domenica 18 settembre 2011

Kem-ur-mi: l'antico canale dei Faraoni


La regione di Suez era nota anticamente come Heroopolita, e vi sono stati rinvenuti alcuni reperti, testimonianze dell'antichità di Suez. Nella regione sorgeva infatti la cittadina greco-romano di Klusma (poi divenuta Qulzum), sui resti del canale dei faraoni, Wadi Tumilat. Fin dall'antichità i faraoni capirono l'importanza di connettere il Mediterraneo con il Mar Rosso. La prima connessione cui si pensò sfruttava il Nilo e Wadi Tumilat, nell'antichità parzialmente e periodicamente navigabile. Secondo il progetto dei faraoni, le navi avrebbero imboccato dal Mediterraneo il braccio pelusiaco del Nilo, che oggi è asciutto, e avrebbero potuto risalirlo fino a Bubastis; da qui i battelli avrebbero raggiunto e navigato lungo Wadi Tumilat fino ai laghi Amari, e quindi da questi al golfo di Suez. Questa via fu nota ai greci come ''canale dei faraoni'' che gli egizi chiamavano Kem-ur-mi; accostando il grande canale al lago Amaro a cui esso si connetteva e che aveva come nome Kem-ur. L'idea fu realizzata solo nell'Epoca Tarda, anche se i lavori più antichi potrebbero essere stati cancellati da quelli più recenti; le prime prove storiche di un tentativo di realizzazione di un tale progetto risalgono a Neko II.
Sappiamo da Plinio che il canale misurava circa 92 km(le 62 miglia romane), che lungo lo Wadi Tumilat, equivale alla distanza fra Bubastis e l'estremità settentrionale dei laghi Amari. Il canale rimase abbandonato fino all'arrivo di Dario I, che lo fece riaprire e lo completò, una volta finito, fece commemorare l'impresa facendo incidere lungo il percorso una serie di steli commemorative in lingua egizia e persiana. Una diga naturale separava ancora il canale dai laghi Amari; essa fu tagliata sotto Tolomeo II Philadelfo, per essere rimpiazzata da una sorta di chiusa che permetteva di far comunicare il canale con i laghi Amari e quindi creava la connessione diretta con il golfo Heroopolita. Il golfo di Suez nell'antichità era noto come golfo di Heoopolita. Tuttavia l'incuria e la sabbia ebbero ragione dell'opera, già ostruita sotto Cleopatra VII; fu poi riattivata sotto il regno di Traiano.
Il nuovo canale doveva sfruttare parte della vecchia opera, unendosi a quella all'ingresso di Wadi Tumilat. In seguito il canale ricadde preda delle sabbie e venne abbandonato. Ancora una volta fu riattivato, ma per questo dovette attendere fino al 640 d.C., anno in cui arrivò in Egitto il generale 'Amr ibn el 'As, che era agli ordini del califfo 'Omr ibn al Khattab. Fu distrutto poco più tardi, nel 767, per ordine del califfo Abu Dja'far el Mansur, che voleva spegnere la rivolta della Medina riducendola alla fame. Quella fu la fine del canale dei faraoni, che venne abbandonato per sempre. Oggi Qulzum è ridotta a un cumulo di macerie che formano uno degli innumerevoli tell* dell'Egitto, ma un tempo per la sua posizione di frontiera era una tappa obbligata per chi percorreva la pista del Sinai.
Quando Napoleone arrivò in Egitto, i suoi studiosi scoprirono l'esistenza del canale dei faraoni(cosa a cui pensarono anche i Veneziani 300 anni prima), da questo momento iniziò il progetto del moderno canale di Suez, che segue un percorso diverso da quello antico, il progetto fu terminato a metà del XIX secolo e inaugurato nel 1871 con l'Aida di Giuseppe Verdi.

