mercoledì 20 giugno 2012

Gli umanisti e il linguaggio dei Geroglifici

Il passaggio dal Medioevo al Rinascimento fu reso possibile dalle conquiste dell'Umanesimo. La riscoperta e lo studio dell'antichità classica, iniziati nelle repubbliche dell'Italia del XV secolo, offrirono l'opportunità di un avvicinamento alla cultura geroglifica egizia, interpretata in modo immaginario. L'umanesimo fu un movimento culturale, consolidato e sviluppato principalmente in Italia durante il XV secolo, che intendeva recuperare il protagonismo dell'uomo attraverso i modelli letterari, filosofici e artistici dell'antichità. L'azione di recupero filologico della Grecia e da Roma, insieme allo studio dei resti archeologici, fornì nuovi mezzi per l'interpretazione dei geroglifici egizi. Testi antichi, copiati in monasteri medievali, come ''Hieroglyphica'' di Orapollo, ebbero un notevole successo negli ambiti umanistici e facilitarono la comparsa di opere in cui venivano decifrati geroglifici di nuova invenzione, anche se spacciati per egizi. La più importante di tutte fu ''Hypnerotomachia Poliphili'' (il sogno di Polifilo), di Francesco Colonna, pubblicata nel 1499. Quest'opera, riccamente illustrata, descrive il viaggio onirico di un giovane innamorato e il suo incontro con fantastici monumenti e iscrizioni ''geroglifiche'' da lui interpretate. La passione dell'Umanesimo per l'antichità, le arti decorative e gli enigmi fece si che questa strana opera avesse un successa senza precedenti. A parte l'interesse generale degli umanisti per l'antichità, si verificò un episodio di notevole importanza per la diffusione dei geroglifici durante il Rinascimento: il ritrovamento in Grecia, agli inizi del XV secolo, dell'opera di Orapollo ''Hieroglyphica'', un antico testo sui geroglifici. Nello stesso periodo in Germania venne scoperto un manoscritto dello storico romano di origine greca del IV secolo, Ammiano Marcellino, con descrizioni di geroglifici egizi. L'opera Hieroglyphica, scritta in egizio da Orapollo di Nilopoli intorno al V secolo d.C., venne tradotta in greco da un tale Filippo. Questo trattato ha un fondamento di verità, anche se mischiato a fantasia, che dimostra come l'autore dovesse conoscere relativamente bene la scrittura geroglifica egizia. In questo trattato i geroglifici non si combinano tra loro per formare concetti o frasi. Successivamente all'edizione dell'opera di Orapollo e alla pubblicazione del libro di Francesco Colonna, Pierius Valerianus (il cui vero nome era Giovan Pietro de la Fosse) pubblicò un nuovo trattato sui geroglifici, in cui forniva un metodo allegorico per l'interpretazione dei geroglifici copiato da Orapollo e da altri classici. Ad esempio, a fianco possiamo vedere come Pierius ricostruisce un iscrizione di Sais, presa da Plutarco.

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