Membro dell'alta nobiltà egizia, ma non imparentato con la
famiglia reale, Thtumosi Aakheperkara fu designato come successore di Amenhotep
I dalla regina madre Ahmes-Nefertari. Quando salì al trono, il nuovo faraone
era già padre di una bambina, la futura regina Hatshepsut.
Compagno d'armi
Verso il 1800 a.C., il popolo orientale degli Hyksos invase la regione del delta del Nilo e vi si insediò. Stanca di subire l'occupazione di una parte del paese, la nobiltà tebana prese le armi contro gli invasori. Molti condottieri si succedettero alla testa dell'esercito egizio, ma fu un giovane generale, il principe Ahmose, a riconquistare Avaris, la capitale degli Hyksos, e a ricacciare gli stranieri fuori dal paese. Ahmose fu festeggiato come un liberatore: divenuto faraone, fondò la XVIII dinastia. Tra i giovani ufficiali che si erano battuti valorosamente al suo fianco, c'era Thutmosi. Questi si distinse per il suo coraggio, ma anche per la sua saggezza, per il suo acume politico e per il senso religioso. Dopo la morte di Ahmose, sua moglie Ahmes-Nefertari restò molto vicina al compagno d'armi del marito defunto.
Nel settimo mese del ventesimo
anno del suo regno, il ventesimo giorno del terzo mese di Peret (la stagione
primaverile), morì il faraone Amenhotep I, secondo sovrano della XVIII
dinastia. La sua scomparsa addolorò tutti i suoi sudditi e gettò nello
sconforto i dignitari di corte: la tradizione voleva che, per evitare i rischi
connessi a un vuoto di potere, un nuovo sovrano dovesse essere incoronato
subito dopo la morte del precedente; il problema, in questo caso, era che
Amenhotep I non aveva eredi diretti, poiché la sua sposa Meritamon non gli
aveva dato neanche un figlio. A prendere l'iniziativa fu quindi la regina madre
Ahmes-Nefertari, vedova di colui che aveva liberato l'Egitto dagli Hyksos. La sua scelta cadde su un ufficiale di famiglia
nobile, che come è stato detto, era stato anche compagno d'armi di suo marito: si chiamava appunto Thutmosi
Aakheperkara.
Una successione contestata
La regina Ahmes-Nefertari era
generalmente considerata una donna di carattere, capace di ponderare le proprie
azioni. Tuttavia, la sua decisione di designare Thutmosi I come successore al
trono d'Egitto non mancò di suscitare qualche malumore all'interno della corte.
Il nuovo sovrano, infatti, apparteneva sì all'alta nobiltà tebana, ma non era
direttamente imparentato con la famiglia reale. Per questo, altri pretendenti
manifestarono apertamente la propria insoddisfazione, ritenendo di avere
diritto di precedenza nella lista dei possibili successori di Amenhotep I.
La scelta migliore
A dispetto dei contrasti insorti
in seno alla corte, la madre del re defunto dimostrò di sapere ciò che faceva:
Thutmosi I, infatti, si era già guadagnato un certo prestigio, anche in virtù
dell'esperienza sul campo che aveva acquisito; possedeva, inoltre, doti
naturali di comando che ben presto servirono a placare le contestazioni. Soprattutto,
poteva contare sull'appoggio incondizionato del clero di Amon, senza il quale
nessuna decisione poteva essere presa. Nel momento in cui saliva al trono, Thutmosi
I era già padre di famiglia. La sua sposa Ahmes gli aveva dato due figlie,
Hatshepsut e Neferubity, che divennero principesse reali. La prima avrebbe poi
conosciuto un destino eccezionale, arrivando a regnare come una delle più prestigiose
sovrane del paese. Da una sposa secondaria, Thutmosi I ebbe altri tre figli:
uno di loro, Thutmosi, avrebbe poi sposato la sorella Hatshepsut e sarebbe
diventato re con il nome di Thutmosi II.
