Sembra che la sesta piaga
dell’Egitto annunciata da Mosé al Faraone fosse proprio il vaiolo. Diversi
studiosi lo hanno identificato con la malattia “shehin”, parola ebraica che si
trova nell'antico testamento, ed è nel Pentateuco che troviamo diversi riferimenti
a questa malattia; oltre a quelle che si trovano nel Deuteronomio, “il Signore
ti colpirà con le ulcere d’Egitto” (Deut. 28,27), “il Signore ti colpirà alle
ginocchia e alle cosce con un ulcera maligna dalla quale non potrai guarire; ti
colpirà dalla pianta del piedi alla sommità del capo” (Deut. 28,35), è molto
importante il passo dell’Esodo: “il Signore disse a Mosé e ad Aronne:
procuratevi una manciata di fuliggine di fornace: Mosé la getterà in aria sotto
gli occhi del Faraone. Essa diventerà un pulviscolo diffuso su tutto il Paese
d’Egitto e produrrà, sugli uomini e sulle bestie, un ulcera con pustole, e in
tutto il Paese d’Egitto” (Es. 9,8 - 9). Alcuni studi ritengono trattarsi di
vaiolo, anche se a dire il vero appare un po' problematica l’estensione
dell’infezione agli animali, dal momento che il virus del vaiolo umano è
diverso da quello bovino e di altri animali, quindi colpisce solo l’uomo e le
scimmie. Una conferma ci viene tuttavia da un testo posteriore di Filone di
Alessandria, filosofo ebreo vissuto a cavallo tra il I secolo a.C. e il I
secolo d.C., dove, nel trattato storico apologetico “de vita Moysis”, descrive
il vaiolo nella sua forma confluente: “la polvere si depositò immediatamente
sugli uomini e sugli animali e provocò una ulcerazione violenta e dolorosa di
tutta la pelle e, nello stesso momento in cui si produceva l’eruzione, i corpi
gonfiavano con delle flittene suppuranti di cui si sarebbe detto fossero
provocate da un fuoco invisibile. Tormentati dalle sofferenze e dai dolori, sia
a causa dell’ulcerazione che a causa del bruciore, essi soffrivano nella loro
anima tanto quanto nei loro corpi; poiché si poteva vedere un'ulcera unica e
continua estendesi dalla testa fino ai piedi, non appena le pustole che si
erano estese sugli arti e sul tronco si sviluppavano e formavano un unica
massa”.
Lasciando perdere le testimonianze bibliche, che nulla hanno di storico,
le documentazioni istopatologiche che ci possono venire in aiuto
sono scarse, ma abbastanza probanti: una mummia della XX Dinastia, scoperta a
Deir el Bahari da Ruffer e Ferguson, presenta sulla pelle tracce di lesioni le
cui caratteristiche di forma e localizzazione posso ragionevolmente attribuirsi
al vaiolo; l’esame istologico ha confermato la presenza di vescicole con struttura
a setti verticali caratteristici (dovuta a rottura delle cellule malphighiane
con formazione di una cavità pluriloculata;
nel derma erano presenti anche numerosi batteri Gram positivi). Anche la
mummia di Ramses V (XX Dinastia) presenta sul viso, addome e cosce l’esito di
una eruzione papulosa molto verosimilmente da riconoscere come di natura
vaiolosa.
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