* parola araba usata per indicare una collina, in ebraico ''tel''.

lunedì 12 settembre 2011

Oltre la maschera di Spartacus

Molti dei miei lettori si chiederanno perché dedico un post alla scomparsa di un attore australiano e per quale motivo mi sento di farlo. Il mio motivo a molti di voi sembrerà insufficiente, non ho solo amato la grazia, la forza e la dignità d'espressione che Andy Whitfield ha avuto nell'esprimere se stesso tramite la recitazione, ma ho anche imparato a conoscere il suo sorriso e lo sguardo con cui guardava dritto nella telecamera, come se niente al mondo potesse fermarlo. Tutti lo conosciamo come Spartacus, tutti lo abbiamo incitato e incoraggiato, proprio come facciamo la domenica allo stadio, come se lui fosse stato davvero lì nell'arena a combattere per la sua libertà. Dietro a Spartacus c'era un giovane uomo, una persona innamorata di sua moglie, un figlio e un amico, quindi oggi non salutiamo solo il volto di un eroe che ci ha fatto battere il cuore ma anche un ragazzo come noi che nonostante la morte è riuscito a vincere la paura del male che lo stava divorando. Molti altri attori hanno interpretato Spartacus e molti altri lo faranno, però oggi non voglio dire arrivederci al personaggio, ma all'uomo che nel mio cuore e nella mia memoria avrà sempre un posto.. ciao Andy.

domenica 28 agosto 2011

Le cromolitografie Liebig


L'antico Egitto ha stimolato sempre l'immaginazione e ha lasciato tracce nei campi più insospettati. Le cromolitografie Liebig, stampate in oltre cento anni per pubblicizzare un estratto di carne, ne sono un chiaro esempio. Justus von Liebig, eminente farmacista e chimico tedesco, ideò il modo di far pubblicità allo scopo di promuovere il suo estratto di carne. Come già facevano altri produttori, Liebig decise di regalare con il suo prodotto alcune raccolte di cromolitografie; nel 1872, poco prima della sua morte, uscirono le prime. In oltre cento anni, fino al 1973, ne furono distribuite 1863 serie. Esse comprendevano 6 cromolitografie; sporadicamente apparvero serie di 12 e 18. Le misure erano in genere 100x70 mm. Le cromolitografie furono distribuite in numerosi paesi del continente europeo e vennero tradotte in molte lingue. Esse trattarono svariati temi, tra cui diversi aspetti legati alle antiche civiltà, come quella egizia. Con i loro contorni dorati, esse furono caratterizzate da un accurato e delicato disegno, tipico della fine del XIX secolo. Venivano stampate in litografia e in dodici colori. Ormai sono oggetti di antiquariato, testimonianze di un'epoca romantica.

martedì 16 agosto 2011

Omm Seti, esiste la reincarnazione?

Nella mia vita mi sono ritrovata spesso ad affrontare questa domanda, e negli anni sono giunta ad una personale conclusione. Si la reincarnazione esiste. Tralasciando i motivi che mi spingono a tale affermazione, che non sono solo tentativi personali di ipnosi regressiva e prove, vorrei parlare oggi di una donna straordinaria, il suo nome era Dorothy Eady.
Dorothy nacque a Londra nel 1904, era una bambina come tutte le altre, fino a quando un giorno cadendo dalle scale fu dichiarata morta per alcuni minuti, al suo ritorno dall'aldilà lei iniziò a dire di non appartenere a questo mondo e che lei era un'altra persona. Infatti ha dichiarato fino alla morte di essere stata una sacerdotessa egizia, vissuta all'epoca di Sethi I, il quale era anche il suo amante. Il suo amore per Sethi, proibito e pericoloso, la portò al suicidio.
Nella nuova vita, Dorothy, diventò una delle maggiori esperte di egittologia, dando spesso da pensare a chi non riusciva a capacitarsi di come lei sapesse cose inspiegabili per la mente umana. Si trasferì in Egitto, ebbe un figlio che chiamò Sethi, e per questo veniva chiamata Omm Seti, cioè ''madre di Seti'', come è abitudine nel medio Egitto. Ad oggi la sua storia è una delle più affascinanti e controverse.