Un re condottiero
Non appena indossata la corona
bianca e rossa delle Due Terre, il nuovo faraone dovette riprendere le armi:
dal paese di Kush, giungevano gli echi di una nuova rivolta che minacciava le
frontiere meridionali dell'impero. Il re organizzò una massiccia spedizione
navale che, risalendo il corso del Nilo, si spinse al di là della seconda
cateratta. Per navigare più agevolmente sulle acque del Nilo, il sovrano
approfittò della stagione della piena: l'innalzarsi del livello delle acque
giocava a suo favore.
La campagna fu un successo:
sorpresi dalla rapidità delle truppe faraoniche e dalla loro audacia, i ribelli
furono schiacciati e ridotti al silenzio. Al culmine del massacro, il capo dei
rivoltosi fu ucciso da una freccia che lo colpì in pieno petto. A scoccare quel
dardo fu proprio Thutmosi I: il faraone considerava un onore marciare alla
testa delle sue truppe e prendere parte al combattimento; già in occasione
della guerra di liberazione contro gli Hyksos, del resto, aveva dimostrato le
sue qualità di soldato e il suo coraggio.
Prima di rientrare nella
capitale, il re fece erigere a Tombos una stele commemorativa della sua
vittoria. Riprese poi la navigazione verso nord, questa volta seguendo il corso
del fiume. A Tebe, una folla esultante salutò il ritorno del re, che aveva
fatto appendere il cadavere del capo ribelle, a testa in giù, all'albero
maggiore del Falcone, la nave ammiraglia. Ovviamente, il sovrano riportò con sé
anche un ingente bottino di guerra e migliaia di prigionieri, molti dei quali
furono arruolati nell'esercito egizio.
Subito dopo il suo ritorno,
Thutmosi I intraprese un viaggio nel Nord del paese, nella regione del delta, e
si fece accompagnare da sua figlia Hatshepsut. La principessa, che già si
distingueva per la sua bellezza e la sua intelligenza, si dimostrava molto interessata
agli affari di Stato, e già da qualche tempo veniva educata come un'erede al
trono: a Menfi, il padre la presentò in questa veste ai dignitari e ai più alti
funzionari della città. Stranamente, però, quand'era ancora in vita, Thutmosi I designò come suo successore il figlio Thutmosi, che fu incoronato con il nome di Thutmosi II Aakheperenra e affiancò il padre in una sorta di coreggenza. Nel frattempo, il futuro faraone aveva sposato proprio Hatshepsut, sua sorellastra. Nonostante le ambizioni coltivate fin dalla più tenera età, la principessa dovette accontentarsi di diventare grande sposa reale: il suo momento doveva ancora venire.
Per i Thutmosi, intanto, si ripresentava la necessità di difendere la monarchia dalle rivolte: una seconda campagna militare condusse l'esercito egizio nel paese di Kush e, ancora una volta, fu Thutmosi I a condurre personalmente i suoi soldati. Al suo fianco c'era anche Thutmosi II, che tuttavia non partecipò direttamente alle operazioni: a quanto sembra, si accontentò di seguirle a distanza. Di fatto, al successore di Thutmosi I mancavano diverse qualità per diventare un sovrano all'altezza del suo compito.
Il segreto della camera funebre
Verso il decimo anno di regno, Thutmosi I cominciò a mettere da parte gli obiettivi militari concentrandosi sugli affari interni del paese e, soprattutto, sulle grandi opere architettoniche: il guerriero aveva deposto le armi, e ormai dedicava gran parte del suo tempo a visitare il cantiere di Karnak con il direttore dei lavori Ineni, architetto e orefice, nonché amico fidato del re. Questi non si stancava mai di ammirare l'impressionante allineamento dei pilastri osiriaci, eretti nella sala che stava dietro al quarto pulone, e i due obelischi che aveva fatto erigere davanti al quinto pilone, verso ovest. Ma altrettanto gradita doveva risultargli la vista degli obelischi che decoravano la facciata del tempio: costruiti nell'isola di Elefantina, vicino alla prima cateratta, erano stati scelti per ricordare al sovrano le sue schiaccianti vittorie sui ribelli del paese di Kush.
