giovedì 1 ottobre 2015

La storia di Sinuhe

La storia di Sinuhe è considerata l’opera più completa della letteratura egizia del Medio Regno. Apparentemente è un autobiografia, giunta fino a noi su papiri e su ostraka. Nell’antico Egitto, questo testo fu utilizzato ampiamente per imparare a leggere e a scrivere.


Questa è la biografia, narrata in prima persona, di un uomo della corte di Amenemhat I, che, alla notizia dell’uccisione del Faraone (1962 a.C.) fugge dall’Egitto per paura di possibili disordini. Il racconto comincia con l’arrivo della notizia della morte del re, all'accampamento del principe Sesostri, si trova al comando di un esercito inviato a fronteggiare alcune tribù libiche. Sinuhe fugge attraverso le terre del delta e arriva all’istmo di Suez, dove viene accolto da un gruppo di beduini. Infine giunge al paese di Retenu, in Palestina, dove si stabilisce in una terra chiamata Iaa, sotto la protezione del capo Amunenchi. Sinuhe sposta la figlia del principe di Retenu e diventa un personaggio famoso e potente, capo di una delle tribù. Ormai anziano, Sinuhe riceve una lettera del Faraone Sesostri I, in cui gli si chiede di tornare in Egitto, dove non c’è nulla che debba temere. Nella lettera il sovrano gli promette, oltre a onori e ricchezze, una morte degna in Egitto. 

I testi arrivati fino a noi
Il testo della storia di Sinuhe ci è giunto in scrittura ieratica su numerosi papiri e frammenti di epoche differenti. Ciò testimonia la popolarità di cui godé dal momento della sua composizione (verso il 1.900 a.C.) e che durò nel corso di otto secoli. La copia in miglior condizioni è quella del Papiro di Berlino 3.022, della XII Dinastia, che contiene 311 righe, sebbene però sia andato perso l’inizio del racconto. Questa lacuna è colmata dal Papiro di Berlino 10.499, copiato la fine del Medio Regno, che contiene 203 righe e conserva l’inizio. Tuttavia, il maggior numero di frammenti della storia di Sinuhe ci è giunto su ostraka e ha un origine scolastica. Infatti, questo racconto molto popolare fu utilizzato come modello per la formazione degli apprendisti scribi, che se ne servivano per esercitarsi. L’esempio più importante di tale uso è l’ostrakon conservato all’Ashmolean Museum di Oxford, che consta di 130 righe. Il valore filologico di questa versione è minore, poiché essa fu copiata al tempo della XIX Dinastia, nel Nuovo Regno, una data molto posteriore rispetto a quella della composizione dell’opera. 

L'importanza della storia di Sinuhe
Lo scrittore inglese Rudyard Kliping considerava la storia di Sinuhe come una delle grandi opere della letteratura Universale. E di certo, pur senza essere molto vasta, è l’opera letterario egizia non religiosa più elaborata e che presenta le sfumature più numerose. In primo luogo, la si potrebbe includere nel genere della biografia, insieme ai numerosi esempi di questo tipo di testi trovati nelle tombe dei nobili a partire dall’Antico Regno. Ma questo capolavoro li trascende e non si limita a una mera giustapposizione di dati e all'esaltazione retorica delle virtù e delle gesta del defunto, ma collega gli episodi e le scene con un’intenzionalità drammatica, all’interno di un insieme armonico. La storia presenta il protagonista come un vero essere umano - con le sue debolezze incertezze - e non come un eroe archetipico. Fu concepita come opera letteraria dal suo autore, uno scrittore straordinariamente dotato per l’espressione delle sfumature lessicali e per l’uso di vari registri. Così, per esempio, riusciva a passare da un dialogo quasi colloquiale (come nella conversazione tra il re e la regina) alla retorica più formale (come nelle lettere che si scambiano Sinuhe e Sesostri). L’elaborazione letteraria della storia di Sinuhe sembra essere confermata e ampliata da alcune ricerche, tesi a dimostrare che tale testo non è scritto in prosa, come si credeva, ma in versi. A ragione, questa grande opera fu considerata già dagli stessi egizi come il classico per eccellenza della loro letteratura.


Sinuhe, “il figlio del sicomoro”.

Il nome di Sinuhe è la restituzione fatta dai filologi attuali di un geroglifico che letteralmente significa “il figlio del sicomoro” o, allo stesso modo, “il figlio di Hathor”. Questo nome è composto dal geroglifico dell’oca che precede il segno dell’albero della dea Hathor, il ficus sicomorus, poi si aggiunge il segno determinativo, indicando così che la parola designa un “uomo”. Tra gli egizi era molto diffusa l’usanza di includere i nomi delle divinità in quelli propri di persona di ogni rango, poiché in questo modo chi portava quel nome rimaneva sotto la protezione di tale divinità. Sebbene oggi stia scomparendo, il sicomoro fu molto diffuso nel nord est dell’Africa e divenne un simbolo dell’Antico Egitto. I suoi frutti sono commestibili e il legno, molto resistente, veniva utilizzato abitualmente per i sarcofagi e per scolpire statue.

Consiglio bibliografico: La Storia di Sinuhe

Nel 1954 è uscita al cinema la versione romanzata e ritoccata del romanzo di Mika Waltari, questa volta non ambientato nel Medio Regno ma alla corte di Akhenaton. Una rivisitazione completamente fantasiosa ma di grande pregio, soprattutto per le magnifiche ricostruzioni degli abiti e le straordinarie scenografie.

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