Per saperne di più:
Alla ricerca di Omm Sethi di Jonathan Cott scrittore e giornalista newyorchese. Argomento de "Alla Ricerca di Omm Seti" è la biografia dell’inglese Dorothy Eady, ossessionata sin dall’infanzia dalla sua attrazione per l’Egitto, che la spinse a lasciare l’Inghilterra per recarsi a vivere ai piedi delle Piramidi e più tardi nel villaggio di Abido, sede del tempio del suo amato faraone Sethi I. La Eady, poi nota come Omm Sethi, ripercorre la sua vita di egittologa, le cui conoscenze di antichi rituali e dei luoghi di templi restano inspiegabili per molti, nonostante i suoi contributi a grandi scoperte archeologiche. Il libro svela un segreto straordinario: la sua perfetta cognizione di una precedente incarnazione in Egitto, raccontata da lei stessa con humour britannico esilarante e spesso feroce.




domenica 24 luglio 2011

Un giorno da Faraone


La giornata di un re egizio era regolata nei minimi particolari. Tanto nella vita pubblica quanto in quella privata, essa era organizzata secondo un severo e rigido cerimoniale. Il suo tempo era diviso tra le udienze e i giudizi, la caccia e la guerra, le passeggiate e i divertimenti.
Il risveglio del re era una grande cerimonia, il faraone si preoccupava del suo aspetto fisico, e si affidava alle mani esperte del barbiere e della manicure. Doveva indossare un grande vestito: il gonnellino shenti, corto e a pighe, rientrava tra i suoi indumenti. Il faraone non appariva mai in pubblico con la testa scoperta; anche nell'initimità portava sempre un copricapo. Perciò indossava una parrucca e sopra di essa il nemes con il serpente ureo. Una barba posticcia si univa al copricapo. Il re portava collane, pettorali e bracciali. Indossava sandali o camminava scalzo. Di mattina leggeva la posta, si lavava e poi offriva un sacrificio e ascoltava le preghiere del sommo sacerdote. Il re doveva essere al corrente di tutti gli avvenimenti. Dettava risposte, convocava il consiglio, ma il suo principale dovere era quello di manifestare gratitudine agli dei:restaurava monumenti, costruiva nuovi santuari e statue, faceva erigere obelischi; sovrintendeva e controllava l'esecuzione dei suoi ordini. Il faraone nominava gli alti funzionari, sceglieva il sommo sacerdote e ricompensava i generali che avevano compiuto imprese memorabili. Si attendeva che vi fossero diversi personaggi da ricompensare per chiamarli a palazzo. Un'altra cerimonia regale consisteva nel ricevere i delegati stranieri, che arrivavano con i tributi. L'occupazione più importante del re era la guerra. Al ritorno da una spedizione, al faraone piaceva svagarsi nel suo palazzo e divertirsi con la famiglia. Ma anche la caccia era uno sport appassionante: nel deserto, il faraone cacciava leoni, tori o antilopi.I palazzi reali erano in corrispondenza dei templi dedicati al culto del faraone, ogni complesso aveva la ''finestra delle apparizioni'', dalla quale il re distribuiva oro e beni di necessità.
Per quanto riguarda la sessualità nella vita di un faraone possiamo affidarci alla deduzione logica, probabilmente con diversi harem a disposizione, passava le sue notti all'interno di essi. La vita agiata di cui godevano i faraoni è testimoniata da una mummia in particolare, quella di Ramses III, che aveva problemi di obesità; ma tuttavia le mummie testimoniano anche di problemi salutari e in alcuni casi di fastidiose malattie.

mercoledì 6 luglio 2011

Seth, il dio del male e del caos: introduzione.