Un altro dei passatempi preferiti dal faraone era passeggiare tra le lussuriose piantagioni di alberi da frutta che Ineni aveva fatto piantare per lui sulle sponde del grande lago. Eppure, le maggiori preoccupazioni riguardavano un monumento destinato a rimanere rigorosamente invisibile e in costruzione sulla riva sinistra del Nilo: si trattava della sua camera mortuaria, i cui scavi procedevano nel più grande segreto. Come il suo predecessore, Thutmosi I aveva avuto modo di constatare quanto fossero diventate vulnerabili le tombe sormontate da cappelle funerarie: profanazioni e saccheggi delle sepolture reali tendevano purtroppo a moltiplicarsi, così il sovrano decise di nascondere con cura la propria sepoltura agli occhi dei curiosi e dei malintenzionati. Appena salito al trono, Thutmosi I discusse a lungo la questione con il fido Ineni. Fu proprio quest'ultimo a occuparsi personalmente di scegliere il luogo adatto, che si trovava al di là del grande lago, oltre le piantagioni di alberi da frutta all'ombra dei quali il sovrano amava passeggiare e meditare. Nei pressi di uno uadi asciutto che discendeva lungo i fianchi ripidi della montagna, a mezza altezza, si apriva un'incrinature invisibile: il luogo era abbastanza lontano da qualsiasi attività umana e, per arrivarci, bisognava camminare a lungo attraversando un paesaggio ostile- Nel segreto più assoluto, e avvalendosi di operai di fiducia, il capo dei lavori fece scavare nella roccia una lunga galleria, che portava alla camera funebre.
Non si conosce la data esatta in cui Thutmosi I esalò l'ultimo respiro lasciando il trono a suo figlio, il cagionevole Thutmosi II, che lo seguirà nella tomba poco dopo. L'anziano re fu sepolto nella grotta che il suo amico Ineni aveva fatto scavare in gran segreto: la mummia fu rinchiusa in due sarcofagi di legno, posti l'uno dentro l'altro, poi la tomba fu accuratamente murata affinché si confondesse perfettamente nella parete rocciosa.
Passarono diversi anni: Thutmosi II morì a sua volta e Hatshepsut, sua sposa, ne prese il posto sul trono. La regina si trovò nella condizione di dover provare la legittimità della sua successione, dovendo fare i conti con l'incombente presenza di Thutmosi III, suo figliatro e nipote, che non aveva alcuna intenzione di lasciarle la guida del paese. Per dimostrare la sua discendenza reale, Hatshepsut aveva bisogno della "garanzia" postuma di Thutmosi I: decise quindi di spostare la salma del padre nella propria tomba, facendo anche sostituire le due casse di legno con un sarcofago scolpito nel quarzo rosso. Per fare ciò. bisognava trovare la sepoltura nascosta: il vecchio Ineni era morto poco tempo dopo il suo signore, portando con sé il suo segreto. Grazie a un suo coetaneo ancora in vita, però, fu possibile scoprire il nascondiglio in cui Thutmosi I riposava per l'eternità. Era destino, peraltro, che le spoglie del vecchio sovrano non potessero trovare una pace duratura. Altri problemi, infatti, sorsero quando Thutmosi III riuscì a salire al trono: divenuto faraone a pieno titolo dopo la morte della matrigna, questi decise di cancellarne il ricordo. Fece dunque aprire la tomba della regina e riesumò sia le sue spoglie, sia quelle del nonno. Queste furono trasferite in una tomba scavata nella Valle dei Re: questa volta, si trattò davvero del loro ultimo viaggio.
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