Dopo aver subito per quasi un
secolo la dominazione dei Persiani, l'Egitto accolse Alessandro Magno come un
liberatore e un vero faraone. La leggenda voleva che il giovane re macedone
fosse figlio di Nectanebo II, ultimo dei sovrani egizi.
Nel 332 a.C., mentre muoveva
verso l'Egitto, Alessandro trovò un ostacolo imprevisto: era la città
fortificata di Gaza, capitale dei Filistei, governata per conto del re persiano
Dario da un eunuco di nome Bati. Durante l'assedio, il conquistatore macedone
fu ferito a una spalla, ma alla fine riuscì ad avere la meglio sulla tenace
resistenza del nemico e poté dare sfogo alla sua rabbia: fece uccidere tutti
gli uomini della città, che fu rasa al suolo mentre le donne e i bambini furono
venduti come schivi. Lo stesso Bati fu giustiziato in modo esemplare:
Alessandro gli fece bucare un tallone per infilarvi un anello di bronzo, poi lo
attaccò al suo carro lanciato a tutta velocità, trascinando il corpo ancora
vivo dell'avversario. A quel punto, il re macedone era pronto a mettere in
pratica quanto suggeritogli dai suoi consiglieri: "Re, prima di ogni altra
impresa, ricordati di compiere sulla terra di Amon l'opera che da te ci si
aspetta". Si mise in marcia, dunque, verso l'Egitto. Prima, però, fece
caricare su una nave una grande quantità d'incenso che aveva trovato nei
magazzini di Gaza, e lo inviò in Macedonia come regalo per il suo maestro, il
filosofo Aristotele.
Alessandro in realtà fu spesso un
re giusto, parsimonioso e capace, tuttavia le offese e i tradimenti scatenavano
in lui una rabbia senza fine. Gaza non fu di certo la sola città ad offendere
il re macedone, ci sono moltissimi esempi da fare: Tiro, la morte di Clito o l'esecuzione del compagno d'armi, Filota.
Nonostante la sua rabbia, sono molti di più i casi in cui Alessandro dimostrò
una compassione e un senso di giustizia unici.
L'incoronazione di Alessandro
Per raggiungere Pelusa, situata
alle porte dell'Egitto, sul ramo più orientale del Nilo, Alessandro impiegò
solo sette giorni. Mentre la flotta procedeva lungo le coste, il re, alla testa
della sua fanteria, seguì la via terrestre, da lui nettamente preferita a
quella marittima. Alla fine, la flotta e l'esercito si riunirono a Eliopoli, la
città del sole, non lontano da quella piana di Giza su cui si stagliavano le
monumentali piramidi. Da lì, Alessandro mosse verso Menfi. Il suo ingresso in
città fu trionfale: sfiniti dalla lunga dominazione persiana, gli egizi
accolsero come un liberatore l'uomo che li aveva aiutati a disfarsi del giogo
straniero.
Alessandro, però, non era solo un
conquistatore, ma anche un abile uomo politico e un diplomatico accorto.
Conoscendo l'importanza che la religione rivestiva in Egitto, volle per prima
cosa rassicurare il clero. Oltretutto, divinità come Amon, Iside e Osiride non
erano affatto sconosciute ai macedoni. Per placare sul nascere ogni possibile resistenza,
perciò, il nuovo re si esibì in un gesto carico di significato religioso,
assistendo al sacrificio del toro Apis. A quel punto, i sacerdoti fecero
annunciare che il nuovo faraone, tanto atteso dopo quasi un secolo di
dominazione straniera e dieci anni di trono vacante, era finalmente arrivato.
Nel giorno stabilito, Alessandro fu incoronato re d'Egitto.
La cerimonia si svolse alla
presenza delle sole persone autorizzate a entrare nel tempio di Ptah, il dio
che presiedeva a ogni attività umana. Il gran sacerdote, assistito dai suoi
numerosi servitori, spogliò Alessandro dei suoi abiti e lo fece ungere d'olio
sacro nelle parti del corpo da cui si sprigionano la forza, l'intelligenza e la
volontà. Poi, il nuovo faraone fu rivestito con abiti regali e ornamenti sacri,
e invitato a sedersi sul trono di Ptah. A questo punto, indossò in successione
tutte le corone che dovevano conferirgli la piena maestà: prima quella di
Horus, poi quella di Amon-Ra adornata dal disco solare, e di seguito la corona
bianca dell'Alto Egitto e quella rossa del Basso Egitto. Infine, sul capo del
sovrano fu deposta la tiara reale che riuniva le due precedenti. Quando
Alessandro ebbe in mano lo scettro e la croce della vita, attributi della sua
regalità, un forte profumo d'incenso si sparse nel tempio. Intanto, i sacerdoti
pronunciavano ad alta voce i nomi del faraone, gli stessi che sarebbero stati
colpiti per l'eternità sulla pietra dei templi e di tutti gli edifici eretti
durante il suo regno: "Re sparviero, principe della vittoria, re del
giunco e dell'ape, amato da Amon, eletto dal dio sole, Alessandro, Signore del
Doppio Paese e Signore della gloria, dotato di vita per sempre come il dio sole
per il tempo infinito".
Alessandro figlio di Nectanebo
II?
Uno dei motivi per cui gli egizi
accolsero Alessandro con tanto calore è legato forse a una leggenda che fu
alimentata, a quanto pare, dallo stesso re macedone. Secondo quanto si diceva,
Nectanebo II, ultimo faraone indigeno dell'Egitto, si era recato in Macedonia
nell'anno in cui sarebbe nato Alessandro: introdottosi furtivamente nella stanza
di Olimpiade, madre del futuro conquistatore, assunse l'aspetto di Zeus-Ammone
e giacque con la donna. Da quell'unione, dunque, nacque il futuro re, nonché
futuro faraone d'Egitto. A rinforzare la leggenda contribuì il gesto rituale
compiuto di Alessandro durante l'incoronazione: il bacio del nuovo sovrano
all'effigie del suo predecessore fu interpretato come un segno d'affetto
rivolto da un figlio al proprio padre; che in realtà altro non era che
un'astuta mossa politica.