Dio dalla figura ambigua e controversa, simbolo del caos, del disordine e della sterilità, Seth incarna le forze violente della natura: tempeste e temporali, il deserto, ed anche il mare, in opposizione all'aspetto ''fluviale'' di Osiride. Ma Seth è anche un dio associato alla regalità, e sotto questo aspetto la sua origine è antichissima, sicuramente predinastica: la sua immagine è infatti presente nella testa di mazza del re Scorpione, anteriore a Narmer. Un re della seconda dinastia, Sakhemib, adottò Seth come suo nume protettore e fece collocare la sua immagine sul suo serekh. Il suo successore, Khasekhemuy, abbinò le immagini di Horus e Seth, a simboleggiare vicende politiche i cui dettagli ci sfuggono. Nei Testi delle Piramidi il re dichiara: ''La mia forza è la forza di Seth'' (Pyr.1145). Seth è anche il dio venerato dagli Hyksos, la popolazione semitica che governò parte dell'Egitto, e questo probabilmente contribuì al ricordo negativo che gli egizi hanno sempre conservato di questo episodio. Il culto di Seth riprese vigore nella XIX dinastia, dal suo nome derivò quello di Sethi I, padre del grande Ramses II, e anche quest'ultimo si considerò assai spesso sotto la sua protezione: si definì ''come Seth grande di forza'' e ''come Seth nella sua ora'' nelle iscrizioni che commemorano la battaglia di Qadesh contro gli Hittiti; e quando venne conclusa la pace tra i due popoli, nella Stele del Matrimonio del tempio di Abu Simbel rivolse preghiere e fece sacrifici a Seth, come dominatore degli elementi, affinché tenesse lontano la pioggia e il freddo dalla principessa hittita che stava arrivando in Egitto. Premettendo che questo personaggio è stato trattato in maniera magistrale da un egittologo olandese in un libro che è divenuto un testo di riferimento per la materia (Herman Te Velde, Seth, god of confusion, Brill, Leiden 1977), esamineremo ora alcuni aspetti di questo dio, soffermandoci su quelli più suggestivi ed insoliti. L'iconografia di Seth è tuttora argomento di discussione, Seth è abitualmente raffigurato con corpo umano e una testa dal muso allungato e ricurvo verso il basso, orecchie erette e squadrate alla sommità. L'animale setiano è stato di volta in volta identificato nell'antilope, asino, okapi, levriero, giraffa, tapiro, oritteropo, ecc. È stata anche avanzata l'ipotesi che si tratti di un animale fantastico, specie a causa della coda forcuta che appare quando viene raffigurato in forma completamente animale. Fin dalla sua nascita Seth rivela il suo carattere distruttivo: secondo Plutarco, infatti, non venne partorito nel modo consueto: ''La sua nascita non avvenne nel momento dovuto e nemmeno per via naturale: con un colpo squarciò il fianco della madre e saltò fuori''. Come dicevamo all'inizio, Seth è una figura complessa, oltre ad essere associato a vari animali, assume funzioni e ruoli di varia natura. Ne esamineremo quelli più importanti un passo alla volta nei prossimi post.

venerdì 24 giugno 2011

Scomparsa dell'egittologa Christiane Desroches-Noblecourt

Direttrice del dipartimento delle Antichità Egiziane del Louvre e abile divulgatrice, autrice di testi e promotrice di eventi ed esposizioni, Christiane Desroches-Noblecourt è stata la fautrice della missione di salvataggio dei templi della Nubia dalle acque del Lago Nasser. La "grande dame" dell'Egittologia si è spenta all'età di 97 anni.

da Archaeogate

Articolo su Le Monde.

mercoledì 1 giugno 2011

La mummificazione degli animali: cenni storici.


Gli egizi mummificavano cani, gatti, scimmie, uccelli, tori, coccodrilli e perfino insetti, che poi collocavano nei sarcofagi. La mummificazione di questi animali era dovuta principalmente a motivi religiosi, anche se la passione per gli amuleti spinse a imbalsamare gli animali e a seppellirli insieme ai loro proprietari. La grande quantità di animali mummificati attirò l'attenzione degli antichi viaggiatori greci e romani che visitarono l'Egitto. Si credette persino che tutti gli animali mummificati fossero sacri. Uno degli animali di cui sono state ritrovate più mummie è il gatto. Molte mummie di gatto erano considerate portafortuna che, alla morte del proprietario, venivano sepolti nella sua tomba, affinché nell'aldilà il defunto potesse godere della compagnia dell'animale. Altri animali mummificati avevano funzione di cibo, che faceva parte delle offerte del corredo funerario. Tuttavia, la maggior parte di queste mummie aveva un significato religioso. Le divinità erano associate a un animale sacro, con il quale potevano essere identificate. La morte dell'animale rappresentava una grande perdita. Secondo Erodoto ''tutti gli abitanti di una casa in cui è appena morto un gatto di morte naturale si rasano le sopracciglia; quando muore un cane si rasano tutto il corpo, compresa la testa''. Vi erano animali particolari, che erano divini di per sé, come il toro Api o il bue Bukhis. All'inizio venivano mummificati solo questi ultimi, ma a partire dalla XXVI dinastia, nel Periodo Saitico, il culto degli animali si accrebbe e aumentò il numero di mummie. Offrendo una mummia o una statua dell'animale sacro in cui il dio veniva rappresentato, si entrava in contatto diretto con la divinità. La mummificazione degli animali, molto più semplice ed elementare di quella degli uomini, terminava con la decorazione delle bende, sulle quali si riproducevano le fattezze dell'animale.

