rapporti sessuali. La cerimonia di apertura della bocca consisteva in un insieme di riti compiuti sulla mummia o su una statua del defunto e volti a far riprendere le sue funzioni vitali. Durante il suo svolgimento, il morto riacquistava anche la vista. Per gli egizi (come anche in altre culture) ''vedere'' era sinonimo di ''vivere''. La vista è uno dei principali mezzi a disposizione dell'essere umano per percepire le cose e la conoscenza di ciò che c'era intorno significava essere vivi. Perciò, il nome completo del rituale era ''cerimonia di apertura della bocca e degli occhi''. Dopo che il corteo funebre era arrivato alla necropoli, il rituale veniva compiuto dai sacerdoti e in base alle rappresentazioni, sappiamo che esso avveniva davanti alla tomba del defunto.
Le principali fasi della cerimonia dell'apertura della bocca erano:
1)Il cerimoniale della rigenerazione consisteva in un insieme di riti predeterminati, compiuti dai sacerdoti accompagnati dalle prefiche. Alcune fasi di questa cerimonia erano più comuni di altre. Il successo della resurrezione del defunto dipendeva proprio dal corretto svolgimento di questi atti cerimoniali.
2)Dopo aver posto la mummia o la statua del defunto su un monticello di terra che ricordava la collina primordiale, veniva compiuta una purificazione mediante una libagione con acqua tramite il nemeset(un vasetto tondo) e un'aspersione di incenso o natron dell'Alto e del Basso Egitto. Poi il sacerdote funerario o sem svolgeva i primi riti di resurrezione e compiva il primo gesto di apertura della bocca e degli occhi con il dyeba(era uno strumento d'oro a forma di dito, con cui si toccava la bocca della mummia o quella della statua) e il nechereti (era un'ascia con cui i sacerdoti aprivano la bocca ai defunti) o nua.
3)Uno dei passi successevi consisteva nel sacrificio dei due tori dell'Alto e del Basso Egitto, a volte solo di uno. A questa espiazione assistevano le due rappresentanti di Iside e Nefti. Il cuore e una zampa dell'animale venivano consegnati al defunto come garanzia di vita. Poi il sacerdote sem compiva una nuova apertura della bocca con il peseshekef (una selce a forma di amo).
4)Le fasi finali della cerimonia consistevano in aspersioni di incenso sulla mummia o sulla statua del defunto e nella declamazione di formule esortative; come ''Resta sano e forte, resta sano e forte..verso Occidente, verso Occidente''. Poi il defunto era trasportato nella camera sepolcrale, dove gli veniva consegnata la tavola delle offerte e veniva compiuta un'ultima purificazione con incenso. Li avveniva anche la lettura della formula conclusiva con l'ur-hekau o ''grande mago'', un bastone con testa di ariete o serpente. Nel Nuovo Regno, il sacerdote sem e il sacerdote lettore erano i principali esecutori del rituale di rigenerazione, ma erano presenti anche altri sacerdoti di rango inferiore, che a loro volta aiutavano i primi due e rappresentavano vari personaggi specifici, come, ad esempio, il re-pat, che copriva il ruolo di ''figlio del defunto'', il semer ''amico'' o l'imbalsamatore con la maschera di Anubi.
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