La storia di Sinuhe è considerata l’opera più completa della
letteratura egizia del Medio Regno. Apparentemente è un autobiografia, giunta
fino a noi su papiri e su ostraka. Nell’antico Egitto, questo testo fu
utilizzato ampiamente per imparare a leggere e a scrivere.
Questa è la biografia, narrata in prima persona, di un uomo
della corte di Amenemhat I, che, alla notizia dell’uccisione del Faraone (1962
a.C.) fugge dall’Egitto per paura di possibili disordini. Il racconto comincia
con l’arrivo della notizia della morte del re, all'accampamento del principe
Sesostri, si trova al comando di un esercito inviato a fronteggiare alcune
tribù libiche. Sinuhe fugge attraverso le terre del delta e arriva all’istmo di
Suez, dove viene accolto da un gruppo di beduini. Infine giunge al paese di
Retenu, in Palestina, dove si stabilisce in una terra chiamata Iaa, sotto la
protezione del capo Amunenchi. Sinuhe sposta la figlia del principe di Retenu e
diventa un personaggio famoso e potente, capo di una delle tribù. Ormai
anziano, Sinuhe riceve una lettera del Faraone Sesostri I, in cui gli si chiede
di tornare in Egitto, dove non c’è nulla che debba temere. Nella lettera il
sovrano gli promette, oltre a onori e ricchezze, una morte degna in Egitto.
I testi arrivati fino a noi
Il
testo della storia di Sinuhe ci è giunto in scrittura ieratica su numerosi
papiri e frammenti di epoche differenti. Ciò testimonia la popolarità di cui godé
dal momento della sua composizione (verso il 1.900 a.C.) e che durò nel corso
di otto secoli. La copia in miglior condizioni è quella del Papiro di Berlino
3.022, della XII Dinastia, che contiene 311 righe, sebbene però sia andato
perso l’inizio del racconto. Questa lacuna è colmata dal Papiro di Berlino
10.499, copiato la fine del Medio Regno, che contiene 203 righe e conserva
l’inizio. Tuttavia, il maggior numero di frammenti della storia di Sinuhe ci è
giunto su ostraka e ha un origine scolastica. Infatti, questo racconto molto
popolare fu utilizzato come modello per la formazione degli apprendisti scribi,
che se ne servivano per esercitarsi. L’esempio più importante di tale uso è
l’ostrakon conservato all’Ashmolean Museum di Oxford, che consta di 130 righe.
Il valore filologico di questa versione è minore, poiché essa fu copiata al
tempo della XIX Dinastia, nel Nuovo Regno, una data molto posteriore rispetto a
quella della composizione dell’opera.
L'importanza della storia di Sinuhe
Lo scrittore inglese Rudyard Kliping considerava la storia
di Sinuhe come una delle grandi opere della letteratura Universale. E di certo,
pur senza essere molto vasta, è l’opera letterario egizia non religiosa più
elaborata e che presenta le sfumature più numerose. In primo luogo, la si
potrebbe includere nel genere della biografia, insieme ai numerosi esempi di
questo tipo di testi trovati nelle tombe dei nobili a partire dall’Antico
Regno. Ma questo capolavoro li trascende e non si limita a una mera
giustapposizione di dati e all'esaltazione retorica delle virtù e delle gesta
del defunto, ma collega gli episodi e le scene con un’intenzionalità
drammatica, all’interno di un insieme armonico. La storia presenta il
protagonista come un vero essere umano - con le sue debolezze incertezze - e
non come un eroe archetipico. Fu concepita come opera letteraria dal suo
autore, uno scrittore straordinariamente dotato per l’espressione delle sfumature
lessicali e per l’uso di vari registri. Così, per esempio, riusciva a passare
da un dialogo quasi colloquiale (come nella conversazione tra il re e la
regina) alla retorica più formale (come nelle lettere che si scambiano Sinuhe e
Sesostri). L’elaborazione letteraria della storia di Sinuhe sembra essere
confermata e ampliata da alcune ricerche, tesi a dimostrare che tale testo non
è scritto in prosa, come si credeva, ma in versi. A ragione, questa grande
opera fu considerata già dagli stessi egizi come il classico per eccellenza
della loro letteratura.
Sinuhe, “il figlio del sicomoro”.
Il nome di Sinuhe è la restituzione fatta dai filologi
attuali di un geroglifico che letteralmente significa “il figlio del sicomoro”
o, allo stesso modo, “il figlio di Hathor”. Questo nome è composto dal
geroglifico dell’oca che precede il segno dell’albero della dea Hathor, il
ficus sicomorus, poi si aggiunge il segno determinativo, indicando così che la
parola designa un “uomo”. Tra gli egizi era molto diffusa l’usanza di includere
i nomi delle divinità in quelli propri di persona di ogni rango, poiché in
questo modo chi portava quel nome rimaneva sotto la protezione di tale
divinità. Sebbene oggi stia scomparendo, il sicomoro fu molto diffuso nel nord
est dell’Africa e divenne un simbolo dell’Antico Egitto. I suoi frutti sono
commestibili e il legno, molto resistente, veniva utilizzato abitualmente per i
sarcofagi e per scolpire statue.
Consiglio bibliografico: La Storia di Sinuhe
Nel 1954 è uscita al cinema la versione romanzata e ritoccata del romanzo di Mika Waltari, questa volta non ambientato nel Medio Regno ma alla corte di Akhenaton. Una rivisitazione completamente fantasiosa ma di grande pregio, soprattutto per le magnifiche ricostruzioni degli abiti e le straordinarie scenografie.
Libro: Sinuhe l'egiziano
Film: Sinuhe l'egiziano
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