giovedì 26 maggio 2011

Taharqa, il faraone cuscita

Tra i faraoni dell'epoca etiope si distinse senza dubbio Taharqa. Per il coraggio nella battaglia contro gli Assiri, la linea politica, l'ansia di realizzare costruzioni in Egitto e in Nubia, egli merita di essere incluso tra i grandi sovrani d'Egitto. Taharqa (690-664 a.C.) fu il terzo della XXV dinastia. Egli arrivò da Napata (regno di Kush) per combattere al fianco del fratello Shabataka contro gli Assiri a Tebe. Taharqa succedette a Shabataka nel 690 e fu incoronato nella città di Menfi. Benché provenisse dalla Nubia, egli adottò usanze egizie, come la sepoltura nelle piramidi e la suddivisione della sua terra di origine in nomoi. Per contrastare il potere di Montuemhé, sindaco di Tebe, rafforzò la carica delle divine adoratrici di Amon, o spose divine; tale ufficio era riservato alle donne della famiglia del faraone. Taharqa fece quindi nominare la figlia Amenirdis II sposa divina di Amon, assicurandosi in tal modo l'appoggio di tale divinità e i benefici che ne derivavano. Taharqa fu un grande costruttore e fece innalzare numerosi templi sia in Egitto sia in Nubia. A Karnak spicca un chiosco situato nel primo cortile, di cui rimane una colonna. Per quanto riguarda la Nubia, Taharqa realizzò costruzioni a Gebel Barkal, Seddenga e Kawa. Ma il suo regno fu caratterizzato dalle lotte contro gli Assiri. Nel 674 a.C. il re assiro Asarhaddon tentò inutilmente di invadere l'Egitto. Subito dopo, Baal I di Tiro si alleò con Taharqa. Ben presto, nel 671, Asarhaddon conquistò Menfi grazie all'unione con i Libici del Delta. Questo è il suo racconto: ''Dalla città di Ishhupri fino a Menfi, una distanza di quindici giorni, combattei quotidianamente battaglie sanguinose contro Taharqa, re dell'Egitto e dell'Etiopia, colui che è maledetto da tutti i grandi dei. Lo ferii cinque volte con la punta delle mie frecce e misi sotto assedio Menfi, la sua residenza reale; la distrussi, abbattei le sue mura e la rasi al suolo con il fuoco''. Dopo la morte di Asarhaddon, nel 669 Taharqa riconquistò Menfi, ma il nuovo re assiro Assurbanipal distrusse le sue speranze, costringendolo a fuggire in Nubia. Dopo aver designato come erede Tanutamon, Taharqa morì nel 664 a.C.

martedì 10 maggio 2011

Introduzione agli scarabei

In Egitto si trovano numerosi scarabei, ma quello maggiormente rappresentato nell'arte egizia è lo scarabeo sacro (Scarabaeus sacer). Poiché gli scarabei depongono le uova in palline di sterco dalle quali emergono poi i piccoli, gli egizi adorarono l'animale come Kheper ''colui che viene al mondo'', equiparato al dio sole e creatore Atum. Il suo geroglifico venne utilizzato per esprimere il verbo kheper ''rinascere, venire all'esistenza, esistere''. L'abitudine dello scarabeo di rotolare con le zampe la pallina di sterco per nasconderla sottoterra simboleggiò poi il dio Khepri che spingeva il disco del sole attraverso il cielo. Nell'antico Egitto vennero creati milioni di scarabei in pietre o faïence come amuleti o sigilli. Nel primo caso essi spesso presentavano incisi, con scopi protettivi, l'immagine o il nome di una divinità o di un sovrano: soprattutto i nomi che includevano il segno dello scarabeo, come ad esempio Menkheperra, che è il prenome di Thutmosi III. Come sigilli, gli scarabei portavano invece incisi il nome e i titoli del proprietario. Alcuni scarabei più grandi recavano iscrizioni che ricordavano avvenimenti particolari della vita del faraone. Ad esempio, il re Amenhotep III creò scarabei che commemoravano una sua caccia al leone e altri ancora, come ad esempio quello del matrimonio, in onore della regina Ty. Dal Nuovo Regno in poi si hanno i cosiddetti ''scarabei del cuore'', in pietre dure o in terracotta smaltata. Questo genere di amuleto veniva posto sul cuore della mummia, incastonato in un pettorale, e recava incisa una formula magica, spesso il capitolo 30 del Libro dei Morti, che il defunto avrebbe recitato nella ''pesatura'' con la piuma della verità: ''O mio cuore..non sorgere contro di me come testimonio, non creare opposizione contro di me nel tribunale, non essere contro di me al cospetto degli dei..''.

giovedì 5 maggio 2011

La spedizione di Napoleone


Mai una guerra era stata tanto importante per la cultura e la storia, dopo le immagini di desolazione delle battaglie, veniva riscoperta una parte del ricco passato dell'umanità, che la sabbia del deserto aveva nascosto quasi completamente per secoli; nasceva l'egittologia. La riscoperta dell'antico Egitto e la nascita dell'egittologia moderna alla fine del XVIII secolo furono il risultato della rivalità tra due grandi potenze europee: Francia e Inghilterra. Il principale protagonista di questo episodio fu il generale Napoleone Bonaparte che, impressionato dalle descrizioni di antichi viaggiatori e desiderando per sé la gloria che, al loro passaggio in Egitto, avevano ottenuto anticamente condottieri come Alessandro Magno e Giulio Cesare, accettò la missione offertagli dal governo francese del Direttorio; andare in quel paese per liberarlo dai turchi e aiutarlo nel suo sviluppo, come poco prima aveva fatto la Rivoluzione nella Francia dell'Ancient Régime. Ma questo nobile proposito ne nascondeva altri più specificamente politici, ostacolare e superare gli inglesi nella loro espansione verso l'India e, in Francia, disfarsi di un pericolo generale acclamato dal popolo. Napoleone seppe trasmettere il proprio entusiasmo a un vasto gruppo di studiosi e artisti, che decisero di far parte della spedizione militare francese contro l'esercito turco. Bonaparte sbarcò in Egitto nel luglio del 1798 e lo conquistò con la battaglia delle piramidi (21 luglio). Dieci giorni dopo, però, la flotta francese fu distrutta dagli Inglesi (alleati dei Turchi) ad Abukir. Dopo tre anni di battaglie, i francesi abbandonarono l'Egitto. Agli studiosi venne fatta un'unica concessione: Fu permesso loro di portare i disegni e le informazioni che avevano raccolto, tranne la famosa stele trovata a Rosetta (richiesta dagli inglesi come bottino di guerra e oggi conservata al British Museum). Tuttavia, le copie della stele che Napoleone aveva ordinato di fare, avrebbero permesso a Jean-François Champollion di decifrare la scrittura geroglifica. Il compito affidato agli studiosi (tra cui Vivant Denon) che accompagnavano i soldati era duro e rischioso. I recuperi delle grandi costruzioni faraoniche venivano portati a termine, con gli strumenti a disposizione, durante le tregue tra i combattimenti. A volte erano costretti a finire il lavoro in modo precipitoso, a causa dell'inizio di qualche sparatoria. Per studiare tutti i resti che venivano alla luce, furono creati una Commissione delle scienze e delle arti e l'Istituto Egizio del Cairo, incaricati di annotare e riprodurre tutto in modo sistematico. Gli specialisti di occuparono degli aspetti più vari dell'Egitto antico e moderno. Tra i temi tratti vi fu, ad esempio, l'effetto del Nilo sulla fertilità del paese. Dallo sforzo e dallo spirito d'avventura di queste persone scaturì l'opera intitolata Description de l'Égypte (9 volumi di testo e 10 tavole in folio a litografia), che fu il primo studio serio dei resti dell'epoca dei faraoni.

lunedì 2 maggio 2011

Principi e Principesse

Durante l'Antico Regno i principi riuscirono a ricoprire i più alti incarichi dell'Amministrazione. Il termine ''figlio del re'', corrispettivo per gli egizi del nostro ''principe'', non sempre indicava una relazione di discendenza filiale con il faraone. Durante la IV dinastia alcuni alti funzionari si fregiarono di tale titolo pur non essendo figli del re. Nel corso della V dinastia fecero la stessa cosa anche i funzionari comuni. Le tombe della V e della VI dinastia non indicano uno status superiore dei principi rispetto agli altri cortigiani; essi inoltre non appaiono quasi per nulla in ruoli governativi. Tale situazione si acuì durante il Medio Regno, periodo in cui solo qualche gran sacerdote del dio Ptah di Menfi fu ''figlio del re'', a parte gli eredi al trono. Nel Secondo Periodo Intermedio, invece, alcuni capi militari locali o dell'alto clero furono denominati ''principi''. Infine, nel Nuovo Regno i principi furono esclusi dal governo, tranne l'erede al trono, al quale fu conferito il titolo di ''Generale Capo''. Le figlie del re avevano una posizione differente rispetto ai principi, esse infatti, non erano ammesse nell'Amministrazione, eccetto in casi particolari. Nell'Antico Regno oltre alle figlie del re potevano fregiarsi del titolo di principessa anche delle semplici dame di alto rango o le mogli di alti funzionari (tuttavia, non è noto se ciò avvenisse per diritto proprio o se fosse dovuto alla carica del coniuge). Successivamente ricevettero il titolo di principesse solo le figlie del re, che rivestivano un ruolo importante nella successione al trono. Si verificarono, poi, anche dei casi in cui le principesse sposarono i propri padri o fratelli faraoni e sembra che questo tipo di matrimonio avesse a che fare più con la teologia (imitare gli dei distingueva la coppia reale dagli altri mortali) che con una questione di purezza di sangue. Inoltre, sia i principi sia le principesse erano allevati da ''nutrici reali'', che, in quanto spose di alti dignitari, appartenevano alle principali famiglie della nobiltà. Esistevano anche i tutori o educatori; alcuni di questi furono molto famosi come il visir di Thutmosi I, Imutes, o come Senmut, il ''padre-tutore'' della figlia di Hatshepsut, Neferura. L'educazione dei principi veniva perfezionata, poi, nella ''Casa dei discendenti della famiglia reale'', una scuola ubicata a corte alla quale avevano accesso anche i figli degli alti funzionari.

sabato 30 aprile 2011

Cavigliera di Psusenne I

La cavigliera, di forma tronco-conica, è decorata nel pannello centrale da una placca in oro lavorata con la tecnica dello champlevé. NEl messo del pannello, uno scarabeo alato sospinge dinnanzi a sé il disco solare; ai lati dell'insetto sono raffigurati due urei che incorniciano il segno geroglifico aa, insieme che costituisce il gruppo di geroglifici esprimente il nome regale di Psusenne I, Aakheperra. Sulla superficie interna del bracciale è iscritta una dedica fatta dal Gran Sacerdote di Amon, Smendes, figlio di Menkheperra. Sui bordi, inferiore e superiore della cavigliera corre un fregio di piccole perle in lapislazzuli e oro. Oltre alla placca centrale, il bracciale si compone di tre pannelli decorati con lune crescenti, alternativamente in oro e lapislazzuli, collegati da cerniere alla sezione principale.

Dati
Materiali: Oro, lapislazzuli e cornalina.
Diametro interno massimo: 6,6 cm.
Luogo: Tomba di Psusenne I a Tanis.
Scavi: Di P.Montet (1940)
Dinastia: XXI dinastia.
Sala: N°2.

lunedì 25 aprile 2011

L'Egitto nel Rinascimento

Il Rinascimento, che ebbe il suo massimo sviluppo in Italia durante il XV e il XVI secolo, portò al recupero degli ideali estetici e culturali dell'antichità greco-romana. Tuttavia, importanti mecenati e grandi artisti di quest' epoca non trascurarono di prestare particolare attenzione al mondo egizio. Nel 1589 un veneziano fu il primo europeo a risalire il Nilo, giunse a Tebe e in Nubia, ''non per utilità, ma per il gusto di ammirare tante magnifiche opere come statue, colossi e obelischi''. Il papa spagnolo Alessandro VI (1492-1503), una figura centrale del Rinascimento, appoggiò l'idea di unificare gli elementi pagani con quelli cristiani per dimostrare che la storia del Cristianesimo era cominciata prima di Cristo. Fu lui a commissionare a Bernardino di Betto (1454-1513), detto il ''Pinturicchio'', la decorazione della sua residenza romana, con scene tratte dal mito di Iside e Osiride; dove il papa si identifica con il dio dell'oltretomba. La giustificazione per questo ciclo egizio (di fatto pagano) stava nella convinzione di Alessandro VI che il suo lignaggio, quello dei Borgia, o Borja, che ostentava un toro nello stemma, risalisse addirittura allo stesso toro Hapi. Nel XV secolo, gli umanisti italiani prestarono particolare attenzione ai geroglifici, anche se non sempre con rigore scientifico. Uno degli esempi più celebri è costituito dalla favola di Francesco Colonna Hypnerotomachia Poliphili (1499), una storia riccamente illustrata in cui fu inserita una notevole quantità di geroglifici inventati però dall'autore. Anche se in modo fantasioso, l'Egitto fornì dunque al Rinascimento un nuovo strumento per trasformare concetti e parole in immagini, una pratica che avrebbe dato luogo nel XV secolo ad una nuova disciplina: l'emblematica. Benché la sua origine fosse influenzata dall'araldica, fu grazie al richiamo e all'influenza dei geroglifici che il gusto per gli emblemi si consolidò nel corso del XVI secolo. La loro interpretazione e il loro uso costituivano un autentico segno di distinzione nell'ambito di una élite sociale che badava alcuni suoi tratti distintivi proprio su un'accentuata raffinatezza intellettuale.

mercoledì 20 aprile 2011

Le droghe nell'Antico Egitto

In Egitto, la maggior parte delle droghe veniva estratta dalle piante, alberi compresi. Testi su papiro parlano delle droghe ricavate dal papavero, dalla mandragola o dalla cannabis; non tutte le piante però erano locali, come il papavero (Papaver somniferum) coltivato a Cipro e Micene. L'oppio estratto da questa pianta era un rimedio abituale per calmare il pianto dei bambini. La parola shepen (oppio) la troviamo scritta nel Papiro Ebers e poi (mai più citata fino al II secolo della nostra era) in una lista di 200 droghe del Pepiro Vindob. La cannabis, shenshenet in egizio, rimase in uso anche dopo i tempi faraonici. Benché nei papiri non sia molto chiaro a che servisse, si sa che veniva usata come medicamento e somministrata per via orale, rettale, vaginale e anche applicata sugli occhi e talvolta usata per i suffumigi. La mandragola era chiamata rermet dagli egizi, per quanto nei papiri di Londra e Leida, del III secolo, si legga la parola mantraguru in demotico. Essa veniva raffigurata piuttosto spesso nel corso dell'epoca amerniana. La radice della mandragola, ricca come è di alcaloidi, veniva utilizzata comunemente come sonnifero. Quanto al loto, e precisamente le Nymphaea, di cui si faceva uso, si sa che esso contiene quattro narcotici alcaloidi, concentrati nel fiore e nel rizoma. A volte, si mettevano a macerare i fiori del loto nel vino, oppure si aggiungeva un estratto di succo di fiori del vino. Tuttavia, annusare i fiori non provocava nessuno effetto (sopra). Secondo il Papiro Ebers, i fiori di loto costituivano un ottimo rimedio per ''trattare il fegato'', ''per un'ostruzione nel lato destro della pancia'', e insieme ad altri 15 ingredienti, tra i quali la birra, servivano anche ''per trascorrere la notte'' prima di ubriacarsi. Infine alcuni alberi hanno sostanze che possono essere impiegate come droghe, non sono comunque del tutto noti i componenti delle salicee che si usavano in Egitto. Secondo il Papiro Ebers, talune parti, peraltro non identificate, del salice piangente, tkheret in egizio, erano raccomandate a quel tempo per uso interno come analgesico.

Il mio nuovo libro: Immortali - Le mummie di uomini e donne dell'antico Egitto.

 Con questo post voglio inaugurare il nuovo blog. Ormai è passato circa un anno dal mio ultimo post ed è arrivato il momento per me